Secondo una linea di pensiero ben radicata in Mediobanca, concedere interviste ai giornali per un banchiere sarebbe inutile: perché la verità non si può dire, e le bugie non si dicono. E invece questa mattina, Alberto Nagel, l’attuale amministratore delegato di Mediobanca, ha rilasciato un’intervista a Repubblica (leggi qui). Ed è riuscito nel capolavoro di smentire e allo stesso tempo confermare la saggezza del vecchio adagio caro alla tradizione di Piazzetta di Cuccia.
La conferma è che un banchiere di relazione e potere, quale Nagel è, la verità non può dirla. Men che meno sul caso Fondiaria Sai e sullo scandaloso salvataggio orchestrato da Mediobanca. Al più, qualche mezza verità mischiata a tanto fumo. La smentita è che le interviste dei banchieri non siano utili. Quella di Nagel, invece, lo è, perché evidenzia il tentativo disperato di trovare una sponda politica, mandando messaggi trasversali, e cercando di accreditarsi come interlocutore del mondo finanziario presso il governo dei tecnici di Mario Monti o presso quella parte politica che, nei calcoli del banchiere, erediterà il testimone da Monti. La stessa parte politica a cui viene ritenuta vicino Unipol, il gruppo controllato dalle Coop, che Nagel ha prescelto per gestire l’operazione di salvataggio di Fondiaria Sai.
A tale scopo cerca di vendere un’improbabile immagine: quella delbanchiere estraneo ed ostile al cosiddetto mondo berlusconiano, con cui peraltro fa affari da anni, del manager che cerca di difendere l’autonomia della banca, quando fu proprio lui, nei momenti decisivi, a schierarsi con chi – Cesare Geronzi, i francesi guidati da Vincent Bolloré, i Ligresti – mise alla porta l’a.d. Vincenzo Maranghi nel 2003.
Con quel mondo il banchiere Nagel è sempre stato molto sensibile. Alla Fondiaria Sai dei Ligresti ha erogato 1,1 miliardi nell’arco di cinque anni, a cominciare dal 2003. «I rubinetti si sono chiusi nel 2007», afferma l’a.d. di Mediobanca. Il quale evidentemente si dimentica dei 250 milioni di “finanziamento subordinato di natura ibrida e perpetua” dati a Fondiaria-Sai il 14 luglio 2008. Come pure della partecipazione alla ristrutturazione del debito Premafin a fine 2010, o del finanziamento di 63 milioni al fondo immobiliare Tikal gestito dalla Sai Investimenti. Per completare il quadro, non va dimenticata la presenza di Jonella Ligresti nel comitato per le remunerazioni di Mediobanca, che ha avallato compensi milionari mai visti in Piazzetta Cuccia.
L’affresco della guerra di potere per bande è una narrazione molto affascinante ma fra Nagel, che si definisce “innovatore”, e quella che lui definisce come “restauratori”, a cominciare dal fantasma di Cesare Geronzi, non c’è grande differenza. Il metodo del potere è lo stesso. Soprattutto, la narrazione della guerra di potere conferma che dentro quella logica Nagel pensa e si muove.
Se invece si guardano i fatti concreti, di innovativo in quel che Nagel ha fatto non c’è nulla. Anzi c’è il peggio del passato che lui dice di volere contestare. Le lotte di potere. Gli accordi segreti “per presa conoscenza”. Anche a mettere da parte per un attimo la questione del “papello” fra Nagel e don Salvatore Ligresti, per la quale entrambi sono indagati per ostacolo all’attività delle autorità di vigilanza, resta la questione di fondo: la colossale distruzione di risparmio che è stata realizzata da Nagel con il progetto Uni-FonSai.
Allo scandalo del sostegno bancario alla gestione Ligresti della Fondiaria, in modo da tappare i buchi patrimoniali della compagnia, si aggiunge lo scandalo dell’operazione cosiddetta di salvataggio. Basta un solo numero: oggi FonSai capitalizza 880 milioni (senza considerare le azioni di risparmio). Meno dei 916 milioni entrati in cassa con l’ultimo aumento di capitale. Il valore della società pre-aumento è stato più che azzerato. Come se, prima dell’ultimo aumento, FonSai avesse un valore negativo di40 milioni. Questa è la «banca d’affari che ragiona in ottica di mercato», con la compiacenza delle autorità di controllo che dovrebbero tutelare gli investitori.
Twitter: @lorenzodilena