Mi consentoIgnorare le firme del Fatto quotidiano non serve a nessuno

Ignorare le firme del Fatto quotidiano non serve a nessuno


Settantamila firme non sono tantissime
, ma il punto non è il numero delle firme. Sui numeri, e sul loro significato, ci si accapiglia da sempre. Le adesioni raccolte dal sito del Fatto quotidiano per incoraggiare i magistrati di Palermo ad andare avanti nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia hanno un altro risvolto che forse dovrebbe stare a cuore alle nostre istituzioni. D’accordo, è solo una campagna giornalistica, montata col solo pretesto di mettere in difficoltà il Quirinale. Anche discutere su questo punto lascia il tempo che trova. Il punto è che ancora una volta si sta creando una pericolosa frattura tra il cosiddetto Paese reale e i palazzi. E stavolta la questione è resa ancora più delicata proprio dal ruolo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. 

Sul tema abbiamo intervistato lo storico della politica Giorgio Galli, che ha rilasciato dichiarazioni ragionevoli ma anche tremende. In buona sostanza, ha difeso l’operato dei magistrati di Palermo e la campagna del Fatto quotidiano – pur sottolineandone i toni eccessivi – e allo stesso tempo ha in qualche modo manifestato comprensione per il silenzio degli alri media. Offrendo una spiegazione tanto agghiacciante quanto ragionevole: l’Italia non reggerebbe la verità su quegli anni. 

A giudicare da quanti hanno letto l’intervista, ne deduciamo che la tesi di Galli non sia così estranea agli italiani. Sarà sicuramente vero il passaggio sui toni esagerati utilizzati dal Fatto quotidiano, ma forse un segnale dalle più alte istituzioni del Paese in questo momento sarebbe importante. Fermerebbe o quantomeno riporterebbe in un alveo di ragionevolezza una discussione che altrimenti rischia di dividere ancora una volta il Paese in guelfi e ghibellini. E questo può avvenire sul calcio, ma non certo sulla liceità della magistratura di indagare, sia pure su un tema così delicato.

Ovviamente – come ripetuto anche ieri dal portavoce Pasquale Cascella  su Twitter – mai il Quirinale ha negato tale liceità, ci mancherebbe. Eppure, nessuno dimentica le frasi di Giorgio Napolitano pochi istanti dopo la morte del consigliere giuridico Loris D’Ambrosio coinvolto nelle intercettazioni con l’ex ministro del Interno Nicola Mancino. Parole che noi qui abbiamo stigmatizzato.

La campagna del Fatto rischia di mettere ancora una volta a nudo, in maniera impietosa, la distanza tra il Paese e le istituzioni. E se fosse anche superficiale la lettura di chi vede gli italiani – quelli che firmano – in trincea per difendere i magistrati di Palermo, bisogna fare il possibile (e l’impossibile) per far sì che questa lettura non si allarghi a troppe persone. Quelle firme rischiano di diventare una valanga poi difficilmente arrestabile. E mettere la testa sotto la sabbia non ha mai aiutato nessuno. Qualcuno si muova, prima che il diventi ingestibile.

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