Esattamente 110 anni fa, il 17 luglio del 1902, il primo condizionatore entrava in funzione, grazie a Willis Haviland Carrier che lo inventò per controllare umidità e temperatura di una tipografia di Brooklyn, e migliorarne la qualità della stampa. Da quel giorno di strada ne ha fatto parecchia, fino a diventare uno strumento praticamente indispensabile nelle nostre case, negli ospedali o nei luoghi di lavoro, ma anche motivo di accese contestazioni. Almeno per chi lavora in ufficio.
Chi non ha mai avuto almeno un collega (maschio) che ha insistito per tenere acceso il climatizzatore fino a temperature polari, o una collega (femmina) che si sia lamentata di avere più di un malessere dovuto all’aria condizionata eccessiva, che automaticamente diventano dei buoni motivi per spegnerla? La distinzione fra sessi non è un caso, né un luogo comune, è, infatti, scientificamente provato che le donne sentono il freddo più degli uomini, come spiega Alan Hedge professore di ergonomia alla Cornell University. Vuoi perché le donne rispetto ai colleghi maschi, hanno meno muscoli, che da soli forniscono un terzo del calore corporeo, vuoi perché le donne tendono generalmente ad avere un abbigliamento differente, con braccia, gambe e collo scoperto, ma soprattutto caviglie, che sono il loro punto debole. Sentire freddo può essere un grosso problema, perché la produttività diminuisce con le basse temperature e si compiono anche molti più errori. Il professor Hedge ha misurato le prestazioni lavorative degli impiegati in ufficio in un range di temperature tra i 20 e i 29 gradi centigradi, scoprendo che a 29 gradi le persone sono in grado di digitare le parole sulla tastiera due volte più velocemente che a 20. La temperatura degli edifici inoltre è settata intorno ai 21-23 gradi a seconda della stagione dell’anno, ma questi studi hanno mostrato che intorno ai 22-26 gradi il rendimento è ottimale (anche se 26 gradi per alcune persone possono essere davvero eccessivi).
Normale chiedersi allora che senso abbia lavorare a temperature polari, consumare energia, e inquinare, se non si ha alcune beneficio. La risposta più ovvia è che molti lavoratori sono costretti ad abbigliamenti formali, con camicia, calze e scarpe chiuse, poco consoni al caldo estivo, che richiedono necessariamente un clima più mite o una soluzione tipo quella adottata in Giappone e ora anche a Torino. Dal 2005, infatti, a Tokyo è partita la campagna “Cool Biz”, ripetuta con successo anche negli anni successivi, che invita i lavoratori ad andare a lavoro con abiti più casual, e tenere la temperatura non al di sotto dei 28 gradi centigradi, in modo da tollerare meglio le temperature estive e risparmiare sull’aria condizionata. Imitata anche in Cina e Seul questa iniziativa sbarca ora anche a Torino, dove il comune ha deciso di ridurre l’uso dell’aria condizionata negli uffici pubblici, visto il periodo di crisi. Anche qui, vietato accendere i climatizzatori fino a quando la temperatura non superi i 28 gradi centigradi.
Ma quali sono i pro e i contro del condizionatore? Da una parte il caldo eccessivo può essere controproducente. Secondo Raffaele Felaco, presidente dell’Ordine degli psicologi della Campania, infatti, «il caldo crea uno stato di disagio psicofisico capace di influire negativamente sulle performance professionali dell’individuo», causando stress, irritabilità e scarso rendimento sul lavoro. Il rimedio è senz’altro mantenere una temperatura più fresca con l’aiuto del condizionatore, ma con moderazione. L’uso errato può infatti causare gravi danni alla salute. «Una temperatura troppo bassa dei termostati può provocare torcicollo, lombalgie, tosse e dolori addominali. Mentre i filtri sporchi possono contenere batteri, come quello della legionella, ma anche miceti e parassiti. Arrivando a causare bronchiti e polmoniti» secondo quanto rivelato dal dottor Ivo Iavicoli, medico del lavoro dell’università Cattolica di Roma. Per non ammalarsi (e magari rovinarsi le ferie) bisogna evitare che tra interno ed esterno vi sia una differenza di temperatura maggiore di sette gradi, che l’uscita dell’aria non sia mai diretta su una persona e con una distanza inferiore ai due metri, e nel caso si utilizzino come deumidificatori, la percentuale di umidità deve essere impostata tra il 40 e il 60%. È obbligatoria la pulizia dei filtri, o la sostituzione se necessario, che deve essere eseguita ogni tre mesi, così come i porta filtri, che vanno disinfettati ogni sei mesi e le vasche di raccolta dell’acqua di condensamento degli impianti, che possono favorire l’insediamento dei microrganismi. Le nostre vie aeree, a partire dal naso, sono ricoperte da mucose, che ci proteggono dalle infezioni di virus e batteri. L’uso eccessivo del condizionatore, che elimina l’acqua presente nell’ambiente come umidità, causa una disidratazione di questi strati protettivi che ci predispongono alle infezioni. Inoltre secondo una ricerca condotta in Canada, l’aria condizionata a lungo andare può causare: pelle secca, senso di stanchezza e malessere continuo, problemi di respirazione, incapacità di adattarsi a temperature elevate e può peggiorare le malattie croniche di ognuno, come per esempio asma e allergie.