CASALE SUL SILE (TV) – Comincia oggi un nuovo viaggio de Linkiesta nella manifattura italiana. Narreremo storie di imprese del Nord Italia, fiori all’occhiello della nostra industria e orgoglio del Paese, ma di cui si parla troppo poco. Il nostro viaggio prende le mosse dal profondo nord, dal Veneto, ossia dalla regione che fino a pochi decenni fa aveva una economia agricola e arretrata. E dove ora una struttura produttiva vocata all’innovazione e fortemente export-led realizza quasi il 10 per cento della ricchezza nazionale.
A Casale sul Sile, piccola località ad una quindicina di chilometri da Treviso, sorge un vero e proprio gioiello imprenditoriale dell’industria di trasformazione della plastica. É la DOpla Spa, società specializzata nella produzione di stoviglie in plastica e contenitori monouso per alimenti.
Ci accoglie il suo fondatore Renato Levada, un self made man che in quasi 50 anni di attività ha dato vita, sempre con spunti innovativi e visionari, ad una invidiabile realtà. Di Levada non diresti che è vicino agli 80 anni e colpiscono immediatamente la sua vigorosa stretta di mano, lo sguardo fiero, ma nello stesso tempo un po’ severo. Il piglio è quello di un condottiero, più che di un paron, come si usa dire da queste parti.
Levada, sin da ragazzo, ha avuto il pallino di mettersi in proprio. «Dell’idea iniziale di lavorare, con alcuni amici, conto terzi per Zanussi – racconta – non se ne fece nulla e così ci buttammo nella lavorazione della plastica producendo, tra le altre cose, coprisellini per la bicicletta Graziella della Carnielli, vasetti per mostarda, manici per pennelli, appendini». Agli inizi degli anni ’60 Renato Levada intuisce le infinite potenzialità dell’impiego della plastica in ambito casalingo e nella produzione di stoviglie monouso. Fonda così la Silplast che pochi anni dopo viene ceduta ad un gruppo milanese. Subito dopo, con alcuni imprenditori locali, Levada inizia una nuova avventura dando vita, nel 1969, a DOpla. Gli anni ’80 sono quelli di massima espansione produttiva, durante i quali si moltiplicano le linee di prodotti, aumentano le commesse, con una proiezione crescente sui mercati europei.
Nel 1989 il pacchetto di maggioranza viene ceduto al gruppo Giò Style. Nasce la divisione monouso in cui Levada, nel ruolo di amministratore delegato, mantiene la gestione operativa. I primi anni ’90 sono quelli in cui vengono realizzati massicci investimenti, che portano all’apertura, attraverso lo strumento del contratto d’area, di uno stabilimento produttivo a Manfredonia, in provincia di Foggia ed alla acquisizione di un sito in Repubblica Ceca. Nel 2005, quando potrebbe cominciare a godersi la pensione, Levada si butta in una nuova avventura e, come racconta, «per dare futuro a DOpla, in collaborazione con una merchant bank (Nordest Merchant Spa, del gruppo Banca Popolare di Vicenza, ndr), rileviamo l’intero pacchetto azionario, assumendo il pieno controllo della società». La Nuova DOpla vede così l’ingresso, con una quota di minoranza del 40 per cento del capitale, del Fondo Nem Imprese, gestito da Nem Sgr, che fa capo al gruppo Banca Popolare di Vicenza.
Oggi DOpla, anche grazie a questo passaggio, è una realtà consolidata, finanziariamente robusta, fortemente proiettata sui mercati mondiali – il 40 per cento del fatturato proviene dall’export –che impiega poco meno di 550 addetti, può contare su 5 fabbriche di cui 2 all’estero. Che dallo scorso mese sono diventate 3, grazie all’acquisizione strategica del 33 per cento di un’azienda nel Galles, specializzata nella produzione di bicchieri di carta. «Il fatturato aggregato è pari a circa 190 milioni di euro – ci dice con orgoglio Levada – ed è cresciuto, seppur lievemente, anche negli anni 2009 e 2010, quelli di crisi più acuta».
Si tratta di risultati che sono il frutto di una vision imprenditoriale che ora coniuga valori tradizionali, radicati nella storia personale e imprenditoriale di Renato Levada con elementi di innovazione incarnati dalla nuova generazione, che han preso quasi completamente in mano la guida dell’azienda. Un’azienda che da sempre punta in particolare su innovazione di prodotto e di processo e qualità. «Basti pensare – riferisce Levada – che negli ultimi 6 anni DOpla ha investito quasi 30 milioni di euro per l’ammodernamento degli impianti, l’ottimizzazione logistica, la ricerca e lo sviluppo, l’assicurazione qualità». I risultati sono evidenti, perché le strumentazioni utilizzate, prodotte in parte da una azienda partecipata (Omv Machinery) sono all’avanguardia, le tolleranze (cioè lo scostamento dalla dimensione prevista di quel determinato prodotto, ndr) sono sensibilmente inferiori a quelle presenti in lavorazioni simili e la gamma di prodotti consta addirittura di 1.600 diverse tipologie. Che vengono costantemente innovate al tasso medio annuo del 10 per cento, con la conseguenza che negli ultimi cinque anni sono stati sfornati circa 800 nuovi prodotti.
Tra questi, degno di nota, perché emblematico di una tensione etica di DOpla, è il Braille Project: una coraggiosa iniziativa, unica nel settore, intrapresa nel 2009, con l’obiettivo di portare all’inserimento del sistema di lettura Braille su 8 milioni di confezioni di tutti i prodotti di alcune linee. “Si tratta – spiega Levada – di prodotti espressamente pensati per le esigenze dei 350.000 non vedenti italiani con l’intenzione di dar loro un piccolo ma sostanziale aiuto…Il progetto è un’iniziativa insolita per il mercato italiano e degna di nota per quello europeo, visto che, ad eccezione della confederazione elvetica, non c’è paese dell’unione europea che preveda l’obbligo di distinguere neppure le confezioni di prodotti chimici pericolosi: acidi, solventi, veleni, che possono essere erroneamente confuse, con esiti gravissimi”.
DOpla, che è indiscusso leader nella nicchia in cui opera, è partner delle più rilevanti imprese della GDO (Lidl, Esselunga, Coop, Conad, Selex, Auchan, Eurospin), con una quota superiore al 50 per cento delle insegne nazionali. «I competitors – spiega Carlo Levada, figlio di Renato che in DOpla è Direttore Generale – sono soprattutto in Italia, mentre all’estero ci sono grossi gruppi, multinazionali di packaging, che fanno anche 2-3 miliardi di fatturato, di cui solo una piccola parte derivante dalla produzione di stoviglie in plastica». È interessante apprendere che «il mercato italiano è più grande di quello dell’intera Europa», ma sorprende non poco venire a sapere che «quello italiano è concentrato soprattutto nel Sud Italia, dove la Sicilia ha un consumo di piatti e bicchieri in plastica superiore a quello della Germania».
Quello che maggiormente stupisce è però come DOpla sia stata in grado di reggere l’onda d’urto delle campagne, in alcuni casi molto aggressive, condotte negli ultimi anni, per diseducare all’uso della plastica. «È stato alimentato un pregiudizio verso la plastica anche per favorire certi produttori di materiali compostabili – sbotta Levada – salvo poi scoprire che queste produzioni assorbono quantità di acqua e di energia incredibilmente alte!». A tale proposito è illuminante uno studio, commissionato da DOpla all’Università di Trento sul ciclo di vita di diversi materiali e su quale sia il loro impatto sull’ambiente. «Sono stati messi a confronto prodotti in plastica, in carta, in vetro e materiale degradabile – racconta Carlo Levada – e gli esiti dello studio hanno confermato che quelli in plastica sono i meno impattanti sull’ambiente».
«Vale la pena ricordare – puntualizza ancora Levada – che dal 1 maggio, grazie ad un accordo tra Corepla, Anci e Conai, è finalmente possibile conferire, insieme agli altri imballaggi in plastica, anche i piatti e i bicchieri monouso, con evidente beneficio in termini di aumento delle percentuali di raccolta e quindi di riciclo e recupero».
Sempre in tema di compatibilità ambientale, Levada ha fortemente voluto che lo sviluppo sostenibile divenisse uno degli ulteriori elementi distintivi dell’azienda. «DOpla è un’azienda amica dell’ambiente e le continue innovazioni produttive adottate ci hanno messi in condizione di raggiungere una serie di risultati: un notevole risparmio energetico, nessuno scarto di produzione, nessuna emissione nociva nell’atmosfera e nel suolo». L’anno scorso l’azienda ha installato nello stabilimento di Casale sul Sile un impianto fotovoltaico totalmente integrato, con una potenza di 180 Kwp ed una produzione di circa 180 mila Kwh. «Questo impianto – ricorda Levada – permette un risparmio di 35 tonnellate annue di petrolio, evitando l’immissione di 95 mila kg di CO2 nell’atmosfera ed oltre a ciò abbiamo recentemente aggiunto delle linee di produzione nello stabilimento ceco, per fare packaging dalla polpa di cellulosa, biodegradabile al 100 per cento…ciò, pur nella consapevolezza che il mercato del biodegradabile è ancora limitatissimo».
Il nostro incontro termina con la lettura, da parte di Levada, di una missiva, che sancisce la fine di un incubo giudiziario durato due anni. Si tratta di un contenzioso con l’Agenzia delle entrate, con uno strascico penale, su cui un giudice del tribunale di Treviso ha deciso di mettere una pietra tombale. «Vede – spiega sconsolato Levada – queste sono le cose che rischiano di fare passare la voglia di continuare ad investire in questo Paese…dovrebbero rendere la vita più facile alle imprese, invece facciamo i conti con angherie e intoppi di ogni tipo, con una giustizia lenta, rigidità contrattuali, con un fisco oppressivo, regole incomprensibili e contraddittorie». Basta solo che si accenni alla politica, alle tante promesse fatte e mancate per creare un ambiente maggiormente friendly verso il mondo delle imprese, che Levada sgrana gli occhi e in modo lapidario sentenzia : «lasciamo stare, non ne parliamo».