Per i rossoneri c’è poco da stare allegri. Ora ci si mette anche Gennarino “Ringhio” Gattuso. Entra in scivolata e va a colpire il tecnico milanista. «Se me ne sono andato, è stato per lui», spiega in un’intervista alla Gazzetta dello Sport. Gattuso era ormai al crepuscolo della sua carriera, ma comunque l’atmosfera era diventata difficile: «Quando qualcuno come l’allenatore ti fa capire che ti preferisce come dirigente, o per dare una mano nello spogliatoio, allora sai che c’è?» No. «Che me ne vado». Una stretta di mano e via. «Ma senza polemiche».
Non sembrerebbe. Anche perché, come aggiunge subito dopo, lo stesso discorso vale anche per Alessandro Nesta. «Sentivamo che non eravamo voluti da Allegri», spiega. E allora hanno lasciato in due. Se non bastasse, si pensi all’addio di Pirlo, lasciato andare alla Juve perché considerato finito (e si è visto quanto), sembra che Allegri non sia stato proprio un beneficio per il Milan.
E poi, ora che la squadra è in disarmo. Senza Thiago Silva, senza Ibrahimovic, sempre più debole. «Uno shock. Se fossi in lui farei fatica a dormire la notte». Ma non è una minaccia. E lo spiega: «Un discorso è preparare a squadra con uno dei più forti difensori al mondo e con un attaccante che da solo vince 10 partite. Un altro è non averli». Eh già. La logica di Gattuso. Ma ora si dovranno cercare altri obiettivi. Se non è lo scudetto, «sarà un piazzamento in Champions». Tutto ridimensionato, ed «è normale che ci sia scetticismo e delusione». E nessuna allegria.