Tracciare un breve ritratto di Lorenzo Dellai, dominus incontrastato della politica trentina da oltre un ventennio, significa scrivere di un personaggio pubblico che ha fatto un pezzo di storia dell’autonomismo trentino. Mai interpretato in modo chiuso, gretto o strumentale al perseguimento di risultati politici o elettorali – come invece è accaduto di fare troppo spesso al collega altoatesino Durnwalder – l’autonomismo di Dellai ha sempre avuto una solida visione globale. Perchè il Trentino potesse essere un mondo a sé, da difendere con forza da contaminazioni esterne, ma al contempo legato alle trasformazioni impresse dalla mondializzazione.
In questa prospettiva, Dellai ha calcato da assoluto protagonista, per più di 20 anni, il palcoscenico della vita politica trentina. Di cui è stato innanzitutto un enfant prodige. Dellai emerge infatti velocemente tra i giovani della Democrazia Cristiana e viene eletto nel 1990, a soli 31 anni, sindaco di Trento. Sarà confermato alla guida della città per un secondo mandato. Poi, nel 1999, arriva il grande salto. Diviene presidente della Provincia, rieletto nel 2003 e poi, per un terzo e, a quanto pare, ultimo mandato, nel 2008.
Uomo con doti visionarie non comuni, Dellai non ha avuto competitors pure perché ha capito, prima di altri, che la strada obbligata per incrementare il benessere della comunità trentina, era quella di indirizzare in modo intelligente le politiche, prima ancora che i soldi. Verso il turismo, la ricerca, la cultura, l’internazionalizzazione delle imprese, la valorizzazione sui mercati del mondo delle eccellenze enogastronomiche del territorio.
Un mix di azioni, messe sapientemente in campo dalla Provincia guidata da Dellai, unito alla determinazione delle popolazioni trentine, spiega perchè tutti gli indicatori – dal Pil alla disoccupazione, alla quota di export, agli investimenti in cultura, così come in ricerca ed innovazione – hanno da anni il segno più. Nonostante la crisi. Si dirà, come comunemente e superficialmente viene sostenuto, che tutto ciò si deve ai tanti soldi dell’autonomia. Certo le ingenti risorse a disposizione della Provincia hanno avuto un ruolo importante, ma non decisivo nelle dinamiche di crescita economica. Perchè se al posto di Dellai ci fosse stato uno come Lombardo le cose avrebbero preso una piega diversa.
In questo lungo ventennio Dellai ha applicato alla lettera l’abc della costruzione del potere, imparato in fretta sui banchi della scuola democristiana. Ha cinicamente fatto fuori o marginalizzato i potenziali rivali. Ha sempre accentrato sulla sua persona le deleghe di maggior peso, al punto che nella giunta attuale sono addirittura 29. Ma soprattutto ha tessuto rapporti sempre più stretti con il mondo economico, cooperativo, agricolo e, naturalmente con il clero locale. Dellai ha così sviluppato nel tempo la sua smisurata ragnatela, da cui sono passate tutte le scelte politiche, nonché la grandissima parte delle nomine nelle tante realtà che compongono il sottobosco della politica trentina. Nomine che gli hanno permesso di piazzare suoi uomini di assoluta fiducia in tutti gli snodi strategici della vita politica, economica e sociale.
Ma Dellai deve le sue fortune politiche anche al fatto che in questi anni di dominio assoluto la sua provincia ha distribuito generosamente denaro a destra ed a manca. Che si trattasse di cooperative vitivinicole, di consorzi di tutela (Melinda, Trentino Doc, ad esempio), di funivie, di alberghi o di artigiani, a tutti questi Dellai non ha mai fatto mancare incentivi, sussidi, risorse a fondo perduto, soldi per compartecipare a progetti talvolta campati in aria.
Anche sul piano più squisitamente politico, Dellai è stato protagonista. Perchè le formazioni politiche a cui ha dato vita (Civica Margherita prima e Unione per il Trentino poi) sono state il baricentro delle coalizioni risultate vittoriose nelle ultime tre tornate elettorali.
Dellai non ha mai sfruttato la possibilità, che più volte gli si è aperta, di lasciare Trento per un posto in Parlamento o addirittura al Governo. La volta buona per un suo sbarco a Roma potrebbe essere rappresentata dalle prossime elezioni politiche. Dopo aver chiarito che non si candiderà per un quarto mandato come governatore del Trentino, corteggiato come è da personaggi di spicco dell’area centrale degli opposti schieramenti, come Letta, Rutelli, Tabacci, Casini, il Principe ha solo l’imbarazzo della scelta.