“Vola come una farfalla, pungi come un’ape”, diceva Mohammed Alì. L’Inter non è ancora bella come una farfalla, ma sta imparando a pungere al momento giusto. Il cammino nerazzurro in campionato lo dimostra a pieno. Quando ancora l’Inter cercava una sua identità tattica, sono arrivate due importanti vittorie in trasferta a Torino e Verona, dove l’Inter ha colpito al momento giusto, sfruttando magari le uniche palle gol concesse dagli avversari ed anestetizzando gli avversari, come fossero punti da un’ape. Un trend che continua nonostante i continui ritocchi di Andrea Stramaccioni, che nelle ultime 7 gare ha mandato in campo 7 formazioni diverse. Ieri contro il Catania l’ultima grande novità: il tridente Cassano-Milito-Palacio. Così messa in campo, l’Inter – per ragioni di puro equilibrio – ragiona divisa in due blocchi. Dietro e al centro c’è un blocco fatto di giovani in crescita (vedi soprattutto alla voce Andrea Ranocchia), senatori e tanti muscoli che servono a coprire le spalle all’altro blocco dei tre là davanti.
Sono proprio i muscoli a fare la differenza (al di là delle polemiche sul rigore non dato al Catania). Gli ospiti, già elogiati da Linkiesta nell’ultimo turno, sono arrivati a San Siro senza paura, con un 4-3-3 a tutto campo che soprattutto nel primo tempo ha messo in difficoltà l’Inter sulla destra con il ‘Papu’ Gomez. Ne è venuto fuori un match equilibrato, anche nei numeri: 51% di possesso palla a 49 per l’Inter, 41% a 39 per il Catania di vantaggio territoriale. E allora, ecco che sono i contrasti a marcare il segno: 81 a 60 per la squadra di Stramaccioni, che in questo modo non prende più gol e sa che prima o poi in attacco qualcuno inventerà qualcosa. L’Inter ha la terza miglior difesa del campionato (6 gol subiti), dietro al Torino di un formidabile François Gillet (ieri strepitoso a Palermo) e a Napoli e Juventus.
La sfida tra le due contendenti allo scudetto è stata per molti versi la sintesi di un intero campionato. Tanta corsa, molta tattica, poco spettacolo e gioco muscolare. Ma alla fine la Juventus ha meritato. Il Napoli, pericoloso solo con Cavani, ha fatto suo il possesso palla (53%), ma lo ha gestito peggio dei padroni di casa. Nella serata in cui Pirlo è stato un giocatore ‘normale’, ecco che i bianconeri sfruttano l’asse Marchisio-Asamoah: uno detta i tempi e si inserisce, l’altro corre sulla fascia, tira, crossa e attira su di sé almeno due marcatori. Non è un caso se Marchisio l’ha passata all’ex Udinese 22 volte nel corso della gara. I 76 contrasti vinti a 68 hanno fatto il resto. Oltre ala fatale disattenzione in area sul gol di Caceres, chiaro. Un errore che la Juve non avrebbe mai commesso: sono già 2 in meno i gol subiti quest’anno rispetto all’anno scorso, mentre in attacco le reti sono 19, numero che rende i campioni d’Italia la squadra più prolifica nonostante la mancanza in avanti di un bomber di razza. E’ il segno inequivocabile che la Juve è una squadra nel vero senso della parola: tutti corrono e tutti partecipano, fino alla fine. Lo si era visto ampiamente contro la Roma.
Ecco, la Roma. Alzi la mano chi è in grado di dire in quale posizione in classifica arriveranno i giallorossi a fine campionato. Con 15 gol segnati e 13 subiti, la ‘Maggica’ è ormai zemaniana nel bene e nel male. Partiamo dal male. Molti di quelli che hanno visto, da spettatori interessati o meno, la partita Genoa-Roma hanno avuto la tentazione di spegnere la tv dopo 16 minuti. In campo c’era solo il Genoa, che con il suo impressionante ritmo imposto alla gara ha messo alla frusta una Roma che di difendere dietro al linea della palla proprio non ci pensava. Poi, il fatale errore: 2-0 e difesa rossoblu che si abbassa. Da lì in poi, solo la Roma. E qui arriva il bene del lato zemaniano. Leggete i numeri giallorossi e rifatevi gli occhi: 66% di possesso palla, 66% di vantaggio territoriali, 666 passaggi (a 322) di cui l’88% sono risultati azzeccati, 31 cross a 19. E poi c’è il numero 10, quello sulle spalle di Francesco Totti, che sul gol del 2-1 ha imposto un chiaro messaggio alla squadra: “Ci penso io”. Non a caso, il 43% del flusso di gioco è arrivato dal centro, dove il capitano ha spesso dialogato con il talentuoso Florenzi. Ci sarebbero da rivedere i movimenti in difesa in fase di non possesso palla, ma questo è il gioco di Zeman. Nel bene e nel male.