«Non volevamo fare qualcosa di buono, ma la migliore cosa possibile per la nostra comunità». È con questo spirito a metà strada tra l’ostinazione e l’utopia che Ezio Orzes, assessore all’Ambiente del Comune di Ponte nelle Alpi spiega come il suo paese è riuscito a dotarsi del sistema di gestione dei rifiuti più efficiente della Penisola. Lo conferma il dossier di Legambiente diffuso in questi giorni, i Comuni più “Ricicloni” d’Italia, che per la terza volta in tre anni ha assegnato a Ponte nelle Alpi il più alto «indice di buona gestione» dei rifiuti, attribuendo al comune la più alta percentuale assoluta di raccolta differenziata: l’87,7% del totale. E ha riconosciuto la profonda rivoluzione culturale di un paese che non accetta più la definizione di «rifiuto», ma solo quella di «materiale che attraverso il riciclo può essere impiegato nuovamente nella produzione industriale», come sostiene Orzes.
Ponte nelle Alpi è una cittadina di 8.500 anime in provincia di Belluno. Non è un vero e proprio centro urbano, ma l’insieme di 23 frazioni sparse su di un territorio di 58 chilometri quadrati, «ognuna con un proprio mondo da raccontare e i propri tempietti in cui pregare», come amano dire i pontalpini di loro stessi. Eppure, nel 2004, tutti si unirono per opporsi alla creazione di una grossa discarica che avrebbe smaltito la spazzatura proveniente da ogni parte della provincia. Non fu solo il nemico comune a farli accordare. La lista civica “Insieme per Ponte”, che venne creata per fermare la discarica, quell’anno vinse le elezioni e divenne un laboratorio per ripensare lo smaltimento e la produzione dei rifiuti. Ezio Orzes, che allora era il postino del paese, faceva parte di quella lista, così come l’attuale sindaco, Roger De Menech.
«Dall’opposizione siamo passati all’azione», racconta a Linkiesta il primo cittadino di Ponte nelle Alpi, «abbiamo cercato di capire come i rifiuti venivano generati, quali soluzioni potevamo adottare per ridurre la loro quantità e, in mancanza di alternative, rendere innocuo il loro impatto sull’ambiente». Mentre studiavano la materia, a Ponte nelle Alpi si accorsero che non solo potevano fare a meno di una nuova discarica, ma che non ne avevano bisogno di nessuna. Come? «Abbiamo capito che se fossimo riusciti a trasformare il rifiuto, tutti i rifiuti, in una risorsa, avremmo potuto migliorare la qualità della vita senza aumentare di un solo euro la tassa per il loro smaltimento», continua De Menech. «Anzi, ci siamo accorti che potevamo risparmiare».
È possibile aumentare la qualità di un servizio senza pesare sui costi? «Possibile, possibile», conferma Stefano Triches, direttore della Ponte Servizi srl, l’azienda 100% comunale creata nel 2007 per gestire la raccolta differenziata. «Attraverso uno studio di fattibilità ci siamo resi conto che smaltire i rifiuti in discarica costava circa 192 euro a tonnellata per un totale di oltre 450mila euro l’anno. E che al contrario, differenziando, avremmo ridotto quei costi di dieci volte». «Non è stato facile», confessa Triches, «ma oggi per conferire in discarica i rifiuti non riciclabili spendiamo meno di 40mila euro all’anno, abbiamo letteralmente abbattuto i costi di smaltimento». Con i soldi risparmiati, l’amministrazione di Ponte ha deciso di raddoppiare il personale addetto alla differenziata. Oggi sono 11 le persone assunte dal Comune a tempo pieno: «Ma anche così continuiamo a risparmiare», conferma Triches. «Dai 950 mila euro di un tempo, oggi l’intera gestione ci costa a 810 mila euro, il 14% in meno».
Meno costi, più posti: è questa la rivoluzionaria spendig review adottata dalla nuova giunta. Perché è vero che produrre meno rifiuti è economicamente vantaggioso, ma per farlo bisogna controllare sacchetto per sacchetto la purezza del materiale differenziato. A partire dal 2007 così, a Ponte viene istituito un servizio di raccolta porta a porta, dove gli operatori ecologici diventano specialisti della differenziata: aiutano le persone a smistare i materiali, segnalano le anomalie, registrano la quantità di prodotto non riciclabile raccolto. Il Comune ha dotato ogni famiglia e ogni attività commerciale di quattro bidoncini colorati: blu per plastica, vetro e lattine, verde per il secco non riciclabile, marrone per l’umido e giallo per la carta. Dal 2011 c’è anche la possibilità di ricevere una tanica per la raccolta dell’olio vegetale, che una volta trattato può diventare lubrificante per macchine agricole, biodiesel e glicerina per la saponificazione. Anche l’umido ha trovato il suo posto. Una famiglia su due ha deciso di dotarsi di una compostiera da giardino: l’organico diventa concime per l’orto e il comune opera un taglio del 20% sulla Tarsu.
«Il principio che abbiamo adottato è semplice: ogni nucleo familiare paga una tariffa che è composta di due parti», spiega Triches. «Una quota fissa copre le spese di gestione e una quota variabile viene applicata per il prodotto conferito in discarica». In poche parole, meno rifiuti non riciclabili produci, meno spendi. Un concetto che a Ponte hanno recepito con una velocità impressionante. Dopo i primi cinque mesi di sperimentazione, la raccolta differenziata toccava quota 80% e i cittadini passavano da 385 kg di rifiuti indifferenziati pro capite, ai meno di 30 kg di oggi.
Quello che non si riesce a recuperare attraverso la differenziata (che viene chiamato frazione secca), viene indirizzato al Centro Riciclo di Verdelago, che si occupa di compiere uno sforzo ulteriore: ottenere materiale riutilizzabile da ciò che spesso viene considerato irrecuperabile. «Rifiuto la parola “rifiuto”», attacca la titolare del Centro Riciclo, Carla Poli, «io con quello che gli altri scartano ci faccio un business». È per questo che non sopporta la definizione di «indifferenziato», perché le fa subito pensare alla discarica: «Il vero problema è culturale: pochi sanno che esiste un fiorente mercato delle materie prime seconde, come si chiamano i prodotti ottenuti dal riciclo. I rifiuti non esistono, c’è solo la volontà o meno di recuperarli».
«A Ponte nelle Alpi hanno capito una cosa fondamentale», continua la Poli. «Che solo coinvolgendo le persone in un processo di cambiamento si possono ottenere risultati eccezionali. Il problema dei rifiuti è politico: la raccolta è gestita dal comune e solo il comune ha il potere di migliorarne la qualità». E precisa: «Ogni volta che acquistiamo un prodotto, nel prezzo è compreso il costo dell’imballaggio. Il Conai, il Consorzio nazionale degli imballaggi, è tenuto a riscuotere questo prezzo e a tenerlo in cassaforte per rigirarlo ai comuni sotto forma di contributi nel momento in cui, con la raccolta differenziata, viene restituito all’industria del riciclo. Se ci ostiniamo per pigrizia o interesse a gettare tutto in discarica, siamo dei fessi», spiega. «Paghiamo due volte il prezzo dell’imballaggio. Una volta per acquistarlo e un’altra per tenerlo nascosto negli immondezzai».
Anche per l’assessore Orzes, il primo problema da affrontare è stato quello del cambiamento culturale, a partire dalla stessa amministrazione. «Dopo che sono diventato assessore ho capito che i cittadini sono più avanti della politica», confessa. «Se come amministratore sei in grado di coinvolgerli e far capire l’importanza di ciò che stai facendo, la vera rivoluzione si opera dal basso». «Ora a Ponte sono orgogliosi di quello che fanno, anche se costa fatica», conclude. «E io sono ancor più orgoglioso: perché la raccolta differenziata è diventata parte del nostro Dna. Non importa quale amministratore verrà dopo di noi, quale sarà la sua casacca. Ciò che abbiamo costruito non ha colore e sopravvivrà ben oltre il nostro operato».