Gli studenti di Reggio Calabria dicono no allo scioglimento del Comune per mafia

Gli studenti di Reggio Calabria dicono no allo scioglimento del Comune per mafia

Alla fine erano solo in pochi. «Per fortuna», aggiungono alcuni. La manifestazione degli studenti di Reggio Calabria contro l’ipotesi di commissariamento del Comune per infiltrazioni mafiose ha avuto scarse adesioni. Dopo sei mesi di lavoro della Commissione d’accesso antimafia, il Comune della città dello stretto rischia oggi di essere sciolto per infiltrazioni mafiose. E gli studenti, in vista della riunione del Consiglio dei ministri di questo pomeriggio, avevano fatto sapere ieri di voler scendere in piazza. «Per il bene della nostra Reggio», era scritto in un volantino anonimo. Scatenando polemiche e dibattiti tra Facebook e Twitter. 

Ma a manifestare questa mattina sono stati solo una quarantina, dicono i dati forniti dalla questura. Sullo striscione esposto nella centrale piazza Italia, sede del Municipio, c’era scritto: «Non potete commissariare il nostro futuro». A organizzare lo sciopero sarebbe stato un gruppo di studenti del Liceo classico “Tommaso Campanella”. Anche se, fanno sapere dalla questura, a fare la richiesta ufficiale per la manifestazione è stato il liceo scientifico “Leonardo Da Vinci”. «La guerra mediatica sui social network ci ha penalizzati», hanno detto i ragazzi al sito d’informazione Strill.it, «avevamo ricevuto l’adesione di molte scuole, ma stamattina ci siamo ritrovati qui solo quelli veramente interessati». I pochi studenti sono stati ricevuti dal sindaco Demetrio Arena (eletto nel maggio 2011 dopo l’amministrazione Scopelliti e la parentesi di Giuseppe Raffa), che ha detto di essere disponibile ad andare nelle scuole «a parlare del caso». Aggiungendo: «Non possiamo più aspettare, mi auguro che oggi si decida il futuro della città». 

Il volantino diffuso ieri in Rete riportava il titolo: «Non potete commissariare il nostro futuro». Lo sciopero, c’era scritto, aveva l’obiettivo di difendere la «città al di là di ogni colore politico», perché l’arrivo dei commissari «sarebbe la fine dell’economia cittadina già fortemente provata, e quindi la fine delle aziende che lavorano onestamente». E ancora: «Non si possono addossare eventuali responsabilità di alcuni su un’intera comunità, composta, al contrario da quello che si vuol far credere, soprattutto da persone oneste». Poi il ricordo delle radici storiche e culturali della città, per «ritrovare l’orgoglio e la dignità di appartenere ad una città che è stata la culla della Magna Grecia». Ma, avevano precisato, «questa manifestazione non è fatta a difesa di nessuno, ma solo per il bene della nostra Reggio». Tutto in maiuscolo.

La risposta al volantino era arrivata con la creazione su Facebook del gruppo “Noi domani non manifesteremo!”. «Abbiamo preso spunto dalla nuova manifestazione per dire quello che sta succedendo veramente in città», si legge, perché «non è più accettabile parlare di Reggio solo per i politici corrotti e gli omicidi della ‘ndrangheta. Bisogna far capire che non tutti siamo così». E in effetti, come confermano dalla questura, la manifestazione di oggi non ha «raggiunto i numeri previsti». Un vero fallimento, insomma.

Ma a guardare l’ordine del giorno del Consiglio dei ministri, oggi potrebbe non essere la giornata in cui si deciderà il destino di Reggio. Il problema della città, in primis, sono i conti in rosso delle casse comunali. Un buco che non sarebbe quantificabile, secondo gli ispettori della Ragioneria generale dello Stato, visti «artifici contabili» e le «pesanti irregolarità» registrate negli anni del cosiddetto “modello Reggio” targato Scopelliti, oggi alla guida dell’esecutivo regionale. E poi ci sono le infiltrazioni mafiose, quelle che potrebbero portare allo scioglimento del consiglio comunale.

Dopo sei mesi, a metà luglio si è concluso il lavoro della commissione inviata dal ministero dell’Interno negli uffici di Palazzo San Giorgio. L’ipotesi è che le cosche avrebbero sistemato i propri uomini di fiducia tra i banchi di Palazzo San Giorgio in cambio del loro sostegno elettorale. E ora spetta al consiglio dei ministri decidere sullo scioglimento o meno. Eppure, come ha ricordato l’ex presidente della Commissione parlamentare antimafia Francesco Forgione, nel 1869 Reggio Calabria era stato il primo comune sciolto per mafia con un decreto del re. Ma allora, al contrario di oggi, agli studenti di Reggio non era saltato in mente di manifestare «per il bene della nostra Reggio». 

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter