Nutraceutica, meglio il cibo o gli integratori alimentari?

Nutraceutica, meglio il cibo o gli integratori alimentari?

Possiamo davvero curarci con gli alimenti? La nutraceutica, termine che nasce dalla fusione di “nutriente” e “farmaceutico”, è la scienza che si occupa proprio di studiare gli alimenti attivi, che hanno cioè un effetto favorevole sulla nostra salute. Nutraceutico può essere un alimento, come il cioccolato o l’olio d’oliva, ma anche un integratore alimentare, che contiene, in forma concentrata, la sostanza attiva presente nell’alimento. Ma anche un probiotico (i batteri buoni presenti nell’intestino che ne migliorano la funzione) o un prebiotico (sostanze che favoriscono la crescita dei probiotici). In Italia la prima società che si occupa di questo settore è la Società italiana di nutraceutica (Sinut), che ha l’obiettivo non solo di studiare e dimostrare l’effetto di queste sostanze, ma anche di fornire una regolamentazione del mercato (nel caso degli integratori) al più presto. Come ci spiegano Anna Arnoldi, professoressa di Chimica degli Alimenti presso l’Università degli studi di Milano e Giovanni Scapagnini professore di Biochimica clinica presso l’Università degli studi del Molise, entrambi membri del consiglio direttivo del Sinut.

Professoressa Arnoldi, davvero “alcuni cibi agiscono sul nostro organismo come medicine”?
Che gli alimenti siano come medicina è una frase troppo forte. Le medicine sono una cosa diversa. Ci sono alcuni alimenti che hanno un effetto benefico sulla salute, grazie a dei loro componenti, e di conseguenza possono avere un effetto preventivo su alcune malattie, soprattutto quelle croniche. Ma parlare di veri e propri farmaci curativi, quello no. Semmai possono servire per ridurre i fattori di rischio e allontanare l’instaurarsi della malattia vera e propria. Per esempio, chi ha un po’ di colesterolo elevato, senza avere livelli tali per cui è richiesta la somministrazione delle statine, può assumere gli yogurt con fitosteroli, o anche i fitosteroli in formulazioni diverse. Lo stesso effetto positivo hanno anche le proteine della soia e il riso rosso fermentato presente in alcuni integratori.

Può fare qualche altro esempio di alimenti attivi che influenzano positivamente il benessere del nostro organismo?
Un altro alimento di dimostrata efficacia scientifica è per esempio il cioccolato amaro: 10 grammi di cacao al giorno, contenente con 200 milligrammi di flavonoli, tengono a bada la pressione alta, favoriscono la dilatazione delle coronarie e abbassano i livelli di colesterolo. Ci sono però anche altri fattori da considerare, perché il cioccolato contiene molti grassi e calorie, e per una persona in sovrappeso è sconsigliato assumerlo come tale (anche perché l’obesità è un altro fattore di rischio cardiovascolare). A quel punto meglio introdurre i flavonoli come integratori alimentari. Poi ci sono le proteine di soia, per il corretto mantenimento del livello di colesterolo; i derivati del latte che contengono dei peptidi che abbassano la pressione; integratori a base di carotenoidi per la salute dell’occhio e la protezione della degenerazione della macula; il lupino, una leguminosa che ha effetti benefici non solo su colesterolo e diabete, ma anche per l’ipertensione; gli estratti di cramberry hanno un effetto positivo nella protezione da cistite. L’aglio, infine, riduce la pressione.

Ma per avere un effetto soddisfacente dovrei assumere elevate quantità di questi alimenti ogni giorno o sbaglio?
Nel caso dell’aglio sì, forse è più indicato assumere l’integratore che non da neanche problemi di alito cattivo. Ma per esempio nel caso dei mirtilli, la quantità efficace si raggiunge anche bevendo il succo o assumendo i mirtilli ogni giorno come alimento. Il problema semmai è consumarli tutti i giorni nelle quantità esatte. Poi non è detto che siano facilmente reperibili perché la produzione si ha solo per un periodo limitato dell’anno, mentre l’estratto standardizzato ti copre tutto l’anno. Anche i polifenoli contenuti nelle olive hanno un effetto antiinfiammatorio, ma ottenerlo con l’olio d’oliva non ha senso. Si tratta infatti di sostanze poco solubili nell’olio, che si trovano in maggior quantità nell’acqua di vegetazione. È meglio quindi introdurle sotto forma di integratore, perchè sarebbero necessarie grandi quantità di olio per avere l’effetto voluto, e l’olio ha anche molte calorie. Dipende dal caso, ma già una dieta ricca di frutta e verdura, con le cinque porzioni giornaliere previste, è già un ottimo aiuto per prevenire malattie e invecchiamento.

Gli studi però spesso sono condotti su pochi pazienti: sono affidabili o sono solo dei punti di partenza che prevedono altri studi più approfonditi?
Parliamo comunque di alimenti, non c’è quindi il grande investimento che le industrie farmaceutiche impiegano per lo sviluppo di un farmaco, dove gli studi clinici richiedono numeri molto più grandi perché lo impone la legge. E anche costi molto più ingenti. Non è possibile sostenere studi di questo tipo per gli integratori. La farmacologia clinica ha però un settore di statistica che si occupa di calcolare il numero della popolazione che devo prendere in considerazione per valutare l’efficacia del “trattamento” . Quindi dietro ogni studio c’è una buona analisi statistica che fa da garante. Poi sì, a volte si tratta solo di punti di partenza.

La nutraceutica è un settore in costante sviluppo. Registra una crescita commerciale del 15-20% l’anno, al contrario del farmaceutico che invece è in calo. Come mai?
Il mercato del nutraceutico è nuovo e di conseguenza l’interesse del consumatore è maggiore. Inoltre essendo nuovo partiamo da zero quindi è normale che si cresca mentre quello farmaceutico è già alto ed è difficile che cresca ancora. Inoltre siamo in un periodo in cui il consumatore cerca i prodotti naturali. Se ci aggiunge che gli integratori sono consumati prevalentemente da un ceto più alto della popolazione, ecco spiegato ulteriormente il motivo. Per questo ha risentito meno della crisi. La fascia interessata a questo mercato è benestante e non giovanissima (molti prodotti sono proprio rivolti all’anti-invecchiamento e a patologie croniche che si manifestano con l’avanzare dell’età) e ha uno stipendio stabile rispetto ai più giovani.

Ma all’industria del farmaco conviene che questo mercato prenda sempre più spazio o è un ostacolo?
Assolutamente no, anzi. Le industrie sono molto interessate al settore degli integratori, quasi tutte stanne aprendo una divisione di nutraceutica, perché in un momento in cui guadagnano sempre meno dai farmaci, perché i brevetti scadono e non ce ne sono di nuovi, devono trovare altri modi per sostenersi economicamente e non chiudere. Sono i nuovi brevetti a sostenere la crescita delle aziende, se non ce n’è di nuovi e come accade ora i centri di ricerche chiudono, allora aprono le divisioni di integratori alimentari. Anche perché si tratta di sostanza già pronte, presenti in natura. Non ci vogliono grandi investimenti per inventarlo, bisogna solo estrarlo e poi dimostrane l’efficacia.

Professor Scapagnini, al momento esiste una legislazione che regoli questo settore?
No, al momento attuale il settore del nutraceutico non è regolato da nessuna normativa. Ognuno può mettere in commercio un integratore con l’indicazione che preferisce, senza una documentazione che ne dimostri l’effetto. Quello che la Sinut e la società scientifica in generale vorrebbero è che questi prodotti fossero regolamentati come i farmaci e che dietro ogni prodotto nutraceutico ci sia una documentazione di efficacia e una garanzia sulla purezza della sostanza. A luglio di quest’anno si è deciso che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) debba fare da garante scientifico della valutazione dei claim degli integratori, ovvero dell’efficacia degli effetti che gli sono attribuiti e che noi leggiamo sull’etichetta. Si sta cercando di dare al mondo degli integratori un aspetto simile a quello che si ha in America, dove ci sono molto sostanze che non sono approvate e altre invece che hanno dietro un claim quindi un effetto approvato.

Cosa si deve fare oggi se si vuole mettere sul mercato un integratore alimentare?
Oggi posso mettere sul mercato un integratore alimentare ma se voglio dargli un etichetta particolare, per esempio per dire che ha effetto sui disturbi della menopausa, allora lo devo dimostrare, e lo devo fare con uno studio clinico da presentare all’Efsa, che ne valuterà l’adeguatezza, secondo delle precise linee guida. Questo processo sta rendendo il mondo della nutraceutica molto più complesso ma serve solo per tutelare il consumatore. È un settore in larga espansione su cui si punterà molto in futuro, ma è necessario introdurre delle regole altrimenti ognuno può fare ciò che vuole. Inoltre malattie croniche legate all’età (come diabete, Alzheimer, colesterolo, ecc.) e l’invecchiamento saranno le malattie del futuro, in una società sempre più vecchia che ha sempre meno problemi legati a patologie acute. E questi saranno i “rimedi” a cui si punterà in futuro.

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