Questa mattina ben due quotidiani del peso del Corriere e di Repubblica hanno dato per certa la nomina di Franco Anelli a rettore dell’Università Cattolica. Pare che Anelli, 49 anni, professore ordinario di diritto privato (v. curriculum), avrebbe il gradimento della Cei e dell’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola. Il rettore in pectore è già oggi prorettore vicario della Cattolica: a lui sono stati affidati tutti i poteri, quando lo scorso novembre il rettore Lorenzo Ornaghi si è messo in aspettativa ed è andato a fare il ministro dei Beni culturali nel governo Monti.
Non deve stupire che la Conferenza episcopale italiana e Curia milanese, come pure la Santa Sede, abbiano voce in capitolo nella scelta del rettore dell’Università Cattolica: lo prevede lo statuto dell’ateneo fondato da padre Agostino Gemelli. Ciò che invece sorprende è l’espressione di una benedizione preventiva verso uno dei quattro candidati con maggiori chances (gli altri sono Antonella Sciarrone Alibrandi, Michele Lenoci, Mauro Magatti).
Le regole della Cattolica stabiliscono infatti che il processo di selezione del rettore parta dal basso, e solo alla fine sia “benedetto” dalle varie emanazioni della Chiesa. Ciascuno dei consigli delle 12 facoltà designa fino a tre nominativi, eletti con voto segreto fra i docenti ordinari con almeno cinque anni di anzianità. Le terne finiscono poi al Senato accademico, che sempre a scrutinio segreto sceglie una rosa di cinque candidati. Nell’ambito di questa cinquina, il rettore viene nominato dal consiglio di amministrazione, dove siedono, fra gli altri, i rappresentanti dell’Istituto Toniolo, della Curia milanese, della Cei, della Santa Sede, dell’Azione cattolica.
La procedura è un misto di democrazia e cooptazione, di selezione dal basso e di nomina dall’alto. Per funzionare bene, ognuno deve fare la sua parte. Se però il gradimento dall’alto arriva prima, si produce una distorsione e si riduce la procedura a uno sterile teatrino. Poiché i consigli di facoltà per la designazione delle terne sono convocati il 14 novembre, mentre la riunione decisiva del cda è attesa prima Natale, più di un osservatore delle parti di Largo Gemelli ha alzato il sopracciglio. I rumor filtrati oggi fanno pensare che la scelta sia stata già fatta, senza bisogno di ascoltare i professori dell’università. In ogni caso è palese il tentativo di “orientare” o quanto meno condizionare.
Più che Scola e i vertici della Cei, la senzazione diffusa è che a pilotare per la nomina di Anelli sia soprattutto Ornaghi. O per lo meno così pensano dalle parti di Largo Gemelli e anche in quel di Roma. Gli amici del ministro liquidano, invece, che le indiscrezioni di stampa siano prive di fondamento. Ma non negano che Anelli sia in cima al totorettore. Ad ogni modo, l’addio ufficiale all’incarico di rettore, che sarebbe scaduto nel 2014, lascia intuire che il professore-ministro si prepara a rimanere in politica. Ma soprattutto segnala che sono maturi i tempi per un passaggio di consegne gradito dove si puote ciò che si vuole. Ma se è così, se Ornaghi si è praticamente scelto il successore, perché dimandare ai professori?