Il legame c’è: quando aumenta l’Iva, cresce anche l’evasione

Il legame c’è: quando aumenta l’Iva, cresce anche l’evasione

Nel disegno di legge di stabilità, il Governo prevede per il 2013 l’aumento di un punto percentuale dell’aliquota Iva ordinaria (dal 21 al 22 per cento) e dell’aliquota ridotta (dal 10 all’11 per cento). Se approvati, gli incrementi consentirebbero comunque di dimezzare quelli originariamente previsti per il 2013. Tuttavia, rimane il fatto che, rispetto alla situazione vigente, dall’anno prossimo si verificherebbe un nuovo incremento delle aliquote, che fa seguito a quello già avvenuto per la sola aliquota ordinaria (dal 20 al 21 per cento) a settembre del 2011.

Questo tipo di intervento, specie se esaminato nel contesto della politica fiscale (riduzione delle prime due aliquote Irpef) e nel complesso della manovra di correzione dei conti pubblici, può essere analizzato da diversi punti di vista. Qui ci concentriamo sui possibili impatti sull’evasione.

Siamo in recessione e, di conseguenza, i consumi monetari flettono. Anzi, come hanno mostrato di recente i conti Istat trimestrali, la recessione in atto è più forte di quanto si pensasse. E le varie manovre di contenimento della finanza pubblica hanno comportato una riduzione dei consumi di beni e servizi da parte della Pa, i quali, va ricordato, entrano anch’essi nella base imponibile dell’Iva.

Era dunque lecito attendersi un calo del gettito dell’Iva, l’imposta che per base imponibile e per tempistiche di pagamento più direttamente riflette l’andamento del ciclo economico. Tuttavia, è necessario porsi una domanda essenziale: sulla base delle relazioni note tra grandezze macroeconomiche e andamenti del gettito Iva, il calo del gettito finora osservato nel 2012 è spiegabile esclusivamente dalla situazione dell’economia italiana?

Per rispondere, è necessario utilizzare un indicatore appropriato, che escluda i settori dove non c’è evasione, ma tenga conto anche delle compensazioni e dei rimborsi. Usiamo quindi il gettito dell’Iva netta generata dal settore interno di riferimento (Sir), da cui è esclusa quella incassata sulle imposte di fabbricazione e di consumo, che colpiscono i derivati del petrolio, l’energia elettrica, gli alcolici e i tabacchi.

Ebbene, se si confronta l’andamento dell’Iva netta per il settore Sir nei primi otto mesi del 2012 con quello dei primi otto mesi del 2011, si nota che la riduzione percentuale dell’Iva netta è stata del -4,97 per cento, una percentuale di alcune volte superiore al calo dei consumi interni e dei consumi intermedi della Pa pari a -0,59 per cento, secondo i dati Istat (vedi ultima riga della tabella).

In assenza di ulteriori informazioni, i dati sembrano indicare che l’aumento dell’aliquota Iva, avvenuto a settembre 2011, non solo non ha contenuto la perdita di gettito dovuta alla recessione, ma l’ha amplificata. La possibilità che ciò sia dovuto a una maggiore evasione, sia come risposta alla crisi sia come reazione all’aumento dell’aliquota, va quindi esaminata seriamente.

Vediamo ora quali possono essere le spiegazioni alternative dei fenomeni osservati in precedenza. Una prima spiegazione è che la riduzione dei consumi sia avvenuta in misura eterogenea tra i diversi settori economici. In particolare, settori caratterizzati da una bassa propensione all’evasione (per esempio, gli autoveicoli e le benzine) hanno subito un calo dei consumi proporzionalmente molto più elevato rispetto a settori a più alta propensione all’evasione. Ciò che sarebbe cambiato, quindi, non è la propensione all’evasione, ma la composizione dei consumi tra settori a diversa propensione di evasione.

La spiegazione è impossibile da verificare per gli osservatori esterni, ma potrebbe essere provata da un’analisi dei dati in possesso dell’Agenzia delle entrate. L’unica cosa che si può dire è che storicamente le ricomposizioni tra settori si sono sempre rivelate marginali rispetto al gettito Iva, ma è possibile che la crisi attuale abbia influito anche su questo aspetto.

Una seconda spiegazione è che il calo del gettito dell’Iva non sia dovuto alla maggior evasione tramite occultamento dei ricavi o falsi costi, ma a omessi versamenti da parte di soggetti in crisi di liquidità. Tuttavia, anche i mancati versamenti di un’Iva precedentemente incassata rappresentano una diversa forma di evasione, dal momento che coloro che non la versano finiscono con l’usufruire di un sostegno finanziario alla produzione.

L’evasione dell’Iva ha mostrato una certa tendenza (non continua né lineare) alla riduzione nel corso degli ultimi quindici anni. Tuttavia, dai dati disponibili si evince che nel 2012 le cose potrebbero essere andate diversamente. È vero che, secondo l’Agenzia delle entrate, nei servizi privati e nel commercio al dettaglio in particolare, si sarebbe osservata una crescita dell’Iva versata, come diretta conseguenza degli interventi “tipo Cortina” effettuati negli ultimi mesi da tutta l’amministrazione finanziaria. (1) Ma il calo del rapporto tra entrate nette e base imponibile evidenziato nella penultima riga della tabella, in assenza di ulteriori spiegazioni, indica un aumento dell’evasione, motivato presumibilmente sia dalla crisi sia dall’aumento dell’aliquota. Se così fosse, vi sarebbero ragioni per guardare con preoccupazione al nuovo incremento previsto per il 2013.

(1) Il Sole-24Ore del 19 agosto ha pubblicato alcuni dati di gettito Iva, che nel periodo gennaio-luglio mostrerebbero una crescita del 3,6 per cento nei servizi privati, del 9,2 per cento nel commercio al dettaglio e del 12,2 per cento nei servizi di informazione e comunicazione.

Pezzo pubblicato su Lavoce.info il 16 ottobre con il titolo «Più evasione quando l’Iva aumenta». 

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