Moratti e Berlusconi, il declino di una certa Milano

Moratti e Berlusconi, il declino di una certa Milano

La tragedia di due uomini ormai calcisticamente marginali come Massimo Moratti e Silvio Berlusconi ha la sua sintesi perfetta in una domenica di fine settembre, che si impegna plasticamente a restituircene l’inevitabile consunzione sportiva (e forse non solo). Finisce anche un’epoca tutta milanese, in cui una certa borghesia, rappresentata da una parte da una potente e antica famiglia di petrolieri e, dall’altra, dai nuovi ricchi che elessero il Cavaliere a loro portabandiera, mostra la corda di fronte alla modernità di uno sport difficile come il calcio nelle pesti economiche. Che i due ricconi non riescono più a interpretare, dovendo scontare la difficoltà di reinterpretarsi poveri e sulla nuova povertà cadere pesantemente e anche nei modi ridicoli che abbiamo sotto gli occhi (ma che allenatore scegliete, che giocatori comprate, di quali dirigenti vi circondate, che progetto di “nuova” società avete?).

Ci sono altri ricchi a Milano, che possano prendersi sulle spalle un’eredità di queste proporzioni, ci sono imprenditori disposti al rischio di una pernacchia, ci sono appassionati di sport in grado di capire che bisogna ripartire dal basso, con fatica, disciplina e professionalità? Nessuno appare all’orizzonte e probabilmente nessuno ha intenzione di proporsi, per esempio, per un dopo Berlusconi, chè il paragone con il ventennio fantasmagorico dell’autorevole predecessore peserebbe troppo anche sugli animi già provati dei tifosi. Forse, un attimo più semplice, può sembrare il destino di chi sfiderà la sorte succedendo a Moratti, per una decina d’anni buoni uno dei presidenti meno avveduti del pianeta. Godrà di un bonus iniziale, ma poi l’Inter richiederà la solidità che merita.

Ma forse è proprio Milano che non ha più molto da dare, da offrire, alla società sportiva. E sono ormai al capolinea tutte quelle famiglie che un tempo pensarono al calcio come un opportuno volano di immagine, anche nel mondo degli affari. In tempo di tragedia economica, nessuno vuole più esporsi. Lo vogliamo considerare un male?

Sta di fatto che Massimo e Silvio hanno imboccato quel malinconico viale alberato che porta alla pensione.  

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