Scopelliti punta alla trasparenza dei conti, ma la sua giunta finisce indagata

Scopelliti punta alla trasparenza dei conti, ma la sua giunta finisce indagata

Dopo il Laziogate, la visita della Guardia di finanza nei consigli regionali di Piemonte ed Emilia Romagna e i sospetti sulla Liguria, sul funzionamento delle regioni è piombata una grande lente di ingrandimento. E c’è chi cerca di lavare i panni in pubblico, nel tentativo di dimostrare la pulizia dei propri conti. Senza, però, riuscirci del tutto. Come fa il governatore della Calabria Giuseppe Scopelliti – oggi raggiunto dalla notizia di iscrizione di tutti gli assessori della sua giunta nel registro degli indagati con l’accusa di abuso d’ufficio per una nomina sospetta – , che nel bel mezzo dello scandalo Fiorito e sotto la pressione della stampa locale, lancia proclami sulla già avvenuta riduzione di stipendi e indennità dei consiglieri. E sul sito internet del Consiglio ha deciso di pubblicare i rendiconti 2011 di ciascuno dei dieci gruppi consiliari di Palazzo Campanella. Ma più che rendiconti, i documenti scaricabili sembrano delle autocertificazioni un po’ alla buona timbrate e firmate con calamaio. Con le caselle vuote riempite, in alcuni casi, anche a mano, parecchie “altre spese” non meglio identificate e un fiume di soldi finiti in collaboratori e consulenti esterni.

Nel 2011 la Regione Calabria ha speso 7.026.198 milioni per le indennità dei consiglieri, 6.291.678 per i vitalizi, 11.480.608 per il personale e 4.462.99 per i gruppi consiliari (il 50 per cento distribuito in egual misura tra i gruppi e il resto proporzionalmente), a fronte di una spesa complessiva per il funzionamento della macchina consiliare di oltre 77 milioni di euro. Il tutto, come lo stesso governatore è stato costretto ad ammettere dalle poltrone di Porta a Porta su Rai Uno, per un totale di soli 14 giorni di lavoro su 365 (il dato si trova ne La casta invisibile delle Regioni di Pierfrancesco De Robertis). «Se non possiamo finanziare le leggi, è inutile riunire il consiglio», ha detto a Bruno Vespa.

Appena esploso l’affaire Fiorito, ci avevano provato in tanti a fare chiarezza su quei 4 milioni e mezzo incassati nel 2011 dai gruppi consiliari calabresi. Ma, come aveva scritto Il Quotidiano della Calabria, queste informazioni sembravano essere «più segrete del Codice da Vinci». E anche contattando il Consiglio regionale, non se ne cavava un fico secco. Finché ecco comparire online i “Rendiconti Gruppi Consiliari Anno 2011”, che tutti ora possono consultare accedendo al sito web del consiglio. Un gesto di trasparenza. Sì, ma con qualche opacità di troppo.

Partiamo dal documento presentato dal gruppo “Scopelliti presidente”, composto da sei consiglieri, che nel 2011 ha incassato quasi 350 mila euro (più di 58 mila euro per consigliere), di cui 48.200 per “altre spese”. Sulle quali, ovviamente, non è dato sapere nulla. I numeri salgono per le “altre ed eventuali spese” del gruppo consiliare più numeroso, quello del Popolo della libertà, di cui fa parte lo stesso Scopelliti e nel quale sedevano anche Francesco Morelli e Santi Zappalà, i due consiglieri arrestati a distanza di un anno per presunti rapporti con la ‘ndrangheta. Ebbene, il gruppo pidiellino, alla voce “altre eventuali spese” del 2011 scrive – a penna – la cifra di 532.558,27 euro a fronte di una disponibilità di oltre un milione di euro per 17 consiglieri. Più della metà della destinazione delle spese del Pdl, in pratica, rimane sconosciuta. Alla faccia della trasparenza. Per non parlare degli oltre 232 mila euro destinati a «spese organizzative, di funzionamento, di rappresentanza, di aggiornamento, studio e documentazione, acquisizione di consulenze professionali di esperti, informazione sull’attività del gruppo, documentazione e libri, spese tipografiche, organizzazione convegni».

Anche il gruppo del Partito democratico destina il malloppo più alto, 372.863 euro, alle spese di rappresentanza. Con un altro picco di oltre 248 mila euro per le “spese per collaborazioni e personale, rimborso per viaggi, rimborso per viaggi, trasferte per partecipazione attività” dei dieci consiglieri. Ma niente fatture, niente assegni. Ogni cifra è associata a voci descrittive simili da un gruppo all’altro. Tutt’altro che specifiche.

E non mancano le curiosità. Per il gruppo Autonomia e diritti, oggi composto solo dall’ex governatore Agazio Loiero dopo l’abbandono dei tre consiglieri iniziali traghettati su altre sponde, il rendiconto dell’anno è suddiviso in tre parti. Per un totale di 335 mila euro di contributi. E i soldi erogati dall’1 settembre, quando il gruppo si era già ristretto a un singolo, hanno superato i 77 mila euro. Per un solo consigliere. Che alla fine dell’anno, guarda un po’, li aveva già pesi tutti. Come, però, non ci è dato sapere. A chi glielo ha chiesto, l’ex presidente della giunta calabrese ha risposto: «Molta struttura e personale. Diciamo 80 per cento personale, e il venti per cento convegni, alberghi».

L’Unione di centro, che nel suo staff annovera sei consiglieri tra cui il presidente del consiglio Francesco Talarico, ha incassato nel 2011 più di 470 mila euro, di cui quasi 75 mila euro in “spese varie”. Aggiungendo però: “documentate”. Ma di questi documenti nei presunti rendiconti non si vede neanche l’ombra. Unica curiosità: una spesa di 10.769,50 euro per “acquisto autovettura + assicurazione”. Eppure proprio il presidente Talarico (indagato dalla procura di Reggio Calabria per abuso d’ufficio), sul caso Polverini ha dichiarato: «Chi rappresenta la cosa pubblica deve gestire con attenzione le risorse, perché significa potersi presentare bene nel rapporto con i cittadini». Talarico è anche lo stesso che non perde occasione di sottolineare come la Calabria sia una regione «virtuosa», che ha ridotto «il bilancio del consiglio da 79 a 70 milioni di euro» e il numero degli assessori da 12 a 8, abolendo anche la figura del sottosegretario e tagliando del 50% il ricorso alle consulenze. Ma dalla prossima legislatura. E infatti il suo gruppo solo in consulenze nel 2011 ha speso quasi 58 mila euro (53.276+4.411).

Anche il gruppo di appoggio a Scopelliti “Insieme per la Calabria” (di cui faceva parte Antonio Rappoccio, ultimo consigliere arrestato in ordine di tempo), su un totale di 238.156,99 euro, ha destinato a non meglio note “altre spese” ben 44.950 euro. Mentre l’Italia dei valori, con soli tre consiglieri, ha riservato – su un totale di cassa di 382.749 euro – 273.970 euro a collaboratori e consulenze esterne. Più del 70 per cento. Non scherza neanche il Gruppo Misto: tre consiglieri e 177 mila euro in collaborazioni.

Alle consulenze, in effetti, la Regione Calabria è affezionata da tempo. Basta guardare gli elenchi pubblicati sul sito dell’istituzione con allegato il decreto di affidamento. Il picco, per numero di consulenti, si ebbe nel 2009 con 256 incarichi. Calati a 107 nel 2010 e 109 nel 2011. Numeri sicuramente in difetto, perché in alcuni decreti l’incarico è affidato per due o tre anni, mentre negli elenchi viene riportata una sola annualità. In quattro anni, tirando le somme, la Regione ha speso oltre 11 milioni di euro in consulenze. Con una riduzione di quasi tre milioni di euro nel passaggio dalla amministrazione Loiero a quella Scopelliti. Si tratta spesso di incarichi brevi, su singoli progetti, con retribuzioni che vanno dai 10 ai 20 mila euro, ma con picchi, in alcuni casi, di quasi 40 mila euro.

Eppure i conti del Consiglio regionale non sembrano essere gli unici numeri a preoccupare il governatore Scopelliti, indagato anche nell’inchiestadella procura di Catanzaro per il buco di circa 2 miliardi di euro nella sanità regionale. Ad aspettarlo al capolinea ci sono anche le casse bucate del Comune di Reggio Calabria, tra l’altro a rischio scioglimento per infiltrazioni mafiose, che il “giovane” pidiellino ha amministrato per sette anni. Casse talmente bucate da richiedere l’intervento degli ispettori della Ragioneria generale dello Stato. Tra gli «artifici contabili» e le «pesanti irregolarità» presenti nella relazione finale, ha scritto Il Sole 24ore, il disavanzo della città dello stretto ammonterebbe a 160 milioni di euro, per un indebitamento complessivo di oltre 300 milioni di euro al 2009. Ma, mettono in guardia gli ispettori, ci sarebbero stati diversi tentativi di nascondere il rosso. E tutte le stime, anche qui, sarebbero da approssimare «per difetto». 

A questo, oggi si è aggiunta anche l’iscrizione nel registro degli indagati di tutti i componenti della giunta calabrese con l’accusa di abuso d’ufficio. L’inchiesta della procura di Catanzaro riguarda la nomina di Alessandra Sarlo a dirigente regionale del Dipartimento controlli. Reato, tra l’altro, per il quale risultava già indagato lo stesso Scopelliti. Alessandra Sarlo è la moglie del giudice Vincenzo Giglio, arrestato lo scorso novembre a Milano per corruzione e favoreggiamento personale, aggravato dall’aver agevolato la ‘ndrangheta, insieme al consigliere Pdl Francesco Morelli e ad altri esponenti del clan Lampada. La decisione del sostituto procuratore di Catanzaro Gerardo Dominijanni di coinvolgere l’intera giunta nell’inchiesta deriverebbe dalle dichiarazioni dell’assessore regionale al Personale Domenico Tallini. Che agli inquirenti aveva spiegato come la nomina della Sarlo fosse frutto di una decisione collettiva di tutto l’esecutivo guidato da Scopelliti. 

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