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Ci sono molti modi per raccontare come è cambiata Mediobanca, cuore del potere finanziario italiano. Si può procedere, per esempio, tentando grandi narrazioni. In un colloquio con Repubblica, l’amministratore delegato Alberto Nagel ha spiegato che «dalla scomparsa di Vincenzo Maranghi in poi, in Italia si è combattuta e si sta combattendo una guerra di potere». Guerre e alleanze, rivalità e tradimenti, proclami contro il nemico straniero e accordi con lo stesso straniero che prima rappresentava una minaccia, appelli a un passato mitico e nobile, conservano sempre il loro fascino nel paese di Machiavelli. Oppure si può guardare a come i protagonisti di queste guerre per bande si rapportano con il potere e soprattutto con il potere del denaro. E con l’idea che hanno del merito, della ricompensa e in definitiva, per dirla con il defunto Maranghi, dei «valori morali e professionali».
Alcuni dati ufficiali
Il 28 ottobre 2002 l’amministratore delegato Vincenzo Maranghi mise la sua ultima firma sul bilancio di Mediobanca, chiuso al 30 giugno 2002. Utile netto capogruppo: 117,65 milioni di euro. Dividendo per azione: 15 centesimi. Totale utili distribuiti: 116,78 milioni. Ammontare complessivo dei compensi pagati ad amministratori e sindaci: 2,8 milioni di euro. Compenso dell’a.d. Maranghi: 1,1 milioni. Compenso del presidente Francesco Cingano: 795mila euro. (Fonte: Bilancio 2001/2002)Il 27 ottobre 2012 l’amministratore delegato Alberto Nagel metterà la sua firma sul bilancio chiuso al 30 giugno 2012. Perdita netta della capogruppo: 200,15 milioni di euro, coperta tramite ricorso alle riserve. Dividendo per azione: 5 centesimi. Totale utili distribuiti: 42,21 milioni, interamente prelevati dalle riserve. Ammontare complessivo dei compensi pagati ad amministratori e sindaci: 12,97 milioni. Bonus per i manager: 44 milioni. Compenso dell’a.d. Nagel: 2,27 milioni. Compenso del presidente Renato Pagliaro: 2,48 milioni. Stock option escluse dai conteggi. (Fonte: Relazione sulla remunerazione, allegata al Bilancio 2011/2012)
È appena il caso di ricordare che le procedure con cui i consiglieri di amministrazione si auto-attribuiscono compensi milionari rispettano le indicazioni della Banca d’Italia e gli obblighi di informazione stabiliti dalla Consob. Formalmente in Italia è sempre tutto a posto, del resto.
Tuttavia, la semplice lettura dei bilanci racconta qualcosa di diverso. E dà la misura di che cosa sia diventata oggi una casta di banchieri ormai lontana dai valori storici di cui si dichiara depositaria. Banchieri che, mentre proclamano di perseguire operazioni a tutela del sistema finanziario godendo di carta bianca da parte di tutte le autorità di garanzia fino alle più alte cariche dello Stato, si arricchiscono a dispetto dei magri risultati.
Più bonus che dividendi. La relazione sulla remunerazione 2011/2012 (l’anno fiscale di Mediobanca va da luglio al 30 giugno successivo) rivela che «in applicazione dei criteri previsti, tenuto conto altresì delle indicazioni del comitato remunerazioni e del consiglio di amministrazione, l’amministratore delegato ha determinato l’assegnazione di un bonus pool di euro 44 milioni per Mediobanca», da dividere fra 119 persone in parte cash (32 milioni di cui 20 già liquidati) in parte in azioni. Quarantaquattromilioni di euro: cioè due in più rispetto ai 42 milioni che verranno distribuiti agli azionisti. Da notare che, poiché la capogruppo ha chiuso in perdita per 200 milioni, è stato necessario raschiare il fondo del barile e attingere alle riserve. Non solo. Quale impresa pagherebbe premi ai propri manager se è in perdita? La relazione sulla remunerazione spiega che è stato «verificato il soddisfacimento di tutte le condizioni per l’erogazione del bonus pool». Fra queste condizioni, non c’è l’utile della capogruppo. C’è invece quello dell’intero gruppo, che è risultato pari a 81 milioni. Tale risultato è stato raggiunto grazie alla cessione di una quota nelle Autostrade cilene, nell’ambito di un’operazione di riassetto societario in cui Mediobanca forniva aiuto a un proprio socio-cliente, la famiglia Gavio. Ma mentre i Gavio hanno mancato l’obiettivo finale del riassetto (cioè il controllo di Impregilo), Mediobanca ha incassato una plusvalenza di 91 milioni con cui ha potuto segnare un utile consolidato.
In dieci anni più che quadruplicati i compensi di cda e sindaci. La distanza fra la Mediobanca di oggi e la “vecchia Mediobanca” di dieci anni fa si potrebbe misurare in anni-euro: dieci milioni di anni-euro. Nel 2002 il cda di Mediobanca guidato da Cingano e Maranghi costò 2,8 milioni, cifra che include i compensi dei sindaci. Nell’esercizio chiuso al 30 giugno 2012, amministratori e sindaci di Mediobanca sono costati agli azionisti la bellezza di 12,97 milioni. Quattro volte e mezza il 2002, dieci milioni di euro in più. E tutto questo per vedersi presentare un bilancio pessimo (v. altro articolo), e una reputazione distrutta dai pasticci accumulati nella vicenda FonSai. Dopo anni in cui la coppia Nagel-Pagliaro ha cavalcato il tema della “svolta epocale”, per il piccolo azionista di Mediobanca l’unica svolta palpabile è questa: che Nagel guadagna 2,27 milioni (stock option escluse) contro 1 milione circa di Maranghi, e che il presidente Pagliaro ha incassato 2,48 milioni, comprensivo di un «premio di anzianità trentennale» da 216mila euro, contro i 795 mila euro del suo predecessore Cingano.
Convento povero, frati ricchi. La somma di bonus per i manager (44 milioni), remunerazione amministratori e sindaci (12,97 milioni) e di altri 10 dirigenti con responsabilità strategiche (circa 7 milioni), ammonta una cifra astronomica: fanno quasi 64 milioni. A fronte di una perdita netta della capogruppo di 200 milioni, di un utile consolidato di 81 milioni e di una distribuzione di riserve agli azionisti per 42 milioni. In Piazzetta Cuccia il convento è povero ma, nonostante i tanto sbandierati tagli, i frati continuano a essere molto ricchi.
Twitter: @lorenzodilena