Giovani francesi, questa non è un’incitazione all’evasione fiscale ma all’evasione punto e basta. Come si dice nel Maghreb e nei quartieri francesi più disagiati, i vostri vecchi vi prendono per degli asini senza orecchie («khmar bla ouinedine»). I loro bei discorsi maldestri nascondono sempre più una verità molto imbarazzante: vivete in una gerontocrazia, ultra-centralizzata e sclerotizzata, che ogni giorno deperisce un po’ di più.
Come qualificare altrimenti, nel 2012, una società dove le élite composte da qualche migliaio di persone, in cui l’età media oscilla intorno ai 60 anni, decidono più o meno tutto?
Come qualificare altrimenti un sistema che, adesso dopo trent’anni, si adatta al fatto che praticamente un giovane su quattro è disoccupato (in qualche quartiere di cui si scriveva prima, diventano uno su due) e che è ancora riluttante a concedere responsabilità esecutive a chi ha meno di quaranta, facciamo cinquanta, anni? Dovete saperlo. Una società che tratta la sua giovinezza così è una società in declino. Destra o sinistra, politica di rigore o di rilancio, la sola preoccupazione dei nostri giorni è sapere se l’anno prossimo avremo una crescita del Pil dello 0,5% o dell’1% e se il tasso di disoccupazione sarà al di sotto del 10% – e queste cifre, già terribili, si aggraveranno negli anni seguenti, siatene certi.
Il re è nudo e la triste realtà è questa: in questa parte del mondo, per la prima volta dopo tanto tempo, una generazione di meno, la vostra, vivrà, voi già lo intuivate, peggio della precedente. Senza offesa per qualcuno, questo dato fondamentale non è frutto di un complotto ordito dai ricchi e i potenti del pianeta, prede di lotte di potere e di ego che li tengono ben occupati tra loro.
Al di là degli choc che colpiscono il pianeta, un grande riequilibrio è all’opera: per la prima volta dopo cinquecento anni, gli uomini bianchi di questa epoca, nati nell’Europa dell’Ovest e in America del Nord, non decidono da soli i destini del mondo – e sarà sempre di meno così. Basta osservare qualche minuto, passare qualche giorno a Istanbul, Djakarta, Mumbai o San Paolo per prenderne coscienza. E qualche minuto in più per realizzare che questa non è che giustizia. E che, troppo sovente, quelli che in Francia pretendono di difendere gli interessi delle classi popolari, lo fanno senza un solo pensiero per i 3 miliardi di esseri umani che vivono con 2 dollari al giorno o meno… Che, se questo progressismo è ancora un umanismo, è illogico nel migliore dei casi, niente meno che immorale nel peggiore.
I vostri vecchi, cresciuti nella Francia dei Trent’anni Gloriosi, hanno conosciuto un’epoca d’oro. Oggi è il turno dei Brasiliani, dei Cinesi, dei Senegalesi e dei Colombiani, ognuno, ovviamente, con i suoi problemi e le sue sfide, ma uniti tutti in questa fede nel futuro che caratterizza le potenze in divenire.
Giovani di Francia, svignatevela, se non per voi, fatelo per i vostri figli. La vostra salvezza è all’estero. Non per fuggire, lasciando un paese con tetre prospettive economiche, ma per dissetarvi e reinventarvi per ritornare ricchi di nuove esperienze, impregnati della creatività e dell’entusiasmo che fioriscono oggi ai quattro angoli del mondo, dopo incontri che cambieranno voi ancor prima del vostro paese.
Non esitate più, scegliete una meta dove il mondo si sta trasformando, là, subito, che sia Tbilissi – dove il ministro dell’Economia, il capo della polizia nazionale e il consigliere unico del Presidente sono appena trentenni – il Cairo, Shanghai, il Messico o Santiago… Svignatevela perché nulla vale l’ebbrezza che viene con la conoscenza che il viaggiatore ha del mondo e dell’altro: partire, è scoprire che non si pensa, non si lavora, non si parla nello stesso modo a Parigi, Guangzhou o al Capo.
Più prosaicamente, svignatevela per migliorare il tenore della vostra vita. Perché se non guadagnerete automaticamente più soldi (ri)avviando la vostra carriera all’estero, la probabilità che dopo qualche anno il tenore di vita cresca sensibilmente è statisticamente superiore a quanto avverrebbe restando impantanati in Francia (questo vale allo stesso modo per apprendisti ristoratori, parrucchieri, guidatori così come per banchieri).
Partite, ritornate, ripartite ancora, ritornate di nuovo. Una virtù fondamentale delle vostre peregrinazioni sarà, alla fine, riconciliare la Francia, forte della vostra esperienza, con la realtà del mondo che la circonda. Troppo sovente il nostro paese si chiude su se stesso, la topografia del dibattito pubblico è caratterizzata da una curiosa forma di scizofrenia in cui i grandi cambiamenti planetari danno vita a piccoli e violenti dibattiti. La spaccatura sempre più profonda tra la situazione reale del paese e i propositi di chi lo governa non sarà mai colmato se non da voi, voi che, a forza di viaggi, incontri e scoperte, potrete far uscire la Francia dell’abbruttimento partorito dall’autarchia intellettuale mai cambiata da almeno trent’anni.
Giovani dell’Esagono [un modo per chiamare la Francia, ndt], non è solo il vostro paese di nascita ad appartenervi, ma il mondo nella sua interezza. Fatevi violenza se necessario, ma prendetene possesso. Ne va del vostro avvenire. E di quello della Francia.
*Fondatore di Dîners de l’Atlantique e Submerging Times Dinners
**Rapper, autore, membro del gruppo Scred Connexion
***Giornalista
Pubblicato su Liberation del 3 settembre
(Traduzione a cura di Alessio Mazzucco)