Aggiornamento 16 luglio 17.48
Il Tribunale di Milano accogliendo l’istanza presentata da Salini, ha emesso un decreto che ordina a Impregilo e al presidente dell’assemblea di domani, di ammettere – su tutti gli argomenti posti all’ordine del giorno e su ogni altro eventuale argomento di natura organizzativa che dovesse essere messo ai voti nella medesima assemblea – tutte le azioni apportate alla sollecitazione di deleghe di voto.
In che cosa consista il metodo e il segreto del potere di Fabrizio Palenzona non si è mai capito fino in fondo. Ex presidente della Provincia di Alessandria, già sindaco di Tortona, è da sempre indicato come «l’uomo forte» della Fondazione Crt, pur senza ricoprirvi alcun incarico. Tutto questo gli frutta la poltrona di vicepresidente di Unicredit, e un ruolo speciale nella galassia Mediobanca.
Quel poco che è fin qui trapelato sulla stampa o è circondato da un alone di mistero – fra discreti interventi di lobby, mediazioni, trattative dietro le quinte – oppure è alquanto imbarazzante. Come la faccenda dei presunti versamenti di Fiorani su undici conti esteri della famiglia Palenzona (v. articolo del Corriere della Sera), un filone dell’inchiesta su Antonveneta che da Milano è stato trasferito alla Procura di Alessandria, e del quale non se n’è più saputo nulla.
Ma giovedì scorso il metodo Palenzona lo si è visto alla luce del sole. Il palcoscenico era quello di Impregilo, la principale società di costruzioni italiana; l’occasione, l’assemblea richiesta dall’azionista Salini per revocare il cda, in gran parte nominato dal gruppo Gavio. Entrambi soci al 29,9%, Gavio e la romana Salini si contendono il controllo di Impregilo, e nessuno dei due si è finora deciso a lanciare un’Opa risolutiva. Vince, dunque, chi riesce a portare dalla sua quanti più azionisti, anche tramite l’innovativo (per l’Italia) strumento della sollecitazione pubblica delle deleghe di voto.
Palenzona era al debutto da presidente di una società quotata. E da presidente si è preso la libertà di disporre quello che né la Consob né il Tar e nemmeno il tribunale di Milano hanno ritenuto di fare, a dispetto di una mole di ricorsi ed esposti. Palenzona ha tolto il diritto di voto ai soci che avevano dato delega per mandare a casa lui e tutto il cda. La delega, ha argomentato, è stata conferita per votare sulla revoca, e non sulla proposta di rinvio della votazione, opportunamente formulata ad apertura dei lavori da un noto esponente del gruppo Gavio. Nella neolingua del dottor Palenzona, lasciar esprimere i delegati sul rinvio sarebbe stato un “abuso di potere”. Argomentazione raffinata, e confortata, ovviamente, da pareri legali. La Consob, presente all’assemblea, non ha ancora detto nulla.
Ma il punto che qui si vuole evidenziare non è (solo) la legittimità o meno della scelta di tenere fuori il 2,3% del capitale,una piccola parte del quale era peraltro a favore di Gavio. E nemmeno il fatto che la tattica dilatoria non abbia centrato del tutto l’obiettivo (ci sarà solo un rinvio a martedì 17). Con la sua decisione, Palenzona conferma ufficialmente una filosofia e un metodo distintivo: per tenere il potere è pronto a tutto, anche a togliere il diritto di voto ai soci sgraditi. Ci mettano pure i soldi, i piccoli azionisti, ma le loro azioni non vanno contate perché, nella logica di Palezona, pesano nulla: gli affari si decidono al tavolo di Mediobanca, già regista di altre apprezzate operazioni. Solo che stavolta i voti delle banche amiche, spuntate come funghetti nell’azionariato di Impregilo, non sono bastati. La differenza l’hanno fatta il fondo Amber e gli astenuti.
L’esito non era scontato, e nei prossimi giorni può succedere di tutto, incluso qualche repentino cambio di fronte. Salini è arrivata qui sostenuta da una visione industriale e una forte ambizione imprenditoriale, con una strategia chiara: vendere le concessioni mature di Impregilo e concentrarsi sulle costruzioni, per arrivare alla creazione di un campione nazionale. Nell’immediato, ciò che alletta gli investitori è l’idea di incassare un extradividendo. Con il suo pacchetto azionario, del resto, Gavio ha gli strumenti per bloccare in assemblea eventuali tentativi di forzare la mano. Nessuno può dire oggi se le condizioni dell’aggregazione con Impregilo perseguita da Salini saranno interessanti o meno. Se ne parlerà a tempo debito. Che poi si arrivi a tal punto, è da vedere.
Mentre Salini si rafforzava, Gavio ha temporeggiato per mesi. Su consiglio di Mediobanca, ha declinato i tentativi di dialogo. Dapprima ha difeso l’esistente, e l’ha messo per iscritto in un piano industriale varato di corsa, ma poi ha finito per contraddirsi rincorrendo Salini sul suo stesso terreno. Non deve stupire: né Gavio né tantomeno Palenzona o Mediobanca hanno una strategia imprenditoriale per Impregilo (né hanno mai avuto lampi di genio per le altre società quotate in cui hanno messo bocca e soldi). Si muovono per reazione e prove di forza, incapaci di aprirsi alla dialettica di mercato e a una riflessione sul futuro di un’impresa.
Perciò, se in assemblea le cose si mettessero male, il gruppo di Tortona potrebbe scegliere di lanciare un’Opa. Unica via di uscita di un mondo che ragiona in termini di quote di controllo e clan di appartenenza. Nessuno ha la sfera di cristallo per predire come andrà progetto di Salini, ammesso che si faccia, ma non servono invece capacità profetiche per sapere cosa diventerà Impregilo seguendo il metodo Palenzona e la filosofia Mediobanca. Un bonsai, se va bene. Un bonsai al sicuro in nell’abbraccio soffocante con Palenzona e i fantasmi di Piazzetta Cuccia.
Twitter: @lorenzodilena