La spending review riaccende il nostro peggior campanilismo

La spending review riaccende il nostro peggior campanilismo

Da quando il governo Monti ha dato il via al “riordino” delle province, l’Italia non sembra più la stessa. Sono bastate due parole inglesi, spending review, per rispolverare campanilismi e vecchie diatribe (quasi) sopite nel tempo: comuni che litigano, altri che vogliono fondersi, altri ancora che chiedono la “secessione”. Così, mentre in Toscana Pisa e Livorno discutono su quale delle due città abbia i numeri per mantenere lo status di capoluogo, in Lombardia un gruppo di nove comuni chiede di passare sotto l’ombrello di un’altra provincia. E al Sud c’è anche chi sarebbe disposto a cambiare regione.

I piccoli centri mantovani di Goito, Castiglione delle Stiviere, Guidizzolo, Volta Mantovana, Cavriana, Solferino, Ponti sul Mincio, Medole e Monzambano di passare sotto la provincia di Cremona, come previsto dal decreto del governo Monti, non ne vogliono proprio sapere. Tantomeno di dare vita a una nuova “provincia del Po”, costituita dalle città di Lodi, Cremona e Mantova, o di finire sotto l’amministrazione di Pavia. L’obiettivo è quello di diventare bresciani. Il motivo? Maggiori affinità territoriali, storico-culturali, economiche e turistiche, rispondono.

Così i sindaci dei nove comuni si sono messi a spulciare il testo redatto dal governo dei Professori. E a perorare la loro causa è arrivato l’emendamento del Partito democratico approvato sabato scorso in commissione Bilancio del Senato: «Le ipotesi e le proposte di riordino tengono conto delle eventuali iniziative comunali volte a modificare le circoscrizioni provinciali esistenti». Proprio quello che volevano sentirsi dire. Così, come racconta il Corriere di Brescia, l’assessore ai Servizi sociali del Comune di Goito, Mario Cancellieri, ha scritto al capo di Gabinetto del ministro della Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi, chiedendo se la provincia di Brescia possa modificare i suoi confini. E un’altra richiesta è stata inviata al consiglio delle Autonomie locali della Lombardia, a cui spetta il compito di dover proporre al governo una «ipotesi di riordino» delle province entro sessanta giorni.

L’idea sembra piacere a molti, tanto che anche altri comuni starebbero pensando di dichiarare la loro secessione e di passare con Brescia. «Mi sono arrivati input da cittadini e aziende», ha spiegato Alessandro Novellini, sindaco di Castiglione delle Stiviere alla Gazzetta di Mantova. E il presidente della provincia bresciana, Daniele Molgora, ha fatto sapere che le porte sono aperte a chi voglia essere annesso al suo territorio.

Dall’altra parte della barricata, a Mantova, mancano invece poco più di 150 km quadrati per soddisfare i parametri richiesti dal governo (2.500 chilometri quadrati) e confermarsi come provincia. Tanto che c’è chi, nella città dei Gonzaga, ha già pensato di creare una grande provincia lombarda del Sud Est, accorpando altri comuni bresciani e cremonesi. Ma non sono contenti neanche a Lodi e Cremona. E il leghista Andrea Gibelli, vicepresidente della Regione Lombardia, ha lanciato la proposta provocatoria di creare «la provincia di Pizzighettone», comune esattamente a metà strada tra le due città.

E se in Lombardia si chiede la secessione – mentre in consiglio regionale è stata approvata una mozione che invita la giunta di Roberto Formigoni a «valutare se esistono i presupposti per avanzare un ricorso costituzionale» contro l’accorpamento delle province – nella più tranquilla Emilia Romagna si pensa a creare invece un’unica grande “provincia dell’Emilia”. Un’area vasta con dentro Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza. Ma qualcuno ha già storto il naso.

All’accorpamento si sta pensando anche più a Sud, in Basilicata, dove dovrebbe restare in piedi la sola provincia di Potenza. Ecco perché il presidente della provincia di Matera, Franco Stella, ha già annunciato battaglia, puntando sull’allargamento territoriale per poter arrivare ai 350 mila abitanti necessari a mantenere il ruolo di provincia. E addirittura ci sarebbero dei comuni delle due regioni limitrofe, Puglia e Calabria, pronti a diventare lucani. «È una strada che stiamo seguendo, qualcosa si muove», ha dichiarato Stella al Quotidiano della Basilicata, «sia per Altamura, dove ci sono già delle iniziative, sia per altri comuni pugliesi e ci sono anche quelli calabresi che sono pronti a questo cambiamento».  

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