Velardi: “L’errore di Renata? Fidarsi solo del gruppo Ugl…”

Velardi: “L’errore di Renata? Fidarsi solo del gruppo Ugl...”

Caso Polverini: che idea si è fatto?
Ci sono due sentimenti o considerazioni contrastanti. La prima è che il problema della Polverini è esattamente quello che Lei stessa ha detto a Piazza Pulita: la Polverini si è portata in Regione le persone di cui si fidava, ovvero quelli del suo sindacato. Il problema è che questo gruppo è stato finora estraneo a tutto quello che succedeva nella Regione e quindi non ha capito e non ha visto. Questa linea di difesa della Polverini è però sbagliata, perché tu non ti devi portare da nessuna parte quelli di cui tu ti fidi. Tu devi entrare in un’istituzione e la devi rivoltare come un calzino. Se invece ti arrocchi a difesa con i tuoi la cosa rischia di non funzionare. Questa è la critica vera che faccio a Polverini.

E il secondo sentimento?
L’altro sentimento è che a me fa schifo la folla urlante che vuole ogni due per tre una piazzale Loreto. Quando questi fenomeni accadono io sono preso da un sentimento di schifo. Non per quello che succede: noi conosciamo e conoscevamo già questi fenomeni. E poi in molti casi questi li abbiamo votati…
A livello regionale e locale spesso sì (listini a parte), a livello nazionale, però, non ci sono le preferenze…
Infatti adesso c’è tutto un movimento di protesta contro il ripristino delle preferenze di quelli che dicono: “ma se mettiamo le preferenze eleggiamo Fiorito”. E allora siete una chiavica italiani cari! E allora fate schifo voi che li eleggete.

Non crede che il problema di fondo sia la mancanza di democrazia nei partiti?
A decidere chi entra in Parlamento sono sempre state poche persone. Anche quando c’era il voto di preferenza a livello nazionale… Forse bisognerebbe fare una legge per mettere fuorilegge un partito che non ha una democrazia interna. Naturalmente bisognerebbe mettere fuorilegge anche i partiti che dopo un referendum che decide di non assegnare fondi ai partiti se li prendono lo stesso. Quindi? I partiti italiani sono fuorilegge? La democrazia italiana è fuorilegge? Lo possiamo pure dire però non andiamo da nessuna parte.

Veniamo a cose più leggere. Lei è un esperto di comunicazione politica. Che idea si è fatto della sfida Renzi-Bersani?
Renzi è una novità e questo è un dato di fatto. Ora la domanda è questa: gli italiani, soprattutto quelli del centrosinistra, vogliono lanciarsi in mare aperto e provare una novità vera oppure vogliono andare sull’usato sicuro? Bersani una volta si è proprio definito tale. E tutta qui la questione, non ce ne è un’altra. Se gli italiani pensano che in questa fase ci vuole l’usato sicuro, perché siamo con il mare in tempesta e ci vuole qualcuno che ci porti in un porto tranquillizzante, scelgano Bersani. Se invece gli italiani pensano che in questo mare in tempesta ci hanno portato esattamente quelli che adesso ci vogliono riportare in porto allora si affidino a Matteo Renzi. 

Chi vince?
Non lo so che sentimento prevarrà. Io stesso, a giorni alterni, provo sentimenti diversi. Delle volte penso che se ne devono anda’ tutti a casa. Altri giorni penso: ma se se ne vanno tutti a casa dove andiamo a finire?

In Danimarca un 27enne è ministro delle Finanze…
Sai qual è il problema? Che la fisiologia dei paesi che funzionano è che la società esprime una classe dirigente. La società è viva e dinamica. Noi siamo una società statica da 25 anni, forse 30. E quindi esprimiamo una classe dirigente vecchia e stantia. Senza nessuna idea. E anche il rinnovamento di Renzi è un rinnovamento un po’ promosso dall’alto. Perché diciamocelo chiaramente: un rinnovamento sarebbe una cosa assolutamente fisiologica. Uno che ha quasi 40 anni non è più giovane. Renzi è un ometto bello e fatto. L’altra sera Lilli Gruber, mentre intervistava Renzi, aveva l’atteggiamento della vecchia zia che guarda il nipote un po’ discoletto. Questo è pazzesco! Alla fine parliamo di un signore che ha quasi 40 anni. Tutto questo, però, succede perché l’Italia non esprime niente di nuovo nel tessuto socio-economico.

Un consiglio dal punto di vista della comunicazione politica a Bersani, con le sue camice grigie, e a Renzi?
In realtà funzionano tutti e due. Bersani vuole dare l’immagine dell’usato sicuro: è perfetto. Il suo linguaggio nazional-popolare novecentesco è assolutamente in target con i suoi obiettivi. Anche i giovani che ha intorno, diciamoci la verità, sono poco giovani. Fa un po’ ridere quando paternalisticamente, alla fine di alcune conferenze stampa, dice a questi giovani “bravo”. Un po’ come uno zio che fa i complimenti a nipoti un po’ antiquati.

E Renzi?
Renzi ha invece un’immagine più spigliata, più moderna. Forse Renzi è un po’ anni 80 e un po’ anni ’90. Perché si rivolge effettivamente a quel target. Fossi Renzi sarei un po’ meno giovanilista e un po’ più giovane. In Renzi c’è qualche eco degli anni ’80 che non mi piace. In Bersani, invece, c’è il ‘900 di Bertolucci. Se tu vedi ‘900 di Bertolucci c’è Bersani.

LOBBY, DENARO E COMUNICAZIONE

Si lavora ad una legge per regolamentare le lobby. Quali dovrebbero essere i punti chiave?
Semplicemente un registro in cui venga riportato: chi incontra chi per conto di chi. Nient’altro che questo. Anche perché la corruzione, legge o non legge, non può essere regolamentata, solo combattuta. E qualunque altra cosa sarebbe eccessiva. Chi fa bene il mestiere del lobbista, che è un mestiere a rischio, lo fa perché ha una sua etica. Il fatto che noi (Velardi è a capo di una delle più importanti società di relazioni istituzionali) facciamo lobbying da 12 anni e siamo individuati come la principale azienda di lobbying, senza aver mai neppure sfiorato la magistratura, significa che facciamo questo lavoro con correttezza e serietà. Se c’è un registro è un di più, ben venga. Aiuterebbe a fare un po’ di pulizia in una zona. Di più, no. Chi vuole l’albo dei lobbisti vuole l’ennesima corporazione e, a me, le corporazioni fanno schifo.

Attraverso Internet i cittadini svolgono molto più la funzione di cani da guardia della politica e delle imprese. Secondo lei, in questa fase storica, è necessario rivedere le Relazioni Istituzionali in chiave di Relazioni Esterne? C’è bisogno di essere più aperti al pubblico?
Hai colto il punto. Io fatico a farlo capire: le attività di lobbying non sono altro che una branca della comunicazione. Poi naturalmente c’è la comunicazione che si fa con le campagne di pubblicità e quella che si fa andando a parlare con il ministro. Ma non c’è dubbio: nella società ubiqua in cui viviamo le comunicazioni istituzionali, intese correttamente, sono sempre di meno quelle riservate e sono sempre di più attività di comunicazione da fare individuando i diversi target.

Per diventare lobbista ci sono molti corsi. Come scegliere quello giusto? Secondo lei, Lavitola, ne ha seguito uno?
Un Lavitola i corsi non li fa. Non conosco un soggetto tipo Lavitola che abbia fatto corsi. Un soggetto che fa quel tipo di attività non fa corsi. Quello che posso dirti è che i nostri corsi – noi abbiamo formato centinaia e centinaia di giovani che adesso lavorano nelle istituzioni e nelle aziende (e infatti abbiamo una rete straodinaria di giovani che stanno dappertutto) – hanno una parte teorica molto rigorosa e il massimo di messa in pratica delle cose che si studiano. Un approccio molto americano. In Italia, non solo nel nostro campo, si tende sempre a fare un po’ di questo e un po’ di quello senza mai fare bene né questo né quello. Soprattutto nel lobbying la messa in pratica è ciò, che a conti fatti, conta di più. Noi facciamo questi corsi. Non parlo male degli altri, parlo bene di noi.

Quanto guadagna un lobbista?
Ora meno. Ci siamo dati tutti una calmata. Un lobbista bravo sta sul mercato. Generalmente i ragazzi guadagnano lo stipendio di un buon impiegato. Nelle grandi aziende i lobbisti sono pagati molto. Non sempre…lasciamo perdere.

Non sempre…
Diciamo che il lobbista che lavora con noi è uno che corre dalla mattina alla sera. In organizzazioni più grandi c’è una certa tendenza alla burocratizzazione dei processi…

Torniamo alla politica. Cosa succederà nel 2013?
Quello che mi auguro è che dopo Monti venga Monti. E’ vero che non ha fatto molto in Italia, ma ha fatto tantissimo da un punto di vista del marketing politico all’estero. 

Chi la conosce dice che Lei accetta solo le sfide elettorali che crede di poter vincere. Se Berlusconi venisse da lei e le dicesse: “Velardi voglio riscendere in campo. Vuoi occuparti della mia comunicazione politica?”
Se mi desse una quantità di soldi tale da farmi campare tranquillo da qui ai 120 anni lo farei. Scherzo naturalmente. Anche per una cifra di soldi importante, gli direi: “non scendere in campo! Stattene a casa. Non ti serve, non serve a nessuno”.

Tra Alemanno e Zingaretti invece chi sceglierebbe?
Zingaretti è quello che vince al momento. Anche le vicende della Regione Lazio lo aiuteranno. La sorte di Alemanno mi sembra abbastanza segnata.

I sondaggi, però, non sono così chiari…
Io non ho sondaggi, ma penso di no.

Se potesse scegliere un candidato di cui fare la comunicazione politica, chi sceglierebbe?
L’impresa Berlusconi è impossibile. L’impresa Bersani è molto difficile, ma sarebbe appassionante. Traghettare il popolo del PD nella contemporaneità sarebbe molto bello.

Dovendo dare le pagelle chi rimanderebbe a settembre e chi promuoverebbe a pieni voti?
I tecnici comunicano tutti male. Tranne Monti. Renzi e Bersani comunicano entrambi bene e le primarie traineranno positivamente il PD comunque vada. Casini ha quella sua riserva e lui lì comunica bene. Anche perché Casini deve procedere un passettino alla volta. Gli altri sono i dieci piccoli indiani. Italia Futura e Fermare il Declino sono progettini molto carini, ma se non trovano una leadership sono destinati a ridimensionarsi. Gli altri, o sono in cerca di autore, come il Pdl, o sono i piccoli dieci indiani.

Intervista tratta da Kaluhnnia, il blog di Vito Kaluhn su Linkiesta

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