Quanto è difficile la vita di un senatore che ha voglia di lavorare

Quanto è difficile la vita di un senatore che ha voglia di lavorare

Caro direttore,
facciamoci una domanda che dovrebbe essere obbligatoria: se i parlamentari non fossero stupidi e non fossero lì per giocare? (salvo eccezioni, naturalmente).

Lunedì 30 luglio, in Senato, ennesima puntata di un teatrino ormai collaudato. L’assemblea discute in seduta dalle 11 alle 17, senza interruzione, la conversione dei decreti sulla spending review e sulla valorizzazione del patrimonio pubblico. Un passaggio cruciale della politica economica del governo Monti. Peccato però che il testo su cui si discute sia un fake. Perché tutti sanno che alle 18 verrà presentato un maxi emendamento che riscriverà completamente la norma, e su quello verrà posta la fiducia. Ma tant’è. “The show must go on”, anche se sono le ultime repliche di una mediocre commedia.

Non basta. Alle 17 si riuniscono in seduta congiunta le commissioni Lavori Pubblici e Attività Produttive per avviare la discussione di un altro provvedimento cruciale: il decreto sviluppo, già approvato alla Camera. 407 pagine il provvedimento, 1700 pagine con i documenti di appoggio. I relatori terminano un’esposizione-lampo alle 17.42. Per gli emendamenti viene fissato dapprima il termine delle 18, poi graziosamente rimandato alle 20: due ore e venti, peraltro in contemporanea con la seduta dell’assemblea, nel frattempo ripresa.

La spiegazione che nessuno può mettere a verbale: il provvedimento è “blindato”, i senatori non devono decidere niente, ma bisogna salvare le apparenze. E alla fine molti devono stare al gioco: presentano qualche emendamento per salvarsi la coscienza, farseli almeno bocciare, e poi magari allargare le braccia fingendo di averci provato.

Ma i parlamentari non sono pagati per giocare. Peggio: imporre loro di fare cose inutili è il miglior modo per delegittimarli. Anche le persone migliori sembrano stupide se s’impone loro di fare cose stupide. E non si dica che “tanto questi parlamentari sono nominati e non rappresentano i cittadini”. Se i cittadini vogliono cambiare la legge elettorale proprio perché i parlamentari tornino a essere i loro rappresentanti. Il fatto che vengano presi in giro da procedure e modalità di lavoro assurde è un problema di tutti.

Purtroppo sembra che nessuno ci possa fare niente. Non i presidenti dell’aula e delle commissioni, non il governo. E infatti si dirà che si è sempre fatto più o meno così. Probabilmente è vero. E i risultati si vedono.

Se la sfiducia dei cittadini verso il Parlamento è commisurata all’efficienza, ai costi, alle lungaggini della macchina di Palazzo Madama, talvolta è davvero difficile dar torto agli elettori che non “vedono” l’esito del lavoro che dovrebbe svolgere chi li rappresenta.
 

*Senatore, membro del gruppo Udc, Svo e Autonomie (Unione Valdôtaine, Maie, Verso Nord, Movimento Repubblicani Europei, Partito Liberale Italiano, Partito Socialista Italiano)

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club