Le restrizioni agli eccessi del settore finanziario, secondo quanto riporta il Fondo monetario internazionale (Fmi), potrebbero portare più ricchezza alle banche più grandi e rendere ancora più difficile lasciar fallire i maggiori prestatori del mondo. In uno studio pubblicato martedì, il Fmi ha spiegato che le regole di Basilea III – la risposta globale che i legislatori hanno dato alla crisi finanziaria – potrebbero esacerbare il problema del too-big-to-fail [troppo grandi per fallire, ndt], laddove i governi fossero obbligati a salvare le istituzioni finanziarie perché considerate talmente grandi o interconnesse, che un loro crollo potrebbe provocare uno sconvolgimento dell’intero sistema finanziario.
«I grandi gruppi bancari, grazie alle loro economie di scala, potrebbero assorbire meglio i costi della regolazione» hanno scritto gli analisti del Fmi nel capitolo dell’ultimo Global Financial Stability Report. «Risultato: potrebbero diventare ancora più importanti, rendendo alcuni mercati più concentrati».
Alcuni critici meno importanti del Fondo monetario internazionale avevano già sollevato in passato questo problema. I legislatori di Basilea hanno cercato d’indirizzare il nuovo regolamento chiedendo alle società considerate «sistemicamente importanti» di tenere più capitale delle loro rivali più piccole e meno connesse e di sviluppare il cosiddetto “living will” [una sorta di testamento, ndt] che permetterebbe di farle fallire più facilmente in caso di crisi. In ogni caso, il Fondo è preoccupato che le banche con cospicue attività in redditi fissi, valute e, in particolare, nei mercati di commodity, possano diventare ancora più dominanti. Citigroup, uno dei prestatori più grandi degli Stati Uniti, ha dichiarato, all’inizio del mese, che stava dando avvio a un’attività di scambi finanziari in commodity per trarre vantaggio dalla ritirata dai mercati dei prestatori europei (tra cui Bnp Paribas).
Il Fmi ha avvertito che le nuove regole stanno spingendo verso lo sviluppo di nuovi prodotti che eludono la nuova impalcatura legale. C’era anche un’«alta probabilità» che il sistema si spingesse verso attività più rischiose nelle zone meno regolate del sistema finanziario.
«Con una situazione meno regolata delle società non bancarie e con una supervisione meno intrusiva, potrebbero emergere nuovi rischi sistemici» afferma il report. Il Financial Stability Board deve riferire entro l’anno come gestire al meglio la questione sul sistema delle banche-ombra.
Il Fmi ha avvertito che il sistema finanziario globale era ancora fragile quattro anni dopo il fallimento di Lehman Brothers (settembre 2008). Le riforme, inclusa Basilea III, stanno “in qualche modo” spingendo il sistema finanziario nella giusta direzione, ma non sono ancora stati fatti sufficienti progressi.
«Nonostante i miglioramenti in diversi aspetti, e in diverse economie, la struttura d’intermediazione rimane largamente invariata» si legge dal report. «I sistemi finanziari sono ancora troppo complessi, le risorse bancarie sono concentrate, con connessioni molto forti sui sistemi interbancari domestici, e la questione del too-big-to-fail è ancora irrisolta».
Il Fondo ha ammesso che la situazione era quella, in parte, perché in molti paesi le riforme stavano solamente cominciando a radicarsi e perché i progressi erano stati rallentati a causa della continua necessità di sostegno del sistema finanziario da parte dei governi.
Il Fmi ha elogiato Basilea III perché ha chiesto alle banche di tenere una maggiore quantità e una migliore qualità di capitale e ha dichiarato che questa decisione sosterrà la crescita e renderà la produttività meno instabile.
Il report ha avvertito che la richiesta di maggiore capitale potrebbe ostacolare la crescita, ma solo nel caso in cui “il cuscinetto di capitale” dovesse superare un livello del 25% degli attivi – più di tre volte il 7% richiesto nel core-tier I di Basilea III.
Per leggere lo studio del Fondo Monetario Internazionale, clicca qui