Il segretario alla difesa statunitense Leon Panetta ha chiesto «calma e moderazione» in mezzo alle aspre dispute cino-giapponesi sulla catena di isole nel Mare Orientale Cinese, preoccupato che le tensioni possano sfociare in un conflitto regionale che coinvolgerebbero gli Stati Uniti.
In un discorso tenuto a Tokyo, Panetta ha dichiarato che gli Stati Uniti non prenderanno le parti tra le rivendicazioni degli stati in competizione. Ma ha fatto presente che Washington si aspetta una soluzione pacifica alla spirale di conflitti causata dall’isola controllata dai giapponesi, Senkaku, rivendicata da Cina e Taiwan.
«È nell’interesse di tutti – di tutti – per Cina e Giappone» ha dichiarato Panetta alla prima tappa di un tour di una settimana in Asia, «mantenere buoni rapporti per cercare un modo di evitare un’escalation più violenta».
Il segretario Panetta, affiancato dal ministro della difesa giapponese Satoshi Morimoto, ha aggiunto ieri che entrambi erano d’accordo sulla necessità di posizionare un secondo radar per missili anti-balistici contro un possibile attacco dalla Nord-Corea, spiegando che la mossa non doveva irritare Pechino.
«Abbiamo presentato le nostre preoccupazioni in modo molto chiaro ai cinesi – che la Nord Corea e l’uso di questi missili balistici è una minaccia alla nostra sicurezza» ha dichiarato. «Inoltre, abbiamo messo in chiaro che faremo passi avanti per proteggere gli Stati Uniti e i suoi alleati».
Panetta è arrivato ieri a Pechino per i colloqui. Passerà tre giorni in Cina e si prevede che domani si incontri con Xi Jinping, il vice-presidente cinese, apparso in pubblico questo week-end per la prima volta dopo due settimane.
La Cina ha avuto sei giorni di dimostrazioni anti-giapponesi cominciate quando il Giappone ha dichiarato di aver comprato da privati l’isola di Sensaku – Diaoyu in cinese – per metterla sotto il controllo dello Stato. Venerdì, sei navi cinesi sono entrate in acque giapponesi intorno all’isola, una mossa condannata da Tokyo.
L’agenzia giornalistica Kyodo ha rivelato che Panasonic, la compagnia giapponese di elettronica al consumo, ha sospeso la produzione nella sua fabbrica di Qingdao dopo che dieci dei suoi impiegati «hanno dato avvio ad agitazioni gridando slogan anti-giapponesi». Un portavoce della Panasonic in Cina ha detto al Financial Times che la compagnia non ha ancora deciso quando verrà riavviata la produzione. Canon ha dichiarato di aver fermato la produzione in tre delle quattro fabbriche cinesi per proteggere i suoi lavoratori.
Il terzo viaggio in Asia del capo del Pentagono Panetta arriva a seguito di dispute territoriali della Cina non solo contro il Giappone, principale alleato degli Stati Uniti in Asia, ma anche con le Filippine.
Le tensioni regionali sono aumentate quando gli Stati Uniti hanno annunciato i piani per lo spostamento della propria forza navale dall’Atlantico al Pacifico da un 50/50 di divisione delle risorse fino a un 60/40 entro il 2020. I funzionari del Pentagono hanno descritto questa mossa come uno sforzo per concentrare maggiormente le proprie forze su una regione dove la crescente influenza economica e militare sta causando attriti con i vicini.
La Cina e le Filippine sono in stallo da aprile sul Reef di Scarborough, nel Mar Cinese Meridionale, isole su cui pendono le pretese di entrambi i paesi.
Un sistema di radar missilistico sarà posizionato da qualche parte nel sud del Giappone, aggiungendosi al già esistente radar X-band situato a Shariki, nel nord dell’isola di Honshu. Un funzionario statunitense ha insistito sul fatto che la decisione di espandere le capacità delle difese missilistiche fosse una risposta all’«aggressione nord-coreana». Oltre ad aver aumentato l’arsenale di missili balistici, il Nord-Corea, in aprile, ha testato, fallendo, missili a lungo raggio.
Comunque in Cina crescono i sospetti che il vero obiettivo del nuovo radar siano i suoi investimenti pesanti in nuovi missili e la creazione di un deterrente nucleare.
«Le accresciute capacità anti-missilistiche sviluppate dagli Stati Uniti sono, così pare, finalizzate ad opporsi alla capacità di Pechino di limitare l’influenza del potere statunitense sulla Cina» ha detto Li Bin, un esperto cinese sulle questioni nucleari che lavora ora presso il Carnegie Endowment.