(Articolo originariamente apparso sul quotidiano cinese «Xin Wen Wan Bao» del 22 luglio intitolato: «La cultura Italiana influisce sul suo declino economico? – I business a conduzione familiare guidano l’economia; il nepotismo pervade le imprese». Il giornale è basato a Shanghai, ha circa 3 milioni di lettori su carta e alcune decine di milioni di lettori online a livello nazionale)
Da un certo punto di vista, la crisi del debito Europeo è unica, e riflette l’instabilità dei membri di un’unione economica che si rifiuta di agire in modo unitario. Tuttavia il Washington Post suggerisce che in realtà la crisi del debito in Europa potrebbe anche essere frutto della manifestazione di molteplici crisi verificatesi simultaneamente in diversi Paesi, in seguito a fenomeni quali la bancarotta delle banche, lo scoppio della bolla immobiliare, l’assenza di controllo sui mercati finanziari e disavanzi di bilancio.
Nel caso Italiano, si tratta di una crisi della produttività. Questa situazione si protrae da molto tempo, è radicata nel tessuto economico dell’Italia e minaccia la vita economica delle imprese.
L’Italia ha due tipi di economia
L’economista Francesco Giavazzi dell’Università Commerciale Luigi Bocconi ha affermato che in Italia esistono due diversi tipi di economia. Una è composta da decine di migliaia di imprese medio grandi, per la maggior parte localizzate nel Nord Italia, innovative, efficienti e competitive a livello internazionale. Esse sono in grado di generare ricchezza nel Paese e supportano ingenti volumi di esportazione; il livello del salario corrisposto ai loro dipendenti è abbastanza elevato e il numero di questi ultimi, parallelamente al volume di caratterizzata produzione, è in costante crescita.
L’altra economia, da imprese a conduzione familiare, imprese statali, istituzioni pubbliche, banche e grandi imprese, è radicata prevalentemente nel sud Italia. Tali entità operano per la maggior parte in contesti economici protetti o nel mercato domestico, dove la competizione non è particolarmente forte; inoltre la loro produttività è costantemente diminuita negli ultimi anni. Questi due tipi di economia, se osservati nel loro complesso, restituiscono un’immagine stagnante dell’economia Italiana, che in questo modo è incapace di rispondere ai bisogni sociali di una popolazione sempre più vecchia e di creare sufficienti opportunità d’impiego. Non è neppure in grado di fornire valide opportunità formative ai giovani né di mantenere l’attuale tenore di vita della classe sociale media.
A peggiorare ulteriormente le cose, sembra che la situazione si stia evolvendo nella direzione sbagliata: le imprese che mancano di produttività pressano costantemente quelle di successo, forzandole ad abbandonare il paese. Da quando l’Italia è entrata a far parte dell’Eurozona, la sua produttività è rimasta indietro del 30% rispetto a quella tedesca. Dalla recessione economica del 2008, il volume di produzione industriale italiano è sceso quasi del 25 per cento.
Monti, senza background politico, è stato messo al potere
Verso la fine dello scorso anno, a causa della crisi del sistema produttivo, e non di quella del debito Europeo, nel contesto politico italiano si sono verificati una serie di episodi straordinari. Il primo ministro Silvio Berlusconi è stato estromesso dalla propria carica e rimpiazzato da “Super Mario” Monti, il quale non ha alcun background politico. Quando Berlusconi venne eletto, promise che avrebbe riformato il sistema economico italiano. Con l’aiuto del ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti, provò quindi a riformare il sistema tributario e quello pensionistico e anche a tenere sotto controllo il deficit del paese. Tuttavia, Berlusconi fu in grado di mantenere la sua carica solo attraverso la corruzione dei gruppi di interesse, il cui unico obiettivo era quello di mantenere lo status quo.
Alla fine, l’Italia ha lasciato da parte tutti i partiti e i politici e ha scelto Monti, un economista di prestigio famoso per la sua integrità che viene considerato il miglior regolatore anti trust in Europa.
Nel corso dei primi due mesi da primo ministro, Monti è riuscito a colmare i buchi in continua espansione del bilancio, incrementando l’imposta sul valore aggiunto, la tassa patrimoniale e la tassa sugli immobili. Ha cercato di porre fine alla dualità del mercato del lavoro esistente in Italia per cui i dipendenti più anziani possono beneficiare di un impiego a tempo indeterminato indipendentemente dalla propria performance, mentre i giovani hanno la possibilità di accedere solo a contratti d’impiego a breve termine. Monti ha inoltre dato una spinta alla riforma del sistema pensionistico innalzando l’età minima per il pensionamento. Ha inoltre emanato un decreto di riforma del lavoro al fine di aumentare l’occupazione, salvaguardare la giustizia e migliorare la competitività del mercato del lavoro Italiano. Ha inoltre preso misure per contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale.
Allora, l’indice di gradimento del primo ministro superava il 70%; attualmente, invece, si trova al di sotto del 30 per cento. Non è chiaro se il declino dei consensi verso l’operato di Monti sia connesso ai compromessi rispetto ai suoi intenti originari o sia dato dal fatto che è mancato il supporto delle parti politiche e i gruppi di interesse. Alcuni si chiedono se Monti abbia commesso un errore a non minacciare i partiti politici che lo hanno portato al potere di dare le dimissioni nel caso in cui essi avessero smesso di sostenere le sue politiche.
Attualmente Monti si trova in una situazione contraddittoria. Le elezioni in Italia si terranno tra un anno. Tutti i politici ed i relativi partiti sanno di poter prendere tempo per evitare ulteriori riforme da parte di Monti. Se Monti organizzasse un nuovo partito politico per partecipare alle elezioni in maniera tale da prolungare il proprio mandato, si allontanerebbe dalla propria posizione originaria mostrando che non è altro che un politico astuto e ciò eroderebbe ulteriormente il suo indice di gradimento.
Uno dei più grandi sostenitori di Monti è Giuliano Amato, due volte Primo Ministro Italiano. Amato ha affermato che ciò che è necessario al fine di promuovere un’economia italiana maggiormente produttiva non è solo una riforma delle leggi, ma un cambiamento della cultura imprenditoriale.
L’impresa a conduzione familiare guida l’economia
Il cambiamento della cultura italiana dovrebbe partire dalle famiglie, poiché sono queste che dominano l’economia Italiana e molti aspetti della vita degli Italiani.
Rispetto ad altre realtà economiche, quella italiana è ancora dominata da imprese a conduzione familiare nei settori dell’agricoltura, della ristorazione, nelle catene di supermercati, nei gruppi industriali e nella moda. Avviare un’impresa in Italia è un fenomeno estremamente comune. L’Italia è uno dei Paesi con maggior spirito imprenditoriale nel mondo. Tuttavia queste imprese raramente si sviluppano e crescono. E quelle in grado di portare avanti un business di successo, protendono ancora per la conduzione familiare, permettono a membri della famiglia stessa di ricoprire le cariche più importanti e hanno l’abitudine di non reinvestire gli utili facendo quasi esclusivamente affidamento sui prestiti bancari per alimentare le proprie operazioni .
Un operatore finanziario italiano ha affermato: «C’è una battuta in Italia: il numero ideale di investitori è un numero dispari e minore di 3».
Il beneficio derivante dal rafforzamento della proprietà e della gestione familiare è quello di mantenere la stabilità e la continuità del business in Italia. Alcuni credono che la lealtà dell’impresa a conduzione familiare nei confronti dei propri dipendenti e delle comunità in cui si collocano sia maggiore. Tuttavia, questo tipo di concezione del business ha in sé dei limiti. Fare affidamento sul nepotismo spesso porta alla mediocrità del livello di management dell’impresa e ostacola opportunità di sviluppo e crescita dei talenti. Inoltre, tali imprese tendono a rifiutare l’immissione di capitale di rischio esterno, perdendo in tal modo occasioni di rapida espansione. Pertanto è difficile che esse raggiungano un ruolo competitivo a livello internazionale.
Nelle imprese familiari è difficile separare la vita privata da quella dell’azienda, e anche questo ne limita lo sviluppo. Molti imprenditori credono che dopo avere trovato lavoro e dato una casa ai loro figli, essere diventati proprietari di ville a Capri o sulle Dolomiti , e avere milioni di euro depositati su un conto in una banca svizzera, non ci sia ulteriore necessità di assumere nuovi rischi per una maggiore espansione. Nel momento in cui, invece, l’impresa verrà quotata o accetterà capitale di rischio esterno, essa perderà la propria privacy ed il controllo assoluto, che è inaccettabile per la maggior parte degli imprenditori Italiani.
Il mercato dei titoli in Italia è uno dei più piccoli tra i Paesi sviluppati e sia i fondi di private equity che di capitale di rischio sono di difficile accesso. La maggior parte dei depositi degli Italiani circolano esclusivamente all’interno del sistema bancario domestico e le banche stesse sono avverse al rischio, concedendo prestiti solo al governo o alle imprese più conosciute, che comunque possono ottenerli solo presentando adeguate garanzie o attraverso la costruzione di relazioni col management della banca.
Anche i dipendenti fanno affidamento sul nepotismo
In Italia il nepotismo non esiste solo nelle imprese a conduzione familiare. Prendere il posto del padre nella società è una legge naturale ed è dato per scontato che i genitori trovino un buon lavoro ai loro figli. Il padre dell’economista Marco Pagano è avvocato, ma egli non ne ha seguito le orme. Anche se ora ha 60 anni, quando gli amici dei suoi genitori lo incontrano, gli chiedono ancora come va il suo studio legale.
L’economista della Bocconi Tito Boeri ha raccontato che una grande banca voleva ridurre il personale e alla fine ha trovato un compromesso coi i propri dipendenti per cui sarebbero stati assunti i loro figli se il business si fosse espanso in futuro. Questi legami familiari hanno ostacolato la flessibilità del mercato del lavoro italiano.
L’80% degli Italiani possiede una casa di proprietà, ma ciò è dovuto al fatto che i genitori hanno comprato la casa ai propri figli per fare in modo che essi e i nipoti potessero vivere nelle vicinanze. Ma ciò ha significato anche il mancato spostamento verso luoghi con maggiori opportunità d’impiego. Il mercato del lavoro italiano pecca inoltre di un sistema di gestione dei talenti.
Le raccomandazioni e le conoscenze sono ancora il modo più sicuro per trovare lavoro. Anche in settori al di fuori dal business a conduzione familiare, il nepotismo è estremamente comune e non viola la legge. Ciò è particolarmente evidente nel sistema dell’educazione. Secondo quanto divulgato da un report condotto da un media Italiano, il direttore di una storica università romana prima di lasciare la propria carica avrebbe trovato un occupazione per moglie e figlio all’interno del personale medico operante nell’istituzione, anche se questi ultimi non possedevano alcuna specializzazione né precedenti esperienze lavorative in quel campo.
Dal punto di vista finanziario, gli italiani sono molto diffidenti verso la meritocrazia. Al fine di migliorare la qualità dell’educazione nella scuola media, il governo Berlusconi aveva stanziato fondi addizionali ai poli scolastici in grado di offrire bonus agli insegnanti meritevoli. Ma pochi distretti accettarono queste risorse e la maggior parte di quanto stanziato rimase inutilizzata. Alcuni critici sostengono ora che quei fondi avrebbero dovuto essere indirizzati al miglioramento della qualità dell’insegnamento dei docenti meno preparati.
Mancanza di cultura civica
La società italiana è inoltre carente di cultura civica e virtù civica e ciò viene dimostrato in numerosi ambiti. Per esempio gli italiani non fanno mai la fila, vi sono graffiti dappertutto, molte città del Sud sono piene di spazzatura, l’evasione fiscale è un fenomeno comune, la mafia continua a prosperare e via dicendo. Gli italiani considerano solo le proprie responsabilità nei confronti della famiglia come principi di base. Non importa null’altro.
L’ostilità nei confronti del governo è normale per gli italiani, forse perché dalla caduta dell’impero romano l’Italia è stata governata da invasori stranieri e dal sistema feudale. Le tasse vengono considerate “tributi” e il sistema giudiziario come uno strumento del governo per tenere sotto controllo la società, piuttosto che garantire equità e giustizia.
Il problema è che se le persone non si aspettano correttezza e onestà gli uni dagli altri, non credono nel governo e nei tribunali, non considerano fare la fila e smaltire adeguatamente la spazzatura come una cosa reciprocamente positiva, è molto difficile che si possa creare un ambiente economico atto allo sviluppo e alla prosperità delle imprese.
Il presidente della facoltà di legge dell’Università Luiss di Roma Sergio Fabbrini ha affermato: «Come può esistere il sistema delle economie moderne senza iniezioni di capitale sociale?».
Ciò è ancor più evidente nel sistema giuridico. Secondo le statistiche, in Italia, servono in media 20 anni per un’udienza di un caso criminale e 10 per risolvere una disputa civile. Ma nonostante il lavoro arretrato, i giudici prendono vacanze di tre mesi ogni estate. La lunghezza delle vacanze è solo un piccolo problema. Il problema più grande è che per ogni caso ci sono infiniti appelli e la legge italiana è complessa e ricca di contraddizioni. Un uomo d’affari disse: «Il nostro sistema giudiziario ha solo avvocati, non leggi».
La mancanza di cultura civica è presente anche nelle file dell’elite economica Italiana. Molti imprenditori si tengono in disparte dalla politica con un senso generale di apatia. È difficile stabilire se ciò sia dato da una sorta di arroganza aristocratica, dal desiderio di proteggere la propria privacy o dalla paura di attacchi e controlli fiscali da parte delle autorità finanziarie. Ma quello che è certo è che il loro tacito consenso ha consentito al “comico” Berlusconi di rimanere a capo del governo italiano anche dopo gli scandali per corruzione. Ora Monti sta cercando di contrastare la resistenza degli opponenti politici che invocano il liberalismo. Ha bisogno di supporto, ma il silenzio dell’elite imprenditoriale gli sta dando il colpo di grazia.
Destinati a un declino senza sosta?
Nonostante i numerosi ostacoli di natura legale e culturale, esistono migliaia di imprese Italiane di successo. Il problema è che queste imprese sono rare e che il loro sviluppo si scontra spesso con gli ostacoli posti dalla cultura imprenditoriale italiana. Troppi talenti vengono persi, troppe eccellenze tecnologiche vengono cedute a poco prezzo e troppe risorse sono investite altrove. Se Monti vuole davvero realizzare le riforme in programma avrà bisogno di compiere le seguenti azioni: attirare l’attenzione pubblica e quella dei politici sulle aziende competitive a livello internazionale pubblicizzandone il successo; introdurre capitali e talenti in queste imprese e costruire una rete di politiche economiche che possano favorirne l’ulteriore sviluppo. Ma la cosa più importante è ottenere il consenso degli imprenditori, facendoli divenire i fondatori di un nuovo sistema economico e politico.
Senza questo cambiamento, senza riforme culturali e politiche, sarà difficile per l’Italia riuscire a riprendersi dalla crisi del debito europeo, e sarà difficile per la sua economia avere un futuro brillante. Roberto Perotti, un economista dell’Università Bocconi ha affermato: «Odio ammetterlo, ma temo che l’Italia sia destinata al declino. Il problema sta nell’atteggiamento degli italiani e dell’intera società».
(Traduzione curata da Jesa Investment)