C’è tempo fino a dopodomani per sottoscrivere l’aumento di capitale di Fondiaria-Sai e Unipol. In questi giorni di saliscendi borsistici di azioni e diritti d’opzione, Linkiesta ha chiesto a Giuseppe Corvino, professore di Economia degli intermediari finanziari presso l’Università Bocconi di Milano e titolare del corso Portfolio management, financial engineering e risk management nelle compagnie di assicurazione sulla vita, un commento ad un documento che nei mesi scorsi ha fatto molto discutere: la tabella di Goldman Sachs che sintetizza le valutazioni espresse dai consulenti di tutte le parti coinvolte nell’operazione Unipol-FonSai.
Ci ha risposto CON IL DOCUMENTO CHE ALLEGHIAMO e che proviamo a sintetizzare di seguito. Cosa emerge? Goldman Sachs ed Ernst & Young, consulenti di Fonsai, e Kpmg e Lazard, advisor di Unipol, rispettivamente enfatizzano e minimizzano oltre il dovuto l’influenza delle minusvalenze sul portafoglio titoli. La tabella serve per evidenziare punti di forza e debolezza dei portafogli titoli delle varie compagnie coinvolte, ma non riporta i rispettivi valori.
Per comprendere il valore informativo della tabella in questione occorre prima spiegare quali sono le logiche di funzionamento e contabilizzazione dei prodotti assicurativi vita rivalutabili collegati a gestioni separate, e i principi di valutazione delle imprese di assicurazione.
Le gestioni separate.
Il meccanismo di funzionamento tipico delle gestioni separate prevede che la prestazione da riconoscere periodicamente agli assicurati (di seguito “rendimento netto”) sia sempre pari al maggiore tra un rendimento minimo contrattualmente stabilito per tale periodo (di seguito “minimo garantito”) e il rendimento (di seguito “rendimento lordo”) di uno specifico paniere di titoli (di seguito “gestione separata”) al netto delle commissioni contrattualmente stabilite sempre nello stesso periodo. Per semplicità espositiva, di seguito porremo tale periodo pari all’anno.
Il Rendimento lordo è, a sua volta, calcolato secondo un algoritmo basato sulla logica del costo storico: ai fini del calcolo del rendimento lordo le plusvalenze o le minusvalenze (di seguito “PM”) relative ai titoli relativi alla gestione separata contano solo se effettivamente realizzate, e quindi solo in caso di vendita.
L’eventuale perdita per la compagnia, anche in caso di vendita, è pari solo all’integrazione al minimo e non alle minusvalenze in portafoglio.
Un altro elemento da tenere in considerazione riguarda il modo con cui le attività e le relative passività della gestione separata vengono iscritte a bilancio. Modo che varia a seconda che i conti siano redatti secondo i principi contabili italiani (“Local GAAP”), o in base ai principi contabili internazionali (“IAS/IFRS”). Con riferimento alle riserve, i principi IAS/IFRS non stabiliscono specifici principi di valutazione, ma rimandano ai principi Local GAAP, e quindi alla valutazione al costo storico e non al mercato. Nel contempo, la normativa IAS/IFRS rende l’allocazione dei titoli ai comparti valutati a costo storico molto complessa se non, a volte, impossibile.
Per questo, pressoché tutti i titoli di Stato posseduti dalle compagnie nel comparto immobilizzato sono iscritti nel portafoglio delle attività disponibili per la vendita, generando potenziali perdite di capitale dovute meramente al disallineamento contabile dei criteri di valutazione (e non pochi problemi in tema di riconciliazione del valore del portafoglio titoli tra bilancio Local GAAP e bilancio IAS/IFRS).
Al fine di evitare questo problema, i principi IAS/IFRS consentono di ridurre le riserve in modo coerente con la svalutazione “imposta” alle attività. Tale correzione si chiama shadow accounting. Ma attenzione: laddove non si fosse applicato lo shadow accounting, la compagnia avrebbe chiuso in perdita nell’anno considerato, ma seguito dell’effetto pull to par (il valore del titolo obbligazionario che con l’avvicinarsi della scadenza si avvicina al valore di rimborso a prescindere dal livello dei tassi) la perdita sarebbe stata poi recuperata negli anni successivi.
Come si valutano le compagnie di assicurazione?
La letteratura e la prassi internazionale in tema di valutazione del capitale economico delle compagnie di assicurazione sulla vita considerano le medesime come somma tre elementi:
1. il valore del patrimonio netto rettificato per plusvalenze e minusvalenze latenti (Adjusted Net Asset Value, d’ora in anvanti “Adj. NAV” così come nella Tabella);
2. il valore del portafoglio in essere (o Value of In-force Business, d’ora in avanti “VIF” così come nella Tabella) e quindi il valore attuale dei flussi di cassa per l’azionista in termini di dividendi od aumenti di capitale legato allo sviluppo futuro dei soli contratti già acquisiti dalla compagnia;
3. il valore del portafoglio futuro (o Value of New Life Business, d’ora in avanti NLB) e quindi il valore attuale dei flussi di cassa per l’azionista in termini di dividendi od aumenti di capitale legato allo sviluppo futuro dei contratti di futura acquisizione.
Sempre a livello di compagnia nel suo complesso, la somma del VIF e del NAV determina l’Embedded Value (d’ora in avanti, EV); mentre la somma dell’EV e del NLB determinano l’Appraisal Value (d’ora in avanti, AV). In altri termini, l’EV rappresenta il valore intrinseco della compagnia in caso di non continuità aziendale, un concetto simile a quello espresso dal solo Adj. NAV in altri contesti; mentre l’AV rappresenta il valore in ipotesi di continuità aziendale.
Prima di passare all’analisi della tabella, occorre a questo punto ricollegare le diverse nozioni appena ricordate evidenziando che:
a. in caso di minusvalenze relative a titoli relativi alle gestioni separate la perdita per la compagnia non è pari alle minusvalenze stesse, ma solo pari alla eventuale integrazione al minimo che in futuro dovesse rendersi necessaria;
b. se non si applica lo shadow accounting, il patrimonio netto rettificato di una compagnia con minusvalenze su titoli della gestione separata si riduce (a seguito dell’incremento delle riserve), ma aumenta il VIF (a seguito del fatto che il pull to par genererà riprese di valore dei titoli negli esercizi futuri);
c. se si applica lo shadow accounting, il patrimonio netto rettificato di una compagnia con minusvalenze su titoli riferiti alla gestione separata aumenta (a seguito della riduzione delle riserve), ma si riduce il VIF (a seguito del fatto che il pull to par non genererà riprese di valore dei titoli negli esercizi futuri);
d. perché quanto detto in precedenza sia vero, occorre che le minusvalenze siano relative a titoli cui può applicarsi l’ipotesi di pull to par.
Poiché le logiche di calcolo dello shadow accounting possono differire da compagnia a compagnia, è prassi che in sede valutativa lo shadow accounting venga stornato dal patrimonio netto rettificato, per poi essere ricalcolato dal valutatore.
Il ricalcolo può avvenire secondo due diversi approcci:
a. il primo (di seguito “approccio A”) consiste nello svalutare i titoli nel patrimonio netto rettificato per poi simulare la loro dinamica futura di prezzo nel VIF partendo dal valore di mercato alla data di valutazione (e, quindi, tendenzialmente rivalutando i titoli);
b. il secondo (di seguito “approccio B”) consiste nel non svalutare i titoli nel patrimonio netto rettificato per poi simulare la loro dinamica futura di prezzo nel VIF partendo dal valore storico alla data di valutazione (e, quindi, tendenzialmente svalutando i titoli).
Si noti tuttavia che:
a. l’approccio A porta ad una riduzione fittizia del patrimonio della società, in quanto le riserve restano valutate secondo basi prudenziali e non di mercato. Per capire la portata di tale riduzione occorre:
• o svalutare anche le riserve calcolandone il relativo valore di mercato;
• oppure, strada preferita per difficoltà teoriche e pratiche in tema di stima del valore di mercato delle riserve afferenti a gestioni separate, integrare tale riduzione fittizia del patrimonio in sede di stima del VIF;
b. l’approccio B porta ad una crescita fittizia del patrimonio della società, in quanto probabilmente non tutte le minusvalenze verranno recuperate negli anni successivi e non vi è certezza che non vi sarà bisogno di integrazione ai minimi. Per capire la portata di tale incremento, occorre, ancora una volta, integrare tale incremento fittizio in sede di stima del VIF.
Con riferimento alle gestioni separate, dunque, l’Adj. NAV non rappresenta il valore intrinseco di una società così come si è abituati a pensare in altri contesti (dove si valorizzano al mercato sia attività, sia passività): poiché nella sua stima non si procede alla valorizzazione al mercato delle riserve, il suo importo rappresenta solo una parte del valore della compagnia, da correggersi verso l’alto o verso il basso a seconda di come sono stati trattati le minusvalenze e lo Shadow accounting in sede di calcolo dell’Adj. NAV stesso.
Il valore intrinseco della compagnia è rappresentato solo dalla somma di Adj. Nav e VIF (la cui somma, non a caso, si chiama Embedded Value). Se poi al valore intrinseco si vuole aggiungere il valore della rete distributiva in termini di capacità commerciale di vendere in futuro nuovi prodotti occorre considerare anche il NLB.
Le valutazioni degli advisor su Unipol e Fonsai.
Vediamo ora la tabella. Le prime tre colonne indicano la valutazione secondo Ernst & Young e Goldman Sachs, consulenti di FonSai; le successive tre esprimono le valutazioni degli advisor di Unipol (Kpmg e Lazard); le ultime tre colonne la differenza.
Clicca sull’immagine per ingrandire la tabella
La prima cosa che emerge è l’assenza del NLB, cioè del portafoglio futuro. Ne consegue quindi che entrambi i valutatori hanno ipotizzato che le compagnie non emetteranno più nuove polizze. Il secondo elemento su cui puntare l’attenzione è che il grosso della differenza tra le due valutazioni è spiegato dalle rettifiche nette, e in particolare di quelle apportate al portafoglio titoli (“Securities Portfolio”). Conviene quindi concentrare l’attenzione su quest’ultimo aspetto, anche perché le altre voci che generano differenze non presentano peculiarità valutative rispetto a quanto accade in altri contesti.
Sulle rettifiche al portafoglio titoli, entrambi i valutatori hanno eliminato lo Shadow accounting, segno questo che nessuno riteneva la variazione apportata alle riserve civilistiche italiane coerente con il vero impatto del disallineamento contabile tra logiche di valutazione delle attività e delle passività, preferendo poi ricalcolare tale effetto in un secondo momento.
Quanto al resto, i due valutatori proseguono come segue:
• EG segue sostanzialmente l’approccio A, eliminando dal NAV le minusvalenze relative a tutti i titoli in portafoglio afferenti ai comparti non valorizzati al mercato (L&R e HTM), senza distinguere tra titoli assegnati a gestioni separate (le cui minusvalenze come abbiamo visto non impattano direttamente sul patrimonio della compagnia) e non;
• KL segue sostanzialmente l’approccio B, eliminando dal NAV le minusvalenze relative ai titoli in portafoglio afferenti ai comparti non valorizzati al mercato (L&R e HTM) solo con riferimento ai titoli non assegnati a gestioni separate e ricomprendendo nell’Adj. NAV le minusvalenze sul portafoglio AFS assegnato alle gestioni separate (che in quanto valorizzato al mercato aveva generato una riduzione del patrimonio netto di bilancio al 2011).
La cosa che colpisce, a questo punto, è che i VIF dei due advisor non siano valutati in modo differente, sulla base dell’approccio seguito per la stima dell’Adj. NAV, ma siano sostanzialmente uguali in quanto calcolati sulla base di una logica condivisa (“Calculated on Agreed Framework”).
Ne consegue che, non sapendo come siano stati calcolati i VIF, risulta difficile interpretare i risultati finali della tabella. Possiamo solo intuire che:
a. il metodo utilizzato da EG (a parità di VIF con KL) massimizza il ruolo delle minusvalenze;
b. il metodo utilizzato da KL (a parità di VIF con EG) minimizza il ruolo delle minusvalenze.
Dai dati a disposizione purtroppo non è possibile capire se e quale dei due metodi sia più coerente con le ipotesi adottate per la stima del VIF. Tale valutazione richiederebbe la risposta ad alcune domande specifiche, come ad esempio:
• i VIF riportati in Tabella comprendono il recupero di valore delle minusvalenze sottratte all’Adj. NAV? Se questo fosse vero, tale inclusione renderebbe maggiormente verosimile le ipotesi adottate da EG e renderebbe ancora più estreme quelle di KL, e viceversa nel caso contrario;
• quanta parte delle minusvalenze sul portafoglio afferente alle gestioni separate è relativo a titoli obbligazionari cui può applicarsi il pull to par? In caso di prodotti strutturati, quanto pesa la componente obbligazionaria (cui può applicarsi il pull to par) e quanto quella opzionale (cui non può applicarsi) nella stima delle minusvalenze?
• di quanto è superiore ai minimi garantiti il rendimento lordo delle gestioni separate?
• la struttura per scadenze delle passività afferenti a gestioni separate consente di mantenere fino a scadenza i titoli per cui esiste il pull to par? In caso contrario, il rendimento lordo della gestione resta superiore ai minimi garantiti anche realizzando le minusvalenze? Se no, di quanto?
• i rendimenti minimi sono tutti da realizzare o una parte è stata già riconosciuta a vario titolo agli assicurati? Se si, quanta? Per quali prodotti?
• gli utili demografici sono stati considerati nel calcolo del VIF? E quelli da riscatto?
• quali sono i piani commerciali delle compagnie in tema di nuova raccolta sulle gestioni separate? Entrerà liquidità a sufficienza per garantire il pull to par a tutti i titoli che altrimenti dovrebbero essere venduti prima della scadenza per pagare le prestazioni assicurate?
Purtroppo, non disponendo di dati interni è impossibile rispondere a tali domande e quindi esprimere un giudizio. Come analisti esterni, possiamo solo sostenere che, con esclusivo riferimento ai soli numeri riportati nella tabella:
• il valore complessivo delle diverse compagnie non è riportato in quanto manca l’NLB di ognuna di esse;
• il valore intrinseco delle stesse non è desumibile dai dati riportati in tabella in quanto:
o gli Adj. NAV non sono completamente calcolati su basi di mercato (in un caso per le passività, nell’altro sia per le attività che per le passività) portando o ad una eccessiva svalutazione del patrimonio, oppure ad una eccessiva valutazione dello stesso;
o i VIF sono calcolati secondo un’impostazione condivisa e quindi non “personalizzata” sulla base delle logiche di calcolo utilizzate per la stima dell’Adj. NAV, rendendo impossibile la quantificazione degli eccessi di cui al punto precedente;
• la tabella non sembra dare indicazioni puntuali in materia di effettivo valore delle compagnie considerate, ma relative in tema di sensitività del valore delle stesse alla dinamica dei prezzi di mercato per proprio portafoglio titoli. Elemento anche questo fondamentale e non trascurabile in sede di valutazione di una compagnia di assicurazione.
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