Quanto stavano meglio i giovani degli anni Novanta

Quanto stavano meglio i giovani degli anni Novanta

Nel 1991 veniva pubblicato “Nevermind”, album capolavoro dei Nirvana. Nelle radio impazzavano Pearl Jam, Smashing Pumpkins e Dire Straits. Mentre chi ha vent’anni, oggi, deve accontentarsi di Justin Bieber e Lady Gaga. Non c’è che dire: i ragazzi degli anni Novanta se la passavano decisamente meglio rispetto ai loro coetanei degli anni Duemila. E non solo da un punto di vista musicale.

Chi oggi ha un’età compresa tra i 20 e i 30 anni deve fare i conti con lavoro precario, remunerazioni più basse, tassi di disoccupazione più alti. Elementi che rendono più difficile costruirsi una famiglia e programmare una vita “adulta”.

Prendiamo, ad esempio, le buste paga: nel 1991 lo stipendio medio di un giovane di età compresa tra i 20 e i 30 anni era di 13mila euro. Nel 2010 è scesa a 10mila. Lo stesso vale per il tasso di occupazione passato dal 54% fra i 20-30enni nel 2002 al 41% nel 2011.

Il lavoro (quando c’è) è sempre più precario e frammentato. «Negli anni 70 la disoccupazione giovanile era molto alta, ma quando i giovani iniziavano un percorso lavorativo si andava in crescita: miglioravano i salari e aumentava la stabilità. Dagli anni 90 in poi la ripresa dell’occupazione è stata favorita attraverso provvedimenti che hanno abbassato il costo del lavoro. Attraverso contratti atipici e a termine», osserva Ugo Trivellato, professore emerito di statistica economica all’università di Padova e co-autore della ricerca “Generazioni diseguali – Le condizioni di vita dei giovani di ieri e di oggi” della fondazione Ermanno Gorrieri. Negli anni 90 solo il 18% dei giovani aveva un contratto di lavoro a tempo determinato, per passare al 24% nel 2000 e salire al 33% tra coloro che nel 2011 avevano un’età compresa tra i 20 e i 30 anni.

Buste paga sempre più leggere dunque. Ma solo per i più giovani: chi ha avuto la fortuna di nascere negli anni Sessanta-Settanta, mediamente, se la cava meglio. I salari d’ingresso, ad esempio, sono più bassi rispetto al passato e anche il reddito equivalente per classi d’età conferma che i giovani degli anni Dieci se la passano molto peggio rispetto ai loro coetanei degli anni Novanta. Fatto cento il reddito medio del 1991, diventa 104 nel 2005 per poi precipitare a 97 nel 2010. Al contrario di quanto avvenuto per gli adulti di età compresa tra i 55 e i 64 anni: per loro la busta paga è sempre più pesante. Fatto 100 il reddito nel 1991, nel 2010 è 130.

Precarietà come strumento per abbassare il costo del lavoro, grimaldello per cercare di uscire dalla crisi che blocca l’Italia dagli anni Novanta. Ma la cura potrebbe rivelarsi peggiore del male: «Il ciclo di lavoro e di reddito di una persona è molto influenzato dagli anni iniziali – avverte Trivellato. Se una generazione parte male è più difficile che recuperi. Siamo di fronte a un’inerzia che riguarda non solo 20enni e 30enni, ma che arriva a colpire anche i 40enni».

Ma quali sono le cause di questo stop (forzato) per le giovani generazioni? Da un lato la crisi di un paese che da 15 anni è praticamente immobile: il tasso di crescita è passato dal 3,6% del decennio 1970-1980 allo 0,2% del primo decennio degli anni Duemila. «E questo ha comportato una seria riduzione alle opportunità lavorative che, in linea teorica, avrebbe dovuto colpire tutti. Ma invece ha penalizzato soprattutto i giovani», evidenzia Antonio Schizzerotto, docente di Sociologia all’università di Trento e co-autore della ricerca.

Le nuove regole del mercato del lavoro (dal pacchetto Treu alla riforma Biagi), infatti, non riguardano “gli anziani” e tutti coloro che erano già all’interno del sistema. Ma colpiscono i giovani senza garantire loro alcun beneficio in termini previdenziali o assistenziali. «Pur senza sminuire la gravità del fenomeno degli esodati, penso che la situazione in cui si trovano oggi i ragazzi che hanno tra i 20 e i 30 anni sia decisamente più preoccupante», sottolinea Schizzerotto.

Non resta che andare a spulciare su Youtube o nelle playlist del fratello maggiore: anche se ce li siamo persi, i Nirvana li possiamo sempre recuperare. 

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