La decisione della Financial Services Authority di allentare i requisiti patrimoniali per i nuovi prestiti nel Regno Unito e di consentire alle banche di pescare facilmente nelle loro riserve di asset facili da vendere è una coraggiosa combinazione di teatro politico e teoria economica. Allentando le regole, il “Cane da guardia” della City sta essenzialmente richiamando il bluff dei gruppi bancari che sostengono le riforme della regolamentazione siano eccessivamente ambiziose e impediscano di erogare prestiti all’economia reale.
I regolatori stanno anche scommettendo che vale la pena di correre il rischio di alleggerire il capitale di qualità e le riserve di liquidità al fine di evitare una prolungata doppia recessione e le sofferenze bancarie che inevitabilmente l’accompagnano. In pratica, quest’estate la Fsa ha iniziato a chiedere agli istituti di credito inglesi di detenere un ammontare definito di capitale piuttosto che mantenere il precedente obiettivo di disporre di capitale di alta qualità pari al 10% degli attivi ponderati per il rischio. La svolta implica che le banche possono aumentare i loro prestiti nel Regno Unito senza dover aggiungere capitale a compensazione dei prestiti, e le banche non avranno alcun beneficio in termini regolatori del taglio ai loro portafogli prestiti.
Se la scommessa pagherà, il nuovo regolatore di stabilità inglese, il Financial Policy Committee, sarà stato lungimirante. Se va male e sarà seguita da una recessione più profonda, le banche avranno meno capitale proprio per assorbire le inevitabili perdite. Secondo Simon Gleeson, partner di Clifford Chance, «i prestiti commerciali potranno essere effettivamente privi di rischi dal punto di vista dei requisiti patrimoniali se…si abbraccia la teoria in base alla quale c’è una domanda delle imprese per i prestiti, ma è limitata da una mancanza di offerta, allora questo potrebbe fare la differenza a livello dei margini; invece se non si segue tale teoria, si crea un incentivo perverso a caricarsi dei prestiti alle imprese più rischiosi sul mercato». L’Fpc ha segnalato negativamente questo spostamento di enfasi nel verbale della sua riunione di settembre e Andrew Bailey, il capo della regolamentazione prudenziale dell’Fsa, ha detto al Financial Times che un allentamento dei requisiti è «assolutamente cruciale per comprendere il compito della Fpc e bilanciare l’obiettivo dell’elasticità con quello di una poltica economica controciclica».
Altri regolatori stanno andando nella stessa direzione. La scorsa settimana, l’European Banking Autority, che fa da supervisore alle banche europee, si è allontanata dai requisiti di capitale. L’Autority ha rivelato di voler cancellare il requisito che prevede che le banche mantengano al 9% il capitale di qualità (core tier one) anche dopo che i loro bond sovrani sono stati sottoposti a stress test per portare il loro valore di libro a quello di mercato.
Anche se Andrea Enria, presidente dell’Eba continuerà a insistere sul fatto che le banche conservino il capitale invece di distribuirlo agli azionisti, adotterà anche una visione meno stringente del patrimonio di vigilanza al 9 per cento. Una mossa causata in gran parte da motivi pratici. Secondo l’Eba, una volta implementate anche in Europa le regole di Basilea III e rafforzata la definizione del patrimonio di vigilanza (Core tier one capital), l’idea di mantenerlo al 9% accanto al 7% previsto da Basilea III potrebbe generare confusione. In ogni caso, i funzionari riconoscono che lo spostamento di attenzione verso livelli patrimoniali assoluti e lontani dai ratios potrà dare maggiore libertà alle banche per aumentare i prestiti sul breve termine, senza violare i requisiti normativi.
Nel Regno Unito, l’Fsa sta cercando di affrontare un’altra questione portata avanti dall’industria finanziaria – quella per cui le regole di liquidità stanno costringendo le banche a tenere “extra cuscinetti sui cuscinetti” (imposti da Basilea III per assorbire shock macroeconomici, ndr) di titoli di Stato a basso rendimento nel timore che gli investitori potessero fuggire qualora avessero usato le loro riserve di emergenza.
Il mese scorso, il “Cane da guardia” ha diviso i cuscinetti di liquidità su due livelli. La parte alta è stata informalmente soprannominata “no fallimento” per dimostrare che le banche in grado di mantenere questo livello non saranno soggette a un maggiore controllo normativo. Ha consentito inoltre agli istituti di credito di conteggiare gli altri attivi ad alto rendimento per arrivare al 10% del “cuscinetto”, purché soggetti a un taglio del valore nominale del 50%, e la Banca d’Inghilterra li accetterà come garanzia.
Questo atteggiamento più rilassato sulla liquidità potrebbe avere implicazioni globali. Nel mese di dicembre, i regolatori del mercato si incontreranno per discutere delle modifiche dei requisiti di liquidità, compresa una proposta della Banca centrale europea, che prevede che gli attivi possano essere conteggiati nel novero del cuscinetto regolatorio ogni volta che vengono accettati come collaterale dalla banca centrale del Paese. «È chiaro da tempo che sulla liquidità c’è ancora molto lavoro da fare…Allargare il novero degli asset includibili serve a dare alle banche maggiori margini di manovra per poter funzionare in modo più efficace». Lo ha detto Richard Reid, direttore di ricerca presso l’ International Centre for Financial Regulation.
Articolo originariamente pubblicato sul Financial Times
(traduzione a cura di Stefania Saltalamacchia)