Iva & Irpef, la legge di stabilità alla guerra dei numeri

Iva & Irpef, la legge di stabilità alla guerra dei numeri

Se si considera solo il taglio di un punto delle due aliquote più basse dell’Irpef, oltre 30 milioni di contribuenti ottengono uno sgravio, in media di 151 euro. Mentre il debito Irpef resta invariato per altri 10 milioni di contribuenti, per lo più incapienti. Ma se a questo si aggiunge l’aumento dell’Iva, il discorso cambia. I primi due decili subiscono un aggravio fiscale, che sarà dell’1 per cento per il primo. Tra il terzo e il nono decile il prelievo diminuisce rispetto a oggi in misura pressoché costante, attorno allo 0,2-0,3 per cento. Immutata la situazione per l’ultimo decile.

Davanti alle commissioni bilancio di Camera e Senato, il 23 ottobre, il ministro dell’Economia, a commento del disegno di legge di stabilità, ha affermato che il 99 per cento dei contribuenti Irpef pagherà meno imposte per gli interventi fiscali proposti. Più precisamente, ancora secondo le dichiarazioni del ministro, 30,8 milioni di contribuenti Irpef beneficeranno di una riduzione fiscale con un guadagno medio di 160 euro. Si tratta di valutazioni, come ha precisato il ministro, che fanno riferimento alla sola manovra sull’Irpef.
Le affermazioni del ministro necessitano di qualche approfondimento e precisazione.

QUANTI SONO I CONTRIBUENTI IRPEF

Un primo punto, forse frutto di una svista, ma certamente di un qualche peso in termini di annuncio, riguarda la coerenza delle cifre presentate. I contribuenti Irpef totali sono circa 41 milioni e quindi i conti non tornano se si dice che dalla manovra guadagneranno 30,8 milioni di contribuenti Irpef e poi si afferma che si tratta della pressoché totalità (99 per cento) dei contribuenti. Una possibile spiegazione ex-post di questa contraddizione sta nel fatto di includere tra “coloro che ci guadagnano” anche “coloro che non ci perdono”. Infatti dalle nostre elaborazioni risulta che effettivamente 30,5 milioni di contribuenti Irpef ottengono uno sgravio (di ammontare medio di 151 euro) ma poi ci sono altri 10 milioni che vedono il proprio debito Irpef totalmente invariato. Si tratta in massima parte di contribuenti “incapienti”, cioè di soggetti che hanno un reddito sotto la linea della “non imposizione” e su cui pertanto la manovra Irpef non ha alcun effetto.

SE AGGIUNGIAMO LA MANOVRE SULL’IVA

La seconda osservazione riguarda il fatto che le cifre illustrate dal ministro raccontano soltanto un pezzo della storia, quella dell’Irpef. Ma la manovra fiscale ha il suo punto qualificante nella scambio “meno Irpef – più Iva” prevedendo, accanto agli interventi sulle aliquote e sulle agevolazioni Irpef, anche l’aumento dell’aliquota ordinaria Iva al 22 per cento e l’aliquota intermedia all’11 per cento (vedi scheda). E quando accanto agli interventi sull’Irpef si considerino anche quelli sull’Iva la storia cambia radicalmente.

In realtà ci sono due modi per valutare l’effetto dell’aumento dell’Iva. In primo luogo, si può valutare la rimodulazione dell’Iva guardando a che cosa sarebbe successo a legislazione vigente, cioè considerando che il precedente governo aveva già previsto di aumentare le due aliquote superiori. In questa prospettiva, le aliquote Iva scendono dal 23,5 per cento e dal 12,5 per cento a 22 e 11, rispettivamente, e di conseguenza, ovviamente, tutte le famiglie ricevono uno sgravio dalla manovra.

Diversa è la questione se si valuta manovra Iva rispetto a oggi perché in questo caso le due aliquote aumentano di un punto percentuale rispetto al regime attuale. L’aumento dell’Iva incide maggiormente sulle famiglie più povere: l’imposta sul valore aggiunto è una imposta regressiva rispetto al reddito, pur essendo moderatamente progressiva rispetto ai consumi. Complessivamente, pertanto, i primi due decili vedono aumentare il carico fiscale, mentre dal terzo al nono decile il prelievo complessivo diminuisce lievemente. Per l’ultimo decile, infine, la situazione rimane invariata.

Se ci si muove in questa seconda prospettiva, la manovra congiunta Irpef-Iva produce sui bilanci familiari uno sgravio seppure di dimensioni limitate (circa un miliardo, cioè lo 0,1 per cento del reddito disponibile). Il taglio delle aliquote Irpef riduce il debito di imposta per l’83,3 per cento delle famiglie, mentre lasciano indifferente il 14,8 per cento e penalizza soltanto l’1,8 per cento; ma le famiglie che beneficiano della manovra, a causa dell’incapienza dei contribuenti più poveri, si concentrano soprattutto nelle fasce alte di reddito (tabella qui sotto). Il quadro cambia quando si aggiunge l’impatto dell’Iva: i primi due decili subiranno in realtà un aggravio fiscale, che sarà piuttosto rilevante nel caso del primo (+1 per cento). Tra il terzo e il nono decile, invece, il prelievo diminuirà rispetto a oggi in misura pressoché costante, attorno allo 0,2-0,3 per cento. Invariata sarà invece la situazione per l’ultimo decile.

*Massimo Baldini. Dottorato in Economia a Bologna, ha conseguito il Msc in economics presso lo University College di Londra. Nel periodo 1998-2002, ricercatore in Scienza delle Finanze presso la Facolta’ di Scienze Politiche di Bologna. Dal novembre 2003, professore associato di Scienza delle Finanze presso la Facolta’ di Economia di Modena. Membro del Capp, Centro di Analisi delle Politiche Pubbliche, del Dipartimento di Economia Politica dell’Università di Modena e Reggio Emilia.
Simone Pellegrino. Dottorato di ricerca in Finanza Pubblica a Pavia e Master in Public Economics a York. Attualmente ricercatore di Scienza delle Finanze presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Torino.
Alberto Zanardi. È attualmente professore ordinario di Scienza delle finanze presso l’Università di Bologna. È componente del centro di ricerca Econpubblica presso l’Università Bocconi di Milano. È stato membro della Commissione tecnica per la finanza pubblica presso il Ministero dell’economia e delle finanze nel 2007-08 e attualmente è consulente della Commissione bicamerale Camera-Senato per l’attuazione del federalismo fiscale.

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