Cosa c’era di così sbagliato in quel che Mitt Romney ha detto a proposito del Cairo e di Bengasi – e in quello che sta continuando a dire?
Giovedì pomeriggio, una folla si è nuovamente radunata intorno all’ambasciata Usa dello Yemen, un ulteriore sollecito a non considerarla con semplicità una domanda astratta. Non c’è nessun divieto di criticare, in questi momenti, il governo di qualcuno – e non dovrebbero mai esserci – ma come candidato presidente di un partito importante, Romney è anche, per forza di cose, un osservatore politico, il leader dell’opposizione, e, in ogni caso, ha l’obbligo di trattare queste cose diversamente da un gioco. È stato impressionante vedere un uomo che vedeva «le scuse dell’America» come il fatto più grave capitato agli americani nel momento della crisi – al Presidente come agli ultimi lavoratori dell’ambasciata.
Lui ha dichiarato che il comunicato presentato dall’ambasciata del Cairo «chiedeva scusa» alle persone che la stavano attaccando, e l’ha definita una risposta «vergognosa»; davanti alle perplessità, dato che la dichiarazione in questione è stata rilasciata prima che cominciassero le violenze, lui ha detto che l’ambasciata ha sbagliato a «non far nulla». Forse avrebbero dovuto scusarsi per quello? Uno potrebbe definire questo come un chiedere scusa per aver chiesto scusa, se non per un problema: Romney non aveva neanche ragione su quello che l’ambasciata aveva detto.