Domenica voterò Bersani alle primarie del Pd. Premetto che ritengo la candidatura di Renzi positiva: ha smosso, con un misto di incoscienza, ambizione e coraggio, le acque altrimenti troppo stagnanti della nostra politica. Bersani, da parte sua, è stato generoso a rinunciare allo “scudo” che lo proteggeva, lo statuto del Pd, in base al quale il candidato alla premiership è il segretario in carica. Lui invece si è messo in gioco rischiando, ma ha fatto un “investimento” che renderà, a lui personalmente, al Pd, ma soprattutto al Paese. Anche il confronto fra candidati su Sky ha dato l’impressione di una discussione civile fra persone che competono, ma abitano una casa comune.
Ritengo Bersani affidabile e ben “rodato”, due punti sui quali Renzi mi pare più debole, pur essendo vivace e accattivante, più di Bersani; nell’immediato futuro, però, serviranno altre doti, di lunga durata, come tenacia, pazienza, affidabilità, esperienza. Abbiamo davanti, temo, cinque anni durissimi; dalla delusione per la politica siamo passati all’ansia per il futuro, ora stiamo sfumando verso la rabbia. Cominciano ad accendersi un po’ di spie rosse, meglio stare all’occhio.
Sarà cruciale la capacità di “tenere insieme” il nostro Paese: un Paese troppo lungo, come ha detto qualcuno, quello dei cento campanili e dei corporativismi storici e sempre a galla. Campanili e corporativismi dovranno anche loro pagare dazio, e riuscire a domarli senza spaccare tutto richiede la capacità di ascoltare, molto più che quella di scaldare le tifoserie.
Poi ci sono le consorterie e i gruppi di potere, per lo più riservatissimi o quasi segreti, inaffondabili: i Letta, i Bisignani o i Ponzellini. Reti di relazioni che pretendono di manovrare tirando nell’ombra i fili del Paese. Anche su questo essenziale fronte, per sottrarre l’Italia alla loro manomorta, Bersani assicura maggiore tenuta.
La sinistra deve aggiornare i suoi mezzi, non i suoi fini, che restano validi. Non dobbiamo difendere sempre e comunque i lavoratori dipendenti, anche quando hanno torto e non lo meritano. Dobbiamo continuare, invece, a cercare di migliorare la vita di tutti, in particolare di chi sta meno bene, promuovendo quei cambiamenti nella società e nell’economia che lo rendono possibile.
Libertà, Eguaglianza e Fraternità non sono slogan vuoti: il fatto che siano vecchi testimonia solo della loro tenuta nel tempo. Della libertà abbiamo parlato molto e poco forse operato, ma sul resto c’è tantissimo da fare. Fraternità, o solidarietà, è cosa di cui si parla poco, e male. Possiamo declinarla in termini di scuola e sanità pubbliche, da salvare dalla distruzione, prima, e poi da sviluppare, anche come mezzi per ridurre le disuguaglianze nel lungo termine.
Vedo in Bersani maggior sensibilità al tema, chiave per il futuro, delle disuguaglianze di reddito e patrimoniali – causa importante, ma ignorata, della crisi – con le quali dovremo in futuro misurarci. Se non lo facciamo, anche manovrando con accortezza gli utensili fiscali, l’economia di mercato rischia grosso. Essa riposa sul fatto che i profitti fanno bene al sistema perché generano investimenti che generano occupazione: tale sequenza però si interrompe quando, come ora avviene, i profitti sfuggono alla tassazione e gli investimenti si fanno sì, ma in Paesi lontani.
Bisogna trovare il modo di ridare un senso generale al perseguimento individuale del guadagno. Accorciare le disuguaglianze, puntare a ridurre le differenze nelle basi di partenza non è socialdemocrazia (non ci sarebbe nulla di male, anzi), è solo buon senso. La finanza, infine, deve tornare a essere ancella dell’economia, non la sua padrona.
Vaste programme, avrebbe detto giustamente De Gaulle. So bene che fare tante e così impegnative cose spesso esorbita dalle competenze del primo ministro italiano, richiedendo il concerto di disparati poteri in Europa e nel mondo. Avere però ben chiaro quali siano i fini da perseguire aiuta a non smarrire la rotta in mezzo alle difficoltà quotidiane.
Bersani, con la sua sperimentata affidabilità, dà più garanzie su questo terreno; saprà farsi carico degli interessi generali del Paese. Il che impone anche di innovare, nelle persone e nei mezzi. Lo farà più lui che il “rottamatore”: Italia, forza!
*socio de Linkiesta
Appello sottoscritto anche da
Rosellina Archinto
Umberto Bottazzini
Pietro Modiano
Anna Puccio