Scrivere questo capitolo è una sorta di autoanalisi di un processo in cui siamo passati, non sviluppato in modo teorico ma vissuto di persona, sulla nostra pelle. Molti scrivono articoli, saggi e libri per consigliare come comportarsi in determinate circostanze, senza esserci mai passati loro stessi. Ebbene, questo non è il nostro caso.
Lasciare l’azienda in cui spesso si è lavorato per lungo tempo significa in molti casi lasciare un incarico in cui si credeva, un’attività che ci dava soddisfazione e che si riteneva fosse utile o indispensabile all’azienda, oltre ovviamente ad essere costretti ad abbandonare uno status che, anche se ultimamente un po’ ridimensionato, offre comunque uno livello superiore in termini di posizione retributiva, status sociale, benefit, ecc.
Il modo con cui si riceve la notizia può essere ovviamente diverso. Talvolta si può avere avuto sentore che qualcosa era nell’aria, ad esempio nel caso di mancanza di risultati, ristrutturazioni pesanti, riorganizzazioni presso le altre consociate. Purtroppo, in moltissimi casi, direi quasi nella maggioranza, non è così. La logica di alcune aziende, in particolare le multinazionali, viaggia spesso su un binario diverso dalla nostra e quindi non è facilmente comprensibile e giustificabile. Nonostante buoni risultati, a volte si entra comunque in un ciclo di ristrutturazione aziendale che comporta spesso il taglio di alcune posizioni, l’accorpamento di incarichi dovuti a cambi di management, crisi aziendali, crisi di mercato e quindi si subisce la situazione.
Conosciamo casi di filiali di multinazionali che portavano Ebit a 2 cifre percentuali e sono state chiuse perché qualcuno presso la casa madre ha deciso che l’Italia non era più un mercato strategico. Altri manager sono stati lasciati a casa perché la loro funzione è stata “globalizzata”, trasferita in paesi dell’Europa dell’Est o in Asia.
Fino a qualche anno fa, se un manager commerciale raggiungeva il budget di vendita e di marginalità, era ultrasereno, tranquillo e sicuro che la sua posizione in azienda non era minimamente in dubbio, anzi, il “rischio” era semmai che gli assegnassero altri paesi o prodotti. Non è più così. Oggi sei visto innanzitutto come un costo. Dopo anni di promozioni e aumenti di stipendio perché ogni anno raggiungevi o superavi il budget, qualcuno si chiede «ma abbiamo bisogno di uno così costoso?», «sono 2 anni che non cresciamo più, non è più la persona giusta, non possiamo permetterci uno con un costo così elevato, non ha portato novità…» e altre situazioni simili.
Riconoscenza? Scordatela, anche chi ha deciso di metterti alla porta deve pensare a se stesso prima che a te. D’altra parte, anche a te, come manager, ti sarà capitato di dover licenziare un tuo collaboratore. Lo hai fatto con professionalità e senza avere nulla di particolare verso la persona. «Business is business», ma un po’ di etica non guasta mai..Insomma, non è quasi mai colpa tua e nessuno ce l’ha con te, se adesso sei fuori dall’azienda. Inutile chiederti «dove ho sbagliato». È toccato a te e a tanti altri. E ad altrettanti toccherà, anche se ancora non lo sanno. Siamo “dipendenti” anche in questo, la nostra serenità professionale “dipende” dal “datore di lavoro”.
Qualunque sia il metodo utilizzato per la comunicazione, qualunque sia la condizione aziendale, quando la cosa avviene, è una situazione tremenda. Non c’è paura né vergogna ad ammetterlo: in questi casi ci si sente il mondo intorno crollare addosso. Qualunque sia la situazione personale, si ha immediatamente la certezza che qualcosa si è irrimediabilmente perso e che da ora in avanti tutto sarà più difficile. È vero, difficile ma non impossibile.
A questo punto comincia ad affiorare alla mente un’infinità di pensieri, si sovrappongono sentimenti di rabbia, di disperazione, di volontà di vendetta nei confronti di chi riteniamo, a torto o a ragione, responsabile del nostro dramma, di volontà di riscatto, di voglia di dimostrare al mondo intero che la decisione che qualcuno ha preso è completamente sbagliata.
È sicuramente questo il momento più difficile da affrontare, ovvero rendersi conto che quello che fino a ieri davamo per scontato non esiste più, ma contemporaneamente gettare le basi per quello che deve permetterci di andare avanti.
Abbiamo voluto intitolare questo paragrafo “elaborare il lutto” e non abbiamo esagerato. Essere informati del fatto di essere non più utili all’azienda e ritrovarsi quindi fuori è realmente un grave lutto da superare. È percepito come un attacco “personale” al nostro ego.
E qui inizia un percorso in cui ciascuno di noi è passato. Ovviamente non tutti siamo uguali e quindi, indipendentemente dalla situazione esterna in cui si viene catapultati, ciascuno può reagire in modo diverso a seconda del proprio carattere; in questa fase i vari sentimenti elencati prima si accavallano e creano una situazione di instabilità emotiva.
È normale domandarsi la ragione per cui è successo proprio a noi e sentirsi, a torto o a ragione, colpiti ingiustamente dopo tutto quello che si è fatto per l’azienda. È normale avere sentimenti di rancore verso chi ha preso o dovuto prendere, per ordini superiori, la decisione di privarsi del nostro contributo. Questo però deve essere qualcosa di emotivo e passeggero, lasciamo decantare la rabbia per qualche giorno o anche qualche settimana ma poi si ricomincia, si deve ricominciare.
Come affrontare allora questa prima fase, forse la più difficile?
Intanto, evita di tenere la cosa nascosta. «Le bugie hanno le gambe corte», dicevano i nostri nonni ed è vero, soprattutto oggi, nell’era di Internet. Non devi sbandierare ai “quattro venti” che sei rimasto senza lavoro, non subito. Ma nemmeno nasconderlo ai tuoi cari, agli amici, ai vicini di casa. Anzi, noi insistiamo a dire che il networking, il passa-parola è uno dei metodi più efficaci per rientrare nel mondo del lavoro, e tu tieni segreta la tua situazione non-lavorativa? Conosciamo un manager che si è ricollocato grazie alla moglie che l’ha detto alla parrucchiera, la quale qualche giorno prima aveva sentito una cliente dire che nell’azienda del marito cercavano un ingegnere per dirigere la produzione! Altro che head-hunter, qui si tratta di essere un “success candidate” grazie a una parrucchiera!
Sappiamo anche di manager licenziati che a distanza di mesi (uno anche 2 anni!) hanno tenuto nascosta la situazione alla moglie, ai genitori, agli amici: ogni mattina uscivano di casa per andare chissà dove, a perpetuare un inganno ai loro cari, ma soprattutto a se stessi. Pensaci, non puoi, non devi mentire, recitare una parte ti logora e non ti dà la forza di reagire.
Abbiamo dedicato un intero capitolo all’uso proficuo ed efficiente del networking, quindi è ovvio che devi essere aperto e “scatenare” tutti i tuoi contatti affinché la notizia che c’è un bravo manager sul mercato raggiunga il più alto numero di persone, non necessariamente tutte del settore (pensa alla parrucchiera…). Le statistiche sulla rioccupazione dei manager confermano che è il networking personale e professionale il canale da privilegiare in quanto dà i migliori risultati.
È proprio da dove ci si è fermati che si deve ricominciare: è importante fare una seria autoanalisi di quello che è successo, non è necessario farlo con altri perché noi siamo i migliori giudici di noi stessi, e soprattutto non riusciamo a ingannarci; conosciamo benissimo i nostri punti di forza e di debolezza, senza che qualcuno debba venire a raccontarceli. Ripercorriamo il nostro cammino aziendale, sicuramente troveremo dei segnali e degli avvenimenti cui non avevamo fatto caso ma che possono diventare importanti per capire quello che è successo.
Ovviamente un fatto traumatico come la perdita del lavoro può lasciare pesanti conseguenze sulla stima che abbiamo di noi stessi. L’analisi di quello che è successo e l’eventuale ricerca degli errori fatti è importante anche per riguadagnare la fiducia in noi stessi, nelle nostre capacità di poter ricominciare con un’attività nuova che può portarci a considerare quello che è accaduto con occhi diversi.
Importante è capire e convincersi al più presto che quello che è successo è passato, il passato non torna e si deve solamente affrontare il futuro con nuove energie.
Ok, hai espletato le formalità con l’azienda, hai riconsegnato l’auto, il Pc (dopo aver cancellato i file personali…), hai avviato le pratiche per girare il numero del cellulare da aziendale a privato, ecc. Sei libero. Il capitolo “Utilizza i supporti esterni” illustra le azioni da fare dal punto di vista pratico per trarre qualche supporto in questa nuova situazione, per te insolita.
Tua moglie o tuo marito non devono vederti girare per casa con l’aria sconsolata. Tu eri forte un mese fa, oggi sei la stessa persona, altrettanto forte. Eri un manager, in grado di gestire in azienda situazioni complesse e uscirne vincente, oggi sei chiamato a fare la stessa cosa, per te stesso.
Molte persone, in questa situazione, ne hanno approfittato per farsi una breve vacanza, per staccare dalla situazione precedente, per assaporare un primo privilegio: una settimana bianca a sciare col partner, o al mare, sul Mar Rosso, nella settimana non di alta stagione, quando tutto costa meno e il clima è migliore. Prima non potevi scegliere il periodo, adesso sì. Non sentirti in colpa se sei momentaneamente senza lavoro e spendi 1500 euro per una vacanza in coppia. Te la meriti, serve a staccare col passato e a ricaricarti.
Una vacanza aiuta a staccare davvero, a riposarsi, a pensare ai vantaggi. In genere, l’ultimo periodo in azienda non è mai dei migliori: nuovi capi, voci su ristrutturazioni e riduzione del personale, qualche timore ti era anche passato per la testa, ma poi no, hai ritenuto di essere indispensabile, dopo tanti anni, con tutta la tua esperienza… Adesso è finita, sai come è andata, prendila come un’opportunità, lo vedremo meglio in seguito, ma devi scrollarti dalla testa rancori, vendette, ripicche, domande che non avranno mai una risposta.
Se hanno sbagliato a fare a meno di te, se ne accorgeranno da soli, i risultati parlano. Se no, vuol dire che comunque non saresti stato la persona giusta in quella azienda/posizione, meglio uscire! Quello è il passato, pensa al futuro, al tuo futuro. Chi l’ha fatto, a distanza di tempo, conferma che è stata una scelta “coraggiosa” ma giusta. Chi non ha approfittato di questa situazione per prendersi una vacanza poi se n’è pentito.
Ognuno di noi ha una storia differente e quindi è per questo che, come indichiamo nel seguito, è necessario con calma, senza pressioni, iniziare un’analisi della propria situazione a 360° per aiutarti anche a superare questa prima fase di scoramento.