Essere ciellini? Forse non sarà reato, però…

Essere ciellini? Forse non sarà reato, però...

Tre o quattro cose al mondo mi mandano ai matti. Una di queste è essere additato come ciellino. Nessuno si era mai peritato di farlo, dovendone prima trovare il coraggio e nel mio caso era dura, molto dura. Ma è successo anche questo, in maniera indiretta, direi persino cumulativa, visto che qualche giorno fa una giornalista assai poco avveduta, nel corso di «Prima Pagina», trasmissione di punta di Radio 3, se n’è uscita dicendo che Linkiesta, come impresa giornalistica, era nei pressi di quell’acquasantiera politica che è Comunione e Liberazione. Non posso parlare qui a nome di LK e peraltro il direttore Tondelli ha sgombrato il campo anche dal più piccolo degli equivoci. Parlo semplicemente per me.

Quelli che applaudono a prescindere non mi sono mai piaciuti. A dire la verità, non mi piacciono quelli che applaudono tout court. Qui mi riferisco alla politica e a quella gente che si spella le mani a comizi, manifestazioni, convegni. Lo concepirei solo per un vero gesto artistico, chessò, Glenn Gould al pianoforte o una veronica di Van Basten. Ma applaudire un politico è veramente roba di bassa forza (da sempre, non solo adesso che è impresa quasi impossibile): perchè fare strame della nostra autonomia di giudizio? Figuratevi cosa posso pensare di un (ragazzo) ciellino che batte le mani come un automa a chiunque gli si pari davanti, che sia l’Andreotti dalle amicizie pericolose o un presidente della Repubblica in odor di santità (prima delle famigerate telefonate con Mancino).

Quelli di CL non li ho mai sopportati perchè come obiettivo non hanno Cristo ma il Potere. Il che non sarebbe uno scandalo in sè, basterebbe almeno dirlo in premessa. Mentre nel loro caso, l’Altissimo diventa un pretesto anche di una certa nobiltà per bazzicare un altro aldilà, quel territorio in cui la politica perde i connotati di autentico nutrimento per lo spirito e assume gli altri, ben più materiali e concreti, di rapido avvicinamento alla perdita di certi requisiti morali. Se è possibile tradurre concretamente con un’immagine, molti ragazzi hanno fatto appassire il loro germoglio virginale nel momento stesso dell’adesione a CL. (i giovani vengono sapientemente allevati dai vecchi del bosco ciellino, per cui se ponete loro un minimo dubbio sull’opportunità di certi comportamenti o di certi atteggiamenti, vi indicheranno sdegnati il primo confessionale perchè possiate mondare i vostri ignobili sospetti).

Per rimanere alla Lombardia, ci siamo abituati da tempo al suono di un’appartenenza che ha davvero poco di cristiano, a meno che non si voglia considerare come anticamera del Paradiso la nomina a direttore generale di questa o quella entità sanitaria, politica, bancaria. Ma ripetiamo: se questa è la «mission» aziendale, e francamente non se ne vedono molte altre, è decisamente arrivato il momento di metterla nero su bianco.

Si dice spesso, ironicamente: ma essere ciellini non è un reato. Io penso invece che lo sia. Certo, non ancora sanzionato da leggi vigenti, nè tanto meno oggetto di progetti parlamentari che ne formalizzino l’illiceità, ma che reato d’opinione sia, questo ormai è acclarato. Come potrebbe un giovane di buone speranze, di passioni politiche genuine, di sani principi condivisi, sostenere con ottime ragioni che il procedere di Comunione e Liberazione all’interno della nostra società è ispirato da quel tocco lieve di sincero distacco per le cose terrene, di autentico amore per la cosa pubblica, di fede cristallina per le pari opportunità?

Ci vogliamo vedere l’anno prossimo a Rimini per un sano, salvifico, politicamente strategico, bagno di consapevolezza?

PS. Un’ultima cosa: non credete sia arrivato il momento di smettere di ripararvi sotto la storia importante del Gius, il quale, com’è noto, non può replicare?   

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