Mi consentoPresidente, in morte di D’Ambrosio doveva dire altro

Presidente, in morte di D’Ambrosio doveva dire altro

No, presidente Napolitano, quella dichiarazione, quella frase non l’avrebbe mai dovuta dettare a poche ore dalla morte di Loris D’Ambrosio. Una dichiarazione che un presidente della Repubblica, e presidente del Csm, non deve mai sottoscrivere, e a nostro avviso nemmeno pensare. Quella frase “atroce è il mio rammarico per una campagna violenta e irresponsabile di insinuazioni e di escogitazioni ingiuriose cui era stato di recente pubblicamente esposto, senza alcun rispetto per la sua storia e la sua sensibilità di magistrato intemerato” suona come un’accusa di omicidio, preterintenzionale fin quanto si vuole, ma suona come un’accusa di colpevolezza nei confronti del Fatto quotidiano. E anche, perfino, di quella magistratura che quelle indagini stava conducendo.

Ora, qui a Linkiesta abbiamo sempre scritto il nostro pensiero su una vicenda che adesso nessuno più toglierà mai dal già ricolmo cassetto dei misteri della repubblica italiani. E il nostro pensiero era ed è che non si può costruire un’accusa così grave sulla base dell’ascolto di conversazioni telefoniche: nè da un punto di vista giudiziario nè, tantomeno, da un punto di vista giornalistico. Tanto che non avevamo esitato a schierarci col presidente Napolitano e la sua scelta di intraprendere la via del conflitto di attribuzione tra poteri costituzionali: perchè, in piena coscienza, un presidente della Repubblica ha il diritto e il dovere di tutelare il proprio ruolo, al di là di se stesso, nelle forme che la Costituzione prevede.

Ma neppure a chi, come giornalista, ha duramente criticato quella campagna di stampa, sarebbe venuto in mente di associare quelle pagine di intercettazioni all’infarto che oggi ha stroncato il consigliere giuridico del Quirinale. Figuriamoci a un’autorità qual è il presidente della Repubblica, cui si richiede quel sangue freddo, quella calma, quel senso di unità nazionale che oggi francamente non abbiamo ritrovato in quelle dichiarazioni. Lei rappresenta lo Stato italiano, è il capo dello Stato. Suo compito è unire, giammai dividere.

Di tutto, francamente, aveva bisogno l’Italia in queste ore tranne che di una nuova ridda di accuse e sospetti che contribuiranno ancora una volta a dividere il nostro Paese in guelfi e ghibellini. Queste dichiarazioni, così rapide, esplicite e in definitiva fuori luogo del presidente della Repubblica, rafforzano i complottisti di ogni sorta, e invece di svelenire un clima tesissimo in un paese spaventato peggiorano un’aria già grama. Proprio il contrario di quello che ci saremmo aspettati dall’autorità morale di Giorgio Napolitano. 

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