Risparmiateci almeno l’asilo Mariuccia, sforzatevi titanicamente di interpretare una battaglia come questa nel nome della lealtà sportiva, restituiteci l’impressione che la catena di colpi bassi è destinata a esaurirsi in un tempo limitatamente breve. Altrimenti il solo pensiero di metterci in fila per voi, per chiunque di voi, alle primarie prossime venture, di segnare il nostro nome-cognome-indirizzo-codicefiscale nell’arcinoto albo degli albi di sinistra, ci porterà in un tale stato depressivo che quella domenica ci tapperemo in casa, staccando tutte le comunicazioni col mondo. E badate bene, non ci sentiremo in colpa, ma orgogliosi d’avervi lasciato al vostro triste destino!
Non poteva mancare – e perché negarsela – l’accusa di scippo, di plagio delle idee, quel vergognoso farsi beccare con le mani sporche nelle marmellate altrui. Il Pd più organico, nella persona del responsabile economico Fassina, accusa pesantemente Matteo Renzi: «Copia le nostre proposte, vogliamo i diritti d’autore. Fa il taglia-incolla delle proposte approvate dall’Assemblea Nazionale su occupazione femminile e asili nido, riprese nel Documento della Conferenza Nazionale per il Lavoro di Napoli. E’ vero che lui non può saperlo perché non partecipa, ma almeno qualcuno dei suoi potrebbe dare una letta ai documenti programmatici del partito a cui è iscritto e riconoscerci la paternità, meglio, la maternità delle sue proposte».
Il litigio sulla freschezza, la genuinità, la virginale intuizione di un’idea, ci riporta a un passato lontano in cui gli uomini di sport sapevano ridere di sé e degli altri. Al sabato, vigilia di un’Atalanta-Napoli, il mitico «Petisso», al secolo Bruno Pesaola, disegnò con i cronisti una travolgente partita d’attacco dei suoi, lasciando intendere che dei bergamaschi sarebbe rimasta davvero poca cosa sul campo. I cronisti presero buona nota, e scrupolosamente s’applicarono alla bisogna il giorno successivo, quando invece dovettero constatare che il ciuccio si era asserragliato in difesa sin dal primo minuto, da lì non muovendosi più.
Sentendosi gabbati, scesero come furie in spogliatoio, l’intenzione era quella di fare del Petisso fettine piccole piccole. Lo videro uscire dallo stanzone, lo circondarono con le peggiori intenzioni, pronunciando la prima domanda capitale di un processo politico dalla sentenza già definita. «Mister, ma che balle ci ha raccontato ieri, ci aveva detto che avreste schiacciato l’Atalanta nella sua area, e invece il catenaccio è stato il vostro…»
Il Petisso inarcò le foltissime sopracciglia. Si prese solo un attimo per respirare e poi restituì la battuta che è rimasta scolpita nella storia di un altro calcio: «Si vede che ci hanno rubato la idea…»
Ecco, ci piacerebbe davvero che l’arbitro di questa tenzone “sinistra” fosse Bruno Pesaola con il suo bagaglio di ironia. Perché lo scontro Bersani-Renzi è iniziato male e sta continuando peggio. E francamente quella teoria di titoli rassicuranti apparsi sui giornali a commento di un’inutile Assemblea nazionale non ci aveva convinto della bontà di una tregua che si è rivelata ben presto finta se non infingarda.
C’è da recuperare uno spirito. Lo spirito di una operazione alta e forte, come potrebbero essere primarie vere. C’è da portare più gente possibile alle urne, dentro i gazebo, farla appassionare a una partecipazione non sterile, non inquinata dai rancori, dalle accuse, da un affronto fratricida. C’è da convincere ogni singolo individuo, che perderà una mattinata o un pomeriggio per andare a votare, che quel gesto lo farà sentire nobile cittadino di questo Paese. Nobile elettore di sinistra. Nobile.
In questo momento, il rischio di una scarsissima partecipazione è molto alto. Chi crede in un Partito Democratico maturo, che sia bersianiano o renziano, non ama le zuffe da cortile. Non pensa che l’altro sia il nemico. Eppure stavolta non c’è Berlusconi, le chiacchiere stanno a zero.
O volete che pochissimi decidano per tutti?