Stranieri, il mistero tutto italiano della sanatoria flop

Stranieri, il mistero tutto italiano della sanatoria flop

“Una telefonata allunga la vita”. Probabilmente Irina sorriderebbe se conoscesse il claim del famoso spot con Massimo Lopez. Perché proprio grazie al contratto stipulato con un operatore mobile potrà partecipare alla sanatoria e ottenere finalmente un permesso di soggiorno: quel foglio di carta è la prova che dimostra che questa signora ucraina (professione badante) si trovava in Italia prima del 31 dicembre 2011. “C’è gente che sta ribaltando casa alla ricerca di qualsiasi documento che possa accertare la presenza in Italia nel 2011”, spiega Maurizio Bove, responsabile immigrazione della Cisl Milano.

La sesta sanatoria della Repubblica italiana aveva destato fin dall’inizio critiche e perplessità tra gli operatori. In un primo momento, infatti, solo i documenti emessi “da organismi pubblici” sarebbero stati ritenuti validi. Poche le certezze (timbri sul passaporto, multe, documenti emessi dagli ospedali), solo il 4 ottobre a seguito di una sentenza dell’Avvocatura dello Stato, è stato possibile produrre come “prove” anche l’abbonamento ai mezzi pubblici, i libretti postali, le carte sim del cellulare e persino le ricevute del money transfer. Migliaia di persone hanno tirato un sospiro di sollievo e si sono rimessi in coda agli sportelli dei sindacati e dei patronati. “Il punto è che questa decisione non è ancora sufficiente. E soprattutto è arrivata tardi. Sarebbe di buon senso fare una proroga”, chiede Piero Soldini, responsabile nazionale immigrazione Cgil.
Favorevoli alla proroga anche le Acli: «Si poteva essere un po’ più chiari fin da subito sulle prove di presenza. Le regole sono state forse un po’ troppo severe – commenta Santino Sciré, vice presidente Acli, con delega all’immigrazione». La decisione dell’Avvocatura è arrivata tardi. Una proroga ragionevole permetterebbe di aumentare i numeri dell’emersione.

Bilancio della sanatoria. Per presentare le ultime domande c’è tempo fino al 15 ottobre. Ma ormai sembra chiaro che la sanatoria del 2012 sarà ricordata come un flop: alle 18 di ieri sera (10 ottobre 2012) erano pervenute al ministero dell’Interno 83.844 domande di regolarizzazione. A metà settembre, la fondazione “Leone Moressa” stimava una platea potenziale di 380mila beneficiari. La Cgil addirittura 500mila.
Ma c’è un altro dato che fa riflettere. Ben 73.740 delle domande pervenute riguardano colf e badanti mentre solo 10.104 sono contratti di lavoro subordinato. “Segno evidente che qualcosa non va” commenta Maurizio Bove.

I costi per la regolarizzazione sono troppo elevati. “Sanare” la posizione di un lavoratore irregolare assunto in nero, il datore di lavoro, dovrà versare un contributo forfettario di mille euro, più i contributi arretrati per almeno sei mesi. In anni di crisi, pochi riescono ad affrontare questa spesa: mettere in regola un muratore può costare più di 8mila euro, un pizzaiolo più di 5mila. Più contenute le spese per una colf part-time (20 ore a settimana, minimo): circa 1.700 euro.
Ma non è solo una questione di costi. Fatta eccezione per le collaboratrici domestiche, c’è l’obbligo di assumere solo con contratti full time. Restano così escluse migliaia di persone. Il titolare di una pizzeria che volesse mettere in regola un aiuto-cuoco o un secondo pizzaiolo che lavora quattro ore al giorno nel weekend, ad esempio, non può farlo. «Sono stati vietati i contratti part-time. Quando tutti i contratti collettivi nazionali di lavoro nei servizi o nel commercio lo permettono – spiega Piero Soldini. Si vuole continuare a tenere fuorilegge il lavoro che c’è: quello intermittente e a tempo parziale».

Ecco spiegato il perché di tante assunzioni di colf e badanti. Qualche datore di lavoro decide di regolarizzare il proprio dipendente come domestico per far quadrare i conti. Ma il più delle volte decide di non presentare la domanda. Come è successo a Manuel, peruviano, licenziato dal suo datore di lavoro che non voleva saperne di metterlo in regola. «Lavoravo in un impresa di pulizie: dalle 4.30 del mattino alle 2 di pomeriggio», spiega. «Il mio capo gestisce le pulizie in 22 condomini». Avrebbe tutte le carte in regola per ottenere il sospirato permesso di soggiorno, ma il suo datore di lavoro lo ha licenziato a pochi giorni dalla conclusione della sanatoria.

Come nel 2009, alto rischio truffe. «Abbiamo già cacciato via un po’ di persone che avevano truffato i migranti durante la sanatoria del 2009 e che ci stanno riprovando», racconta Maurizio Bove. Ma non tutti hanno l’ottima memoria degli operatori della Cisl. E soprattutto non c’è modo di evitare che truffatori si presentino come falsi datori di lavoro. Dietro pagamento di cifre esorbitanti da parte di immigrati alla disperata ricerca di un permesso di soggiorno.
Tutto l’iter di è rimasto nelle mani dei datori di lavoro, che possono anche rifiutarsi di regolarizzare i dipendenti irregolari, ricattarli o farsi pagare. Per non parlare poi dei truffatori di professione, degli intermediari e dei falsi datori di lavoro che si fanno pagare profumatamente per inviare una domanda incompleta. Per poi sparire nel nulla.
Il Naga, associazione milanese che presta assistenza medica e legale ai migranti, ha raccolto un dossier sulle truffe compiute nel 2009 (anno dell’ultima sanatoria, riserva a colf e badanti, ndr): un campione di 438 immigrati ha sborsato qualcosa come un milione di euro. Una stima prudenziale del giro d’affari legato alle truffe – si legge nel rapporto “Truffasi!” – arriva all’esorbitante cifra di 53 milioni di euro.
 

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