Nei mesi passati le agenzie di rating hanno coperto un ruolo cruciale nell’influenzare le prospettive economiche di molti paesi, un rating più basso comporta infatti un tasso di interesse sul debito maggiore.
Uno studio condotto dall’università di St. Gallen rivela che l’abbassamento del rating dei crediti sovrani dei paesi europei, giusta o sbagliata che sia, è la causa centrale nonché motore della crisi del debito europeo. I rating del credito sovrano valutano la futura capacità e propensione dei governi di ottemperare interamente ed entro i tempi prestabiliti alle loro obbligazioni finanziarie e commerciali. In particolare, rappresentano un’importante misura del costo che deve sostenere un paese quando ricorre ad un prestito e forniscono un parere ai finanziatori circa il livello del rischio di credito del governo nazionale. Le variazioni di questi rating influenzano quindi le condizioni a cui un paese è in grado di prendere a prestito denaro.
Considerando il declassamento del rating dei paesi europei, è facile capire come, nel corso dell’ultimo anno, tutti questi stati siano stati osservati delle principali agenzie di rating. Prendendo ad esempio l’Italia, quarta economia dell’Unione Europea, è adesso considerata dalle agenzie di rating “Paese di Serie B”. La prima agenzia che si è occupata dell’Italia ponendola in posizione inferiore è stata la Chinese Dagong Global che nel settembre 2011 ha portato il rating del credito sovrano a lungo termine, sia in valuta locale che estera, a un livello BBB, dal precedente livello A-, con previsione negativa.
Questa decisione è poi stata presa anche dalle agenzie di rating occidentali, partendo da Standard & Poor’s che nel gennaio 2012 ha declassato il debito pubblico italiano ad un livello di BBB+ e successivamente seguita da Moody’s, che ha invece assegnato all’Italia un rating Baa2 con previsione negativa. L’unica agenzia di rating che non mantenuto il suo rating nella fascia A è Fitch, anche se nel gennaio 2012 ha declassato l’Italia di due punti, facendola passare da A+ ad A-.
I tassi di rating attribuiti alle nazioni o agli stati sono spesso stati al centro di dibattiti, sia per la metodologia seguita dalle agenzie di rating nell’esprimere il loro giudizio sia per la possibilità che la valutazione possa subire l’influenza di pareri soggettivi piuttosto che di analisi.
Data questa prefazione, la prima domanda che ci si pone è: come fanno le agenzie di rating ad effettuare le loro valutazioni e che elementi devono considerare a tal fine?
Per poter rispondere a questa domanda è necessaria una prima distinzione tra le agenzie di rating occidentali e la prima agenzia di rating locale cinese Dagong. I principali fattori economici e politici che le agenzie di rating occidentali considerano durante la valutazione dei debiti sovrani includono: le istituzioni politiche e il loro impatto sull’efficacia e sulla trasparenza dell’ambiente politico stesso, la struttura economica e le prospettive di crescita, la flessibilità delle entrate statali e la pressione delle uscite, i deficit generali del governo e la dimensione del peso del debito, la flessibilità monetaria e la liquidità esterna.
La metodologia adottata da Dagong, invece, è stata modellata negli ultimi sei anni e riflette una valutazione dell’economia di un paese svolta seguendo la logica che le principali preoccupazioni devono essere rappresentate dalla pressione fiscale delle autorità, la capacità di governare, le riserve finanziarie, l’onere del debito e la capacità di effettuare investimenti profittevoli.
Anche se Dagong nell’esprimere il suo giudizio considera in primo luogo gli elementi analizzati dalle altre agenzie di rating, il suo approccio metodologico non ha differenze rispetto a quello già sviluppato dalle agenzie di rating occidentali. Dagong ha formato le proprie competenze necessarie lavorando in cooperazione con Moody’s fino al 1999.
Come emerge chiaramente, il processo di rating seguito dalle diverse agenzie coinvolge entrambi gli indicatori di determinazione delle decisioni più comuni e altri indicatori marcatamente diversi che in alcuni casi rendono risultato differente in termini di valutazione del rating o di tempi di valutazione.
Al di là di questi punti di vista tecnici, il più forte incentivo che ha spinto alla creazione di un’agenzia di rating cinese è rappresentato dal fatto che l’attività di valutazione fornita da un’entità cinese, in grado di capire meglio le dinamiche dell’economia cinese, avrebbe portato ad una valutazione più appropriata delle aziende cinesi, incrementando in questo modo l’efficienza del sistema finanziario del paese. L’uso di una metodologia di rating occidentale per la valutazione del merito creditizio delle aziende e del governo cinesi potrebbe penalizzare tali entità facendo loro ricevere una valutazione non in linea con il loro reale grado di solvenza. È chiaro come i criteri usati da Dagong per la definizione del rating coincidano esattamente con la volontà dei paesi investitori di beneficiare di rating locali.
Un altro importante fattore che deve essere considerato quando si parla di agenzie di rating è il modo in cui queste agenzie sono influenzate dalle parti interessate. Si è sempre sostenuto che il maggiore portatore di interesse delle agenzie di rating è situato subito dietro le quinte e si chiama azionista. Che si parli di agenzie di rating occidentali o orientali non ha importanza, perché c’è sempre qualcuno dietro ad influenzare la loro attività; quello che conta è chi sono gli attori dietro le quinte.
L’attività principale di Dagong è spingere la valutazione del rating nell’area di interesse del governo cinese in modo tale da poter esprimere una posizione cinese su alcune questioni internazionali. E anche l’indipendenza delle agenzie di rating occidentali ha bisogno di essere messa in discussione, chiedendosi se le loro principali caratteristiche di obiettività e trasparenza siano ancora presenti.
In questo scenario oligopolistico, perché i paesi europei dovrebbero essere soggetti alla valutazione di agenzie di rating straniere con incoerenza nelle metodologie di rating? Forse ora è il momento giusto per i paesi dell’Unione Europea di creare il giusto ambiente che potrebbe almeno aggiungere un po’ di competizione in questo oligopolio e dare una forte voce all’Euro. Forse ora è anche il momento giusto per pensare alla creazione di un’agenzia di rating europea in grado di sfidare il predominio delle aziende extraeuropee. Sarebbe questo progetto utile ma soprattutto fattibile per l’Unione Europea?
Da una parte, per l’Unione Europea questo potrebbe essere un punto di partenza per dimostrare ai giganti del mondo che la solidità desiderata della zona euro deve farsi sentire di più. Inoltre l’ingresso nel settore dei rating di un nuovo grande ed affidabile operatore ridurrebbe la sempre più alta concentrazione dei rischi e la mancanza di competenza che hanno sempre avuto un impatto negativo sulla qualità dei rating di credito.
Dall’altra parte, con la situazione di non unione di vedute e di polemiche che imperversa in Europa, sarà davvero impegnativo e difficile per gli stati dell’Unione Europea istituire insieme un ente affidabile in grado di competere con i colossi del rating. La struttura oligopolistica del settore del rating per avere successo richiede: economie di scala, esperienza speciale nel settore e soprattutto un elevato livello di accettazione da parte di emittenti e investitori. È forse una situazione che fa comodo alle grandi potenze che guardano con sufficienza e sorpresa la nostra disunione, traendone vantaggio.
In Europa esiste già qualcuno che ha provato a realizzare questo obiettivo, sfortunatamente non ancora con i risultati attesi. L’azienda di consulenza aziendale tedesca Roland Berger ha sviluppato un piano per creare un’agenzia di rating europea, ed il commissario europeo per i Mercati Interni, Michel Barnier, ha predispoto un progetto di legge corrispondente per supportarlo. Ma gli sforzi sembrano essere vani. Secondo un rapporto emerso nel Financial Times Deutschland, il progetto potrebbe essere abbandonato. Il giornale riporta che Ronald Berger non si aspetta più di essere in grado di raccogliere i 300 milioni di Euro di capitale iniziale richiesto per il progetto. Ma Berger non ha del tutto abbandonato la speranza. L’aspettativa è che un ulteriore piano riguardante un’agenzia di rating europea, in grado di regolare e rafforzare l’indipendenza dell’Europa non mancherà.