Mi consentoA Renzi serve un po’ dell’ardore eretico della Fornero

A Renzi serve un po’ dell’ardore eretico della Fornero

C’è una differenza, non tanto sottile, tra Matteo Renzi e Elsa Fornero. È la consapevolezza. Sono due coraggiosi. Su questo non c’è dubbio, due che probabilmente hanno poco in comune con la sinistra comunemente intesa in Italia. Anche se entrambi si professano e sono di sinistra.

Non ci addentriamo qui nel dibattito sul cosa significhi essere di sinistra. Ma la ministra Fornero va al punto delle questioni. Sempre. Anche troppo, direbbe qualcuno. Diciamo che, da azionista qual è, non è certo una persona che le manda a dire. E taglia con l’accetta quelli che a sinistra sono veri e propri totem. Su tutti, il tema del lavoro. Si getta con la forza delle sue idee e non si tira mai indietro. Non lo fece quando acolse l’invito della Fiom a parlare della riforma del lavoro. Non lo fece quando disse il posto di lavoro non è un diritto, ma va conquistato. E non lo ha fatto nemmeno oggi, quando ha ricordato come in passato i giovani preferivano – sbagliando, a suo avviso – aspettare l’offerta giusta dal mercato del lavoro invece di cominciare ad accettare anche lavori meno qualificanti. Ovviamente, apriti cielo. La ministra è stata contestata. E il segretario del Pd Pier Luigi Bersani non ha perso l’occasione di schierarsi contro di lei: «Non è la prima volta che ci regala una frase infelice», mostrando ancora una volta, come ha scritto oggi Giuliano Ferrara, come abbia ormai definitivamente accantonato il profilo innovatore per rifugiarsi negli schemi classici della sinistra italiana.

Che cosa c’entra Renzi in tutto questo? C’entra. Innanzitutto perché è l’uomo nuovo delle primarie del centrosinistra e perché da qualche giorno è al centro del dibattito per l’appuntamento milanese con Davide Serra, il creatore di Algebris. Renzi di fatto si è trovato al centro di una polemica, non nuova peraltro, sul rapporto tra la sinistra e la finanza. Più generalmente, sul rapporto tra la sinistra e i soldi.

Tanto si è scritto, anche noi de Linkiesta lo abbiamo fatto. Un aspetto mi ha colpito: l’atteggiamento di Renzi. Serra si è difeso, anzi è andato all’attacco. Ha querelato Bersani e il Corriere al grido di: “io non sono un bandito, vi racconto io cosa sono le Cayman”. Renzi, invece, è rimasto nel guado, quasi come un bambino colto con le mani nella marmellata, colpito dal primo vero passo falso della sua campagna elettorale.

Elsa Fornero ha sempre fatto dei suoi temi una battaglia politica, una sfida culturale. Matteo Renzi no. Ha tentennato, ha vacillato. E questo non gli giova. Ha grandi meriti, ha portato la competizione in uno schieramento imbolsito. In poche settimane ha creato un terremoto, ha portato scompiglio nel partito. Al punto da costringere i dirigenti a creare un regolamento per le primarie che sa tanto di soviet. Ma non può fermarsi. Deve avere il coraggio di difendere apertamente le proprie idee. Deve portare fino in fondo la propria sfida.

Organizzi una cena a Milano col finanziere Serra? Bene, allora la difendi a petto in fuori anche se il Corriere ti fa un corsivo contro. Il giorno dopo rilasci una mega intervista sul rapporto tra la sinistra e i soldi. Altrimenti dai la netta sensazione di aver commesso un’ ingenuità, per dirla alla Baricco. Non ti fermi in quella che a tennis è chiamata la terra di nessuno, né a rete né a fondo campo. Dove chiunque, un pallettaro qualsiasi, può passarti come un pivellino. 

Quella è la terra dell’insicurezza. E in politica l’insicurezza ti porta dritto alla sconfitta. Se è arrivato sin qui, a far tremare la nomenclatura del Pd, è perché non ha avuto timori. Non li abbia ora. Si faccia coraggio guardando e leggendo Elsa Fornero. Che poi sarebbe la versa leader di un centrosinistra europeo. Ma questo, va da sé, è un altro discorso. 

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