La tensione tra il governo Monti e le province autonome di Bolzano e Trento continua ad essere alta. Oggetto del contendere è il contributo che le due province dovranno garantire nel processo di spending review. Linkiesta ha parlato con Luis Durnwalder, 71 anni, uomo forte della politica altoatesina, da ventitre anni presidente della provincia autonoma di Bolzano. Che ribadisce di essere pronto a dare più di quanto ha già messo sul piatto. A condizione che Monti rispetti la specificità delle due province, convincendosi innanzitutto che il quantum deve essere oggetto di intesa e che saranno poi i due territori a decidere dove tagliare. In un dialogo che intreccia aspetti politici con la sfera personale, Luis Durnwalder, chiarisce due concetti: che non c’è spazio per richiami oltranzisti e che nel 2013 si ritirerà a vita privata, per godersi un po’ di paradiso anche su questo mondo.
Presidente, cos’è che alimenta la tensione nella trattativa con il governo sulla spending review?
Una scarsa considerazione delle nostra specificità, innanzitutto. Vale la pena ricordare che nel 2009, a Milano, è stato siglato un accordo relativo al sistema di finanziamento delle province autonome di Bolzano e Trento. L’intesa non prevede la possibilità di modifiche unilaterali. E poi vi è da considerare che, al fine di contribuire al processo di riduzione strutturale della spesa pubblica intrapreso dal governo, ogni provincia ha già rinunciato all’incasso di tasse, imposte ed altre voci minori per 500 milioni. Complessivamente Trento e Bolzano hanno quindi messo sul piatto un miliardo di euro.
Questo però pare non basti al premier Monti
Esatto. Il governo, ragionando sul presupposto che le due province non hanno debito, pretende di più. Da parte nostra c’è certo disponibilità a dare di più, ma è iniquo, oltreché sgradevole, che il governo non abbia il coraggio di porsi negli stessi termini nei confronti di altre autonomie, come ad esempio la Sicilia e la Sardegna e che, dimenticando quanto previsto dallo stesso dettato costituzionale, ci tratti alla stregua delle province ordinarie.
E quindi come se ne esce?
La soluzione è di attenersi a quanto stabilito nell’accordo di Milano: va cioè fissato di intesa il quantum dell’ulteriore taglio, ma poi saremo noi a decidere dove intervenire. Perché è inaccettabile che il governo, senza consultarci e in spregio del rango costituzionale della nostra autonomia, pretenda, attraverso l’emanazione di una serie di decreti, di dettare legge, dicendo quanto tagliare, dove tagliare e di quale percentuale.
Insomma è una questione innanzitutto di rispetto istituzionale
Certo. Noi chiediamo che le nostre prerogative non siano calpestate. Non abbiamo mai detto di volerci sottrarre al risanamento dei conti pubblici. Dove tagliare però, lo ripeto, lo decidiamo noi. Perché è troppo facile partire dai freddi numeri e dire, ad esempio, che i costi medi della sanità in Alto Adige sono superiori alla media nazionale. Discutiamo anche del livello di qualità. Che qui sia decisamente più alta della media, è fuori discussione…qui i degenti non si devono mica portare i medicinali, le siringhe o addirittura la carta igienica da casa! Pensi che, pur a fronte di un livello qualitativo più basso, i nostri costi sono di molto inferiori a quelli di Germania e Austria.
Capisco, ma su un bilancio di 5,1 miliardi, che contempla un costo non indifferente per circa 20 mila dipendenti (sui 41 mila totali) ci saranno pure spazi per risparmiare?
Ci sono certamente margini di intervento. In tale ottica siamo pronti a mettere in campo un piano organico di interventi che prevede di ridurre il personale – quello sul quale possiamo intervenire, ossia i dipendenti della Provincia, della scuola, della sanità – di 550 unità (3%), il costo per le trasferte del 20 %, i contributi mensa, le indennità di politici ed amministratori così come il fondo di rappresentanza del Presidente della Giunta e degli assessori del 20 per cento. Tutto ciò porterebbe ad un risparmio annuo di circa 30 milioni di euro.
Il suo approccio ed i suoi toni sembrano lontani anni luce dalla prima pagina del settimanale altotesino FF di alcune settimane fa: ha ancora senso evocare lo slogan “los von Rom”?
Non ha senso. Ci rendiamo conto che in Italia, analogamente a quanto accade negli altri paesi europei, è in atto un delicato e decisivo percorso di risanamento della finanza pubblica. Confermo: non saremo certo noi a defilarci, evocando lo spauracchio dell’annessione all’Austria o minacciando la costituzione di uno stato sovrano, come la nostra opposizione vorrebbe.
…Una opposizione oltranzista, che lei stesso ha contribuito a marginalizzare ma che dalle tensioni con Roma rischia di trarre nuova linfa
Guardi, noi abbiamo una destra, all’interno della nostra popolazione, rappresentata da tre partiti minoritari, che reclamano, chi l’autodeterminazione, chi la necessità di dare vita ad uno stato sovrano. A questi rispondo: ma signori, nessuno ha mai firmato un accordo internazionale che mette in condizione il Sud Tirolo di costituire uno stato o di esercitare un supposto diritto all’autodeterminazione! Possiamo esercitare, fino in fondo, anche nella discussione con il governo Monti, le prerogative dettate dall’autonomia riconosciutoci costituzionalmente. Ma all’interno dello Stato Italiano.
Su questo mi pare che le parole pronunciate qualche giorno fa a Merano dal presidente Napolitano e dal presidente austriaco Heinz Fischer sono state incoraggianti
Sia Giorgio Napolitano che Heinz Fischer hanno espresso parole chiare e forti a difesa della nostra specificità, perché hanno compreso come noi non desideriamo altro che il rispetto della nostra autonomia, al fine di evitarne lo svuotamento. A Monti chiedo il riconoscimento del valore costituzionale della nostra autonomia.
Ho l’impressione che voi stiate pagando l’idea, a più riprese sostenuta dalle colonne di importanti quotidiani nazionali, secondo cui l’autonomia sarebbe sinonimo di assistenzialismo
Sgombriamo il campo da un grande equivoco: noi non prendiamo solo soldi, non esercitiamo solo competenze, come taluno va dicendo e scrive. Noi amministriamo e paghiamo per queste competenze. Mentre nel Veneto, dove Zaia non passa giorno che apra il fuoco contro il governo, è lo Stato che paga le strade, gli insegnanti, parte dei costi della sanità, l’edilizia scolastica, il trasporto pubblico, l’università, qui in Sud Tirolo siamo noi a governare su questi ed altri ambiti ed a pagare per essi. Questo è esercizio dell’autonomia. Significherà pur qualcosa se abbiamo creato le condizioni perché qui ci fosse quasi piena occupazione, un’economia florida ed in leggera crescita nonostante la crisi, servizi pubblici di altissima qualità erogati. Credo che tutto ciò non abbia a che fare con sprechi o assistenzialismo visti invece in altri territori, come ad esempio la Sicilia, e sia invece prova di una certa efficacia ed efficienza!
Siete così efficienti che avete lanciato la sfida al governo sulle residue competenze esercitate dallo Stato
Ci siamo proposti per amministrare difesa, giustizia, polizia, finanze ed immigrazione e far risparmiare 120 milioni all’anno allo Stato. Oggi quest’ultimo incassa, attraverso il meccanismo di riparto delle entrate fiscali (9/10 al Sud Tirolo e 1/10 a Roma) 380 milioni di euro, ma per gestire i suddetti ambiti, ne spende 500. Noi abbiamo detto al premier Monti: siamo pronti a farci carico delle residue competenze statali a fronte del trasferimento alla Provincia del 100 per cento delle entrate fiscali riscosse sul nostro territorio.
Torniamo all’autonomia, che ha appena compiuto 40 anni. Se Silvius Magnago è stato il padre del pacchetto, lei è stato l’indiscusso artefice della sua attuazione: c’è qualcosa che si rimprovera?
Il tempo perduto in polemiche e battaglie che avrei voluto evitare volentieri. Questo avrebbe permesso di fare molte cose con tempi decisamente più ristretti. Dall’aeroporto, all’università trilingue, ad opere infrastrutturali come la superstrada Bolzano – Merano o le circonvallazioni, al teatro di Bolzano, è stata una “guerra” andata avanti per anni. Poi rimane il rammarico di non essere ancora riusciti a regolare in modo definitivo la toponomastica. Ciò a causa della presenza delle due destre – una italiana e una tedesca – che hanno impedito di affrontare con buon senso la materia.
L’autonomia ha portato con sé anche un progressivo processo di integrazione tra l’etnia italiana e quella tedesca: si giustificano ancora misure come la proporzionale etnica e scuole distinte per italiani e tedeschi?
Ho vissuto in prima linea gli ultimi 43 anni di vita politica altoatesina. Devo dire che effettivamente non c’è paragone tra il clima degli anni ’60 e ’70 e quello attuale. Allora la tensione e la contrapposizione tra le etnie sfioravano l’odio. Oggi abbiamo una coesione sociale ed interetnica notevole, purtroppo talvolta disturbata da politici che, da parte tedesca e da parte italiana, vogliono disconoscere strumentalmente la realtà dei fatti e i progressi fatti. È vero che ci sono scuole distinte ma tutti i genitori, indipendentemente dall’etnia, possono fare frequentare ai propri figli la scuola ritenuta migliore e più utile per la loro educazione.
E sulla proporzionale?
Io credo che la proporzionale abbia ragione di esistere, anche oggi, nonostante il rischio di discriminazione delle minoranze sia ormai remoto. Va poi detto che, dopo gli aspri litigi sulle percentuali, oggi la proporzionale viene applicata con buon senso e maggiore flessibilità. Credo che questa sia la strada giusta, che è poi quella del pragmatismo.
Lei ha detto che nel 2013 si ritirerà a vita privata: conferma la decisione?
Mi guardo allo specchio, vedo avanzare inesorabile l’età e penso al fatto che mi rimarranno ancora 10-15 anni di vita. Ammetto che, pur essendo credente e confidando dunque nell’esistenza di una vita ultraterrena, preferisco godermi un po’ di paradiso anche su questo mondo. Per questo credo sia la scelta giusta quella di ritirarmi a vita privata, per dedicarmi alla famiglia, ad una figlia di appena tre anni, agli affetti.