Viva la FifaStramaccioni impara dal passato, Zeman no

Stramaccioni impara dal passato, Zeman no

C’era una volta il Milan. C’era una volta la classe del Milan. C’erano una volta i giocatori di classe del Milan. Non è in discussione l’impegno dei singoli, ma la qualità. Tutti i reparti sono in sofferenza qualitativa. La difesa è in mano alternativamente a Yepes, Zapata, Acerbi e Bonera. Tutti ottimi giocatori per una squadra che non deve vincere il campionato e guadagnare soldi in Champions League. A centrocampo vige la nuova regola fisica. A tale scopo è stato chiamato De Jong, che ancora non ha capito sia gli schemi di Allegri che come stare in barriera. Il gol del pareggio del Parma è passato dal buco che ha creato. Vedere Ambrosini piazzato al centro della linea mediana e Nocerino esterno destro è ipotizzabile solo in emergenza. Quando è stato possibile, Allegri lo ha sostituito con Montolivo, che a Firenze non è rimpianto come un Rui Costa o un Batistuta. Da un suo fallo non richiesto e non necessario al limite dell’area si sono create le premesse per il pareggio di Galoppa. Il Milan ha sì subito solo 6 gol contro i 13 del Chievo, ma tutto ciò non basta. Non supportato dalla linea difensiva e quella mediana, l’attacco poggia tutto sul un ragazzino con una randa come capigliatura che corre a più non posso. Tecnica agile, 4 gol in campionato, ma classe da scoprire. Tutto qua. E se il primo tiro in porta (alto) il Milan lo ha effettuato al 42’ del primo tempo, qualcosa vorrà dire. L’anno scorso Nocerino ha segnato tanti gol quanti ne ha fatti in tutta la sua carriera, giovanili comprese, grazie agli inserimenti che il signor Ibra creava con la sua tecnica e fisico. Ieri ha giocato esterno destro è l’unico inserimento lo ha fatto quando ha infilato il tunnel degli spogliatoi.

E c’era una volta Zemanlandia. Più che un impianto tattico, una fede alla quale molti tecnici si sono ispirati nel tempo, salvo poi votarsi all’equilibrio. Uno dei casi più celebri è quello di Delio Rossi, che per anni si è ispirato al 4-3-3 del boemo, per poi rendersi conto che per combinare qualcosa occorre prima non prenderle. In Italia funziona così. Non a caso, è questo il credo di uno che di scudetti in Italia ne ha vinti a vagonate come Fabio Capello. Zeman ragiona invece come fanno in Spagna: fare un go, in più degli altri, possibilmente divertendo. Il problema è che non sta accadendo né l’uno né l’altro. Zeman ai romanisti continua però a piacere, a differenza di uno come Luis Enrique che aveva la colpa di lavorare sul campo e basta, mentre il boemo continua ad attaccare la Juve. Sabato sera il campo ha parlato chiaro. Se dopo 20 minuti di gioco, una squadra segna tre gol e prende due traverse, vuol dire che ci sono dei forti meriti e fortissimi demeriti. Zeman ultimamente ha cercato sempre ed a qualunque costo la polemica, ma ciò non ha fatto altro che aumentare la rabbia dei bianconeri per fargliela vedere a quello là. Che si aggiunge a quella che Antonio Conte diffonde a piene mani, durante la settimana, quando pensa a Carobbio. L’unica speranza affinché la Juve abbassi i ritmi indiavolati è che il Tnas lo discolpi. Oppure giocare con squadre allenate da tecnici giovani e seri come Montella che, guarda caso, avrebbe dovuto essere il timoniere della Roma. E invece c’è Zeman, che alla Roma ha fatto subire 11 gol in 6 partite, secondo solo al Chievo (13).

Naturalmente la rabbia è il propellente che fa girare un motore quasi perfetto, al quale non manca i pezzi di rispetto originali. La difesa è quella che viene utilizzata in blocco da Prandelli, il centrocampo dello scorso anno è stato potenziato con Asamoah e Pogba, due che possono coprire più ruoli nella stessa mediana, aggiungendo qualità e fisicità quando occorre: Asamoah ha già fatto 3 assist in campionato. In attacco bisogna aspettare solamente il turno di Bendtner perché gli altri 4 hanno dimostrato che sono presenti alla chiamata seppur sporadica. Zeman ha dichiarato, tra l’altro, che quando vedrà giocare la squadra con le sue idee capirà se è troppo vecchio per questo sport. Se guardasse a quanto fatto in passato, la risposta l’avrebbe già in tasca. Squadre che si sono sempre sfilacciate in primavera, gol subiti in quantità, atteggiamenti da superuomo come quando, per punire Schillaci a Messina per il suo scarso impegno negli allenamenti (a suo dire non voleva saltare i gradoni) lo mandava in tribuna, per poi richiamarlo perché aveva bisogno dei suoi gol.

Infine, c’era una volta l’Inter provinciale, che ieri sera è sbocciata in una squadra aggressiva e sicura di sé. Stramaccioni pare aver trovato la cosiddetta quadratura del cerchio: 3-4-1-2, con Zanetti e Cambiasso rivitalizzati, Coutinho finalmente titolare dopo un grande precampionato e la coppa Milito-Cassano a fare scintille. Il 2-1 sull’ottima Fiorentina di Montella deve far sperare ma allo stesso tempo evitare di creare facilissimi entusiasmi: l’Inter ha fatto bene, ma gli ospiti erano senza una punta in grado di attaccare la profondità e fare gol. Toni non farà mai più 30 gol in campionato e El Hamadoui non è ancora disponibile. L‘Inter ha comunque di che gioire, perché è passata dalla vittoria risicata e sofferta (da provinciale, via) di Verona a un successo fatto di dominio del campo e attacco affiatato. I nerazzurri sono a quota 10 reti in campionato, comprese le 4 di Cassano e i 2 assist di Milito che ieri sera si è finalmente sbloccato con il gol. La squadra non ha più girato a vuoto e sta finalmente dando concretezza ai 2318 passaggi effettuati in campionato. Il segnale migliore è dato dal fatto che la squadra ha prodotto gioco senza Snejider, che con la sua classe e i suoi 15 tiri nello specchio della porta in campionato è una pedina fondamentale. Una buona notizia per i nerazzurri in vista del derby.
 

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