Ci sono nuove indagini in corso sull’omicidio del sostituto procuratore generale Antonino Scopelliti, ucciso a 51 anni il 9 agosto del 1991 con due colpi di arma da fuoco alla testa a Campo Calabro.
Scopelliti fu ucciso alla vigilia della sentenza del maxi processo a Cosa Nostra. Era lui, il “giudice solo”, che stava preparando il rigetto dei ricorsi per Cassazione fatti dalle difese di alcuni capimafia condannati nel corso del primo maxi processo a Cosa Nostra.
Negli anni sono arrivati gli arresti, i processi, ma nessuna condanna. Una presenza scomoda per i siciliani di Cosa Nostra, quel giudice calabrese che non amava apparire, ma dedicava le giornate allo studio e al lavoro sulle carte.
Secondo le ricostruzioni di alcuni collaboratori di giustizia quell’omicidio fu figlio di un patto tra Cosa Nostra siciliana e la ‘ndrangheta calabrese. Una pista, quella del “favore”, riaperta nel corso del processo “Meta” (al gotha della ‘ndrangheta calabrese, senza tema di smentita il più importante processo alla ‘ndrangheta in corso, dove molti atti di indagine sono confluiti anche in varie operazioni effettuate al nord) dal collaboratore di giustizia Nino Fiume organico per anni alla cosca De Stefano, dominante ad Archi.
Fiume, sentito in aula, ha riferito, rispondendo alle domande del pm della Direzione Distrettuale Antimafia Giuseppe Lombardo, che «È stato un favore ai palermitani perché Scopelliti aveva in mano l’accusa del maxiprocesso in Cassazione». Secondo lo stesso pentito, sarebbero stati due calabresi i killer del giudice Scopelliti, di cui ancora non si fanno nomi in aula e si tengono verbali secretati proprio per la riapertura dell’indagine. Indagine che evidentemente ha raggiunto risvolti ed elementi nuovi, rispetto ai processi fin qui celebrati sull’omicidio.
Una indagine che potrebbe aprire uno squarcio di luce non solo sull’omicidio del giudice Scopelliti, ma anche sull’inaugurazione della stagione stragista che poi arriverà al massimo della sua visibilità e violenza con le stragi di Capaci, via d’Amelio e le bombe di Milano, Firenze e Roma: quello di Scopelliti potrebbe essere infatti l’omicidio che ha inaugurato la serie di “attentati allo Stato”.
“Cortesia” quella dei calabresi che avrebbe potuto inaugurare una sinergia tra ‘ndrangheta e Cosa Nostra. È infatti lo stesso Fiume, in passato spesso schernito da altri imputati eccellenti e delegittimato all’esterno, a riferire in udienza di tre riunioni nel 1993 tra il gotha di Cosa nostra e quello della ‘ndrangheta. Ma i calabresi, con la cosca De Stefano in testa, hanno preferito il basso profilo alla strategia stragista. E proprio per questo, per la vicinanza che la ‘ndrangheta ha voluto intrattenere con politici e pezzi delle istituzioni, la riapertura delle indagini potrebbe portare a nuovi scenari anche in questo senso.