E la Juve scoprì le gioie e i dolori di una partecipazione alla Champions League. Contro la Fiorentina, nel caldissimo anticipo del martedì sera, i bianconeri si sono trovati costretti ad affrontare il turn over, guadagnandoci un punto ma perdendoci in brillantezza. Una partita che per i ragazzi del tandem Carrera-Conte ha mostrato luci ed ombre. Le prime sono date dall’ennesimo appuntamento mancato con la sconfitta: salgono a 42 di fila le partite utili in campionato senza perdere. E contro questa Fiorentina, è già una notizia. Le ombre riguardano alcune scelte tattiche, legate come detto al ricambio di certi giocatori. Non ha convinto la scelta di Emanuele Giaccherini nel ruolo di vice-Marchisio. Dopo l’ottima prova sfoderata dall’ex cesenate contro il Chievo, al ‘Franchi’ il numero 24 bianconero è apparso meno incisivo di quanto ci si potesse aspettare. Ma il problema più grosso resta là davanti. La Juventus pare soffrire di un complesso che potremmo definire ‘umoralità delle punte’: se Vucinic e il redivivo Quagliarella non sono in giornata, così come Giovinco, è dura vincere.
Grossi meriti vanno anche alla Fiorentina. Vincenzo Montella ha saputo rivitalizzare un ambiente depresso dopo un’ultima stagione fatta più che altro di disastri tattici e umani (vedi il caso Rossi-Ljajic). L’ex attaccante della Roma ha messo in campo l’unica squadra che fino ad ora è riuscita a mettere in seria difficoltà i campioni d’Italia. E lo ha fatto con una partita tatticamente ineccepibile, arricchendo il centrocampo di frombolieri come Quadrado, Roncaglia (una piacevolissima scoperta) e Jovetic in grado di schiacciare la Juve senza farla ragionare più di tanto. Basti solo pensare che altri due centrali viola come Borja Valero e Pizarro sono i due giocatori della serie A che hanno effettuato più passaggi (rispettivamente 375 e 345; inoltre lo spagnolo ha anche già fatto 2 assist). E così si spiegano anche le statistiche della partita. Per la prima volta in questo campionato, la Juventus ha avuto meno possesso palla degli avversari (48% contro il 52% dei viola). I bianconeri hanno anche giocato meno palloni (632 a 654) e avuto meno occasioni (7 contro 12). Quest’ultimo dato però accomuna entrambe le squadre: anche la Fiorentina si è mangiata alcune occasioni clamorose e là davanti l’assenza di uno come El Hamdaoui, o comunque di una prima punta con il senso del gol, si è fatta sentire. Anche perché i 2095 passaggi utili totalizzati dai viola dovranno pur servire a qualcosa.
Talvolta i numeri della partita non spiegano molto, talvolta sono tutto o quasi. I match di Inter e Milan ne sono l’esempio. Cominciamo dai nerazzurri. A Verona, dopo 11 minuti, se le statistiche fossero punti l’Inter sarebbe già in svantaggio: 2 tiri a 0 nello specchio della porta e 56% di possesso palla per il Chievo pratico (e provinciale…) di Mimmo Di Carlo. La difesa a tre scelta da Stramaccioni, mai vista in questo campionato, crea ancora più confusione: Juan Jesus non sembra ancora maturo per una squadra bisognosa ora di esperienza come l’Inter e la tutta la squadra, non abituata al modulo, in fase di non possesso palla si ammassa a coprire. Ne risente anche l’allineamento del pacchetto arretrato: vedere per credere un Pellissier lasciato tutto solo davanti ad Handanovic al 21’ del primo tempo Poi, l’Inter passa in vantaggio. Ma è un gol del tutto casuale, simbolo della situazione attuale nerazzurra. Nagatomo ha la palla tra i piedi e nell’indecisione la spara in mezzo con un tiro-cross, Pereira è sulla traiettoria e la devia in sospetto fuorigioco. E come ogni provinciale che si rispetti (che Stramaccioni ne voglia o meno), l’Inter trova la svolta, aumentando il possesso palla (stavolta il 56% è suo) e affidandosi ai senatori Cambiasso e Zanetti per tappare i buchi. Il 2-0 di Cassano, al terzo centro stagionale, è invece un bel segnale, vista la giocata che lo ha portato al gol.
Il Milan contro il Cagliari commette 22 falli a 12, subisce 14 tiri contro i 7 fatti, vince 2 gol a 0. La differenza la fa di certo El Shaarawy, uno dei talenti più cristallini del nostro calcio. Per il resto, c’è molto da rivedere. I rossoneri, oltre ad aver tirato complessivamente meno nello specchio della porta, hanno giocato anche meno palloni (558 a 567), complice un centrocampo infarcito di muscoli ma apparso inadeguato anche nei fondamentali. De Jong è ancora lento e sovrappeso e Traorè un mistero, nel senso che è un mistero perché il Milan lo abbia comprato, visto che in un paio di occasioni sbaglia gli appoggi più elementari. E poi Montolivo. San Siro ha cominciato a mugugnare verso l’ex viola, quando Tassotti lo ha fatto uscire dal campo. I suoi soli 132 passaggi avanti in tutto il campionato (il solo Borja Valero ne ha fatti 100 in più in 5 giornate) dicono tanto.
Il nuovo modulo milanista, il 4-3-3, ha comunque portato i risultati sperati e si inserisce in un contesto calcistico nel quale questo schema vede la propria affermazione. Oltre ai rossoneri, ieri sera sono scesi in campo con questo modulo il Catania (2-1 all’Atalanta), la Roma e la Samp che hanno pareggiato 1-1 e il Torino (0-0 con l’Udinese). Segno che il calcio italiano sta cambiando, che è ancora desideroso di sperimentare e di non sottrarsi al gioco in attacco. Anche se in questo il vero maestro è Walter Mazzarri, che con il suo 3-5-2 spazza via la rivelazione Lazio. La squadra esprime potenza, equilibrio e dominio del campo. I numeri parlano chiaro: Hamsik è il re degli assist (3 in tutto), 9 tiri nello specchio di Cavani di cui 5 trasformati in gol, 11 gol totali degli azzurri (quanti la Juve, entrambe sono prime in questa classifica), 16 i contrasti vinti da Campagnaro e Behrami (terzi in questa speciale classifica dietro Kucka e Asamoah). Il calcio non sarà una scienza esatta, ma al momento classifica e statistiche lo confermano: è il Napoli l’unica vera antagonista della Juve.