Napoli presenta lo “snackometro” ma le scuole restano senza mensa

Napoli presenta lo “snackometro” ma le scuole restano senza mensa

NAPOLI – Si sa che Napoli è una città pittoresca, con i suoi colori, le sue tradizioni, il calore dei suoi abitanti. Una città piena di paradossi che rappresentano, allo stesso tempo, la sua fortuna e il suo danno permanente. Si sa anche che qui le cose vanno un tantinello alla deriva, ecco, che non è che non si campa bene, è che spesso non si campa proprio, che c’è la camorra, la camorrìa e l’inerzia delle istituzioni. Però si sa pure che abbiamo il Lungomare liberato e il torneo di tennis in riva al mare. Tutte cose risapute. Quello che forse non è chiaro a tutti, è che a volte le istituzioni cittadine fanno di tutto per coprirsi di ridicolo. Un esempio? Lo snackometro e la refezione scolastica che non c’è. Procediamo per ordine.

Da noi, a Napoli, le scuole ancora non sono ancora partite con la refezione scolastica, il che vuol dire che gli alunni non hanno ancora il tempo pieno (fino alle 16) ma escono da scuola alle 13, in base all’orario ridotto, con le conseguenti complicazioni a livello didattico, perché i programmi procedono molto a rilento. È che quest’anno scadeva il bando biennale in vigore fino a maggio scorso, perciò il Comune è stato chiamato a redigerne un altro.
Il bando viene preparato, un appalto verde all’avanguardia (basti pensare che prevede un nuovo tipo di vaschette biodegradabili che però, purtroppo, sono reperibili con grosse difficoltà sul commercio e che i macchinari deputati a sigillarle, in possesso delle ditte, siano di misure diverse rispetto alle vaschette. Vabbé, dettagli).

Il bando viene pubblicato a metà agosto, quando le ditte di refezione sono chiuse e la città intera è ferma per ferie. In netto ritardo rispetto al prossimo inizio dell’anno scolastico. La colpa è del ritardo nell’approvazione del bilancio, un dettaglio anche questo. Pare non si potesse accelerare la procedura. A un certo punto, però, il nuovo appalto verde rivoluzionario viene prorogato, per “errori tecnici” prima ,“disguidi” poi, “pasticci burocratici” infine. Salvo poi scoprire che nel capitolato d’appalto mancavano le grammature allegate ai menù, roba di una miriade di pagine, sciocchezze che possono sfuggire, senza dubbio. Insomma, il Comune si rende conto dell’errore (qualcuno, tra giornali e scuole, ha dovuto segnalarglielo, ma l’importante è che se ne sia venuti a capo) e corre ai ripari con un bando di procedura accelerata per coprire le more del nuovo appalto verde.

L’assessore comunale all’Istruzione, Annamaria Palmieri, dichiara ai giornali che la refezione partirà a metà ottobre, come al solito. Solo che soltanto in alcune Municipalità, negli anni precedenti, la refezione è partita a metà ottobre, perché molte hanno avviato sempre il servizio dal primo del mese. Passano i giorni e l’assessore Palmieri cambia idea: si partirà la terza settimana di ottobre.

Le mamme, che leggono le notizie sui giornali e ascoltano le voci di corridoio, entrano in allarme. Non ci crede più nessuna. Si agitano. È che avere i bambini fino alle 16 a scuola è una necessità per molte, per la maggioranza, quelle che lavorano, dal momento che, oggi, in una realtà come Napoli, se non si lavora in due, in famiglia non si campa. Perciò le mamme sono un “pochino” preoccupate. Aspettano, però, pazienti. Educate. Corrono da un capo all’altro della città a prendere i figli dopo aver svolto circa tre ore di lavoro scarse, dato che i bambini escono da scuola alle 13. Dopo le 13, inizia il delirio organizzativo dei figli, tra nonne, zie, badanti e babysitter, laddove ce le si può permettere. Qualche scuola va incontro ai genitori dei suoi alunni e avvia l’autogestione. In effetti l’autonomia scolastica prevede che possa essere data ai genitori la possibilità di provvedere da soli al pasto per i propri figli, per salvare il tempo pieno di cui tante scuole vanno fiere. Così, alcune scuole di Fuorigrotta, Materdei, Capodimonte e Posillipo iniziano ad autogestirsi, e i genitori portano da casa dei panini o stipulano convenzioni privati con ditte di catering. In questo modo, i bambini restano nelle scuole fino alle 16, con il consenso dei dirigenti scolastici.

La situazione della refezione scolastica napoletana è drammatica. È un problema che interessa 30.000 bambini in tutta la città, bambini le cui famiglie sono costrette a fare i salti mortali per tirare a campare fino a quando qualcuno non si degnerà di dare loro una data certa di inizio. Adesso pare che il tutto partirà il 5 novembre. Ancora un mese, quindi. Se tutto va bene. E non perché qualcuno lo abbia ufficialmente dichiarato, no, solo per sentito dire, facendo un paio di calcoli sui tempi tecnici dello svolgimento di un bando di gara. Le nonne, surrogato delle mamme in loro assenza, sono in fibrillazione, più esaurite e pazze delle mamme stesse fuori dalle scuole.

Il sindaco qualche giorno fa, su Twitter, ha chiesto scusa alla cittadinanza per il disguido. L’assessore Palmieri, soltanto una settimana fa, ai microfoni di Buongiorno Regione dichiarava che la refezione sarebbe partita a ottobre, nonostante tutto lasciasse presagire il contrario.
Situazione pietosa e preoccupante. Qui non si tratta di un disagio, ma di un danno materiale e morale perpetrato ai danni di famiglie che sul tempo pieno hanno fatto i propri conti di vita. Ma dov’è che il Comune aggiunge, alla beffa, il ridicolo? È qui che viene il paradosso. Perché il Comune si preoccupa moltissimo dei suoi piccoli abitanti. Al punto che, domani, lunedì 8 ottobre, Palazzo San Giacomo ospiterà la presentazione di un’iniziativa lodevole, una campagna educativa (in concorso con l’Asl) rivolta alle scuole elementari, medie e superiori, per indirizzare i giovani a uno stile di vita sano ed ecocompatibile. Sarà addirittura presentato “lo snackometro”, uno strumento che serve a sapere come si posizionano, dal punto di vista nutrizionale, gli snack in commercio e quali sono i prodotti verso cui orientarsi.

Leggo la notizia e resto allibita. Mi viene da ridere a crepapelle, perché se non rido sono costretta a piangere o, peggio, a buttare all’aria il tavolo col computer sopra. Che bella una città in cui il Comune focalizza la sua attenzione sul modernismo di uno snackometro e però è incapace di offrire un pasto caldo ai propri piccoli cittadini, eh? Già. Che importanza volete che abbia un vergognoso strafalcione per cui 30.000 bambini restano senza refezione e tempo pieno, se poi abbiamo un Lungomare bellissimo? Viva Napoli. Pizza pizza marescià.

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