Caro cardinal Scola, perché scarpa fetish sì e spalla scoperta no?

Caro cardinal Scola, perché scarpa fetish sì e spalla scoperta no?

Capita che passeggiando per Milano d’un tratto prenda la speranza di un capovolgimento di mondi, benedetto quanto benedetta è la Chiesa cattolica e tutto ciò che la rappresenta. Capita che il centro del mondo cittadino sia ovviamente la sua cattedrale, il nostro Duomo, dentro la nostra piazza più celebrata, quella piazza grigia e plumbea dove si celebrarono i funerali delle vittime di Piazza Fontana, quel giorno di lutto cittadino che unì interamente noi milanesi.

Ebbene, in una delle mattine di sole che accompagnano l’agosto in città, entrandoci con il passo del turista, quel passo un po’ lento e abbandonato, la cattedrale ti restituisce quel filo di adrenalina che le prime ore della mattina poco contemplano, spalancandoti davanti agli occhi un gigantesco manifesto di una scarpa fetish (almeno tacco 12, almeno) che pubblicizza le simpatiche attività professionali e (dopo)lavoristiche di un tal Carlo Pazolini, che produce scarpe vere ma poi è un fumetto, nel senso che non esisterebbe come prova provata dell’ingegno italiano, ma sarebbe la purissima invenzione ragionata di un magnate russo che è sbarcato qui da noi con i suoi soldoni. Questo manifesto, che riproduciamo a vostro beneficio, copre i lavori della parte sinistra della cattedrale e – dobbiamo supporre – contribuisce alle ingenti spese di restauro.

Al che, al turista che è in noi, battitore libero di chiese sparse per il territorio, non sovviene di episodi analoghi in cui il simbolo così dichiarato di una evidente sensualità sia stato proposto come anello di congiunzione tra la ricerca o la conferma di una fede e la decisa apertura a un mondo di erotismi divertiti e conturbanti, in cui, attraverso la plastica esposizione di una scarpa, la donna possa allegramente disporre anche della sua parte meno politicamente corretta (almeno per la Chiesa cattolica).

Tutto questo, in fondo, ci sarebbe sembrato sì uno splendido episodio isolato, ma di un certo qual significato visto che accadeva in casa Scola, il nostro cardinale che da poco più di un anno ha intrapreso il suo viaggio meneghino, se non fosse che poco più in là–- appena qualche metro – all’ingresso principale del Duomo nerboruti in divisa selezionavano tra i turisti la purezza della specie cristiana: lei sì, lei no, lei forse. In base a una spalla scoperta (vietatissima!), a shorts scandalosi, a una scollatura più o meno generosa, a una minigonna decisamente respinta con perdite.

Da qui, la prima e (forse) unica domanda che dal cuore ci sgorga naturale e volentieri giriamo al Cardinale è la seguente: perché la scarpa fetish sì (forse che porta conforto economico e scalda il cuore della diocesi?) e una spalla scoperta no?

Ci piacerebbe almeno capire se nella nostra Chiesa cattolica (apparenti) contraddizioni di questo tipo possono finalmente coesistere o invece sono unicamente da attribuire a convenienze del momento, se questo gioco innocente che vi abbiamo proposto tra scarpa sessuosa e spalla scoperta può diventare oggetto di discussione per argomenti molto, molto più seri e sapete bene che ve ne sono millanta, dal preservativo in su.

Insomma Cardinale, quello del Duomo di Milano a tacco 12 è soltanto un incidente di percorso o è la prima, vera, picconata del suo mandato?
 

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