Passano 18 secondi e la Juventus va in vantaggio contro l’Inter con un gol irregolare. Da lì in poi si possono solo immaginare Moratti che sul divano di casa raggela pensando a Ceccarini, ai titoloni del giorno dopo, a una partita sulla brace. In fondo i bianconeri da quando giocano allo Juventus Stadium non hanno mai perso. E invece finisce 1-3 per l’Inter. Attenzione: lo stupore per il risultato non significa sminuire il valore della ‘Beneamata’. Al contrario. Alla vigilia, una vittoria così larga non era facilmente pronosticabile. La Juventus, quest’anno, è andata in difficoltà soprattutto contro le squadre che non si chiudono, ma che anzi se la giocano a viso aperto. Una mentalità frequente soprattutto in Europa, dove la squadra di Conte ha sofferto – Chelsea a parte – anche contro squadre come Shakhtar e Nordsjaelland, che di chiudersi a catenaccio nemmeno a pensarci. L’Inter di Stramaccioni è invece una squadra che colpisce di rimessa, grazie alla diga del centrocampo e al tridente che qualcosa si inventa sempre. Ma ad inventarsi qualcosa è stato ancora una volta ‘Strama’, che con il 3-4-3 ha chiuso la cerniera al centro, messo due esterni che hanno costretto soprattutto Asamaoh a stare più basso e aggredito la Juve dopo la sfuriata iniziale. Se i numeri sono praticamente pari (51% di possesso palla a 49% per la Juve, 7 tiri in porta a 6 per i bianconeri, 69% di contrasti vinti per i nerazzurri contro il 66% degli avversari), ciò che ha dato la vittoria all’Inter è stato lo stesso atteggiamento che aveva la Juventus lo scorso anno: l’aggressione continua sui portatori di palla. Non a caso, il più cercato è stato Nagatomo (55 passaggi ricevuti), che con la sua aggressività continua sulla sinistra ha più volte lavorato ai fianchi la Juventus. I bianconeri non riescono a reggere più il passo furioso dello scorso anno e in avanti se Vucinic non è in giornata sono cavoli. Il cambio Cassano-Guarin nel finale ha fatto il resto.
Tra le squadre che quest’anno sono riuscite a mettere in difficoltà la Juve c’è la Fiorentina. Che guarda caso, è una delle formazioni sorpresa del campionato. Montella sta mettendo a frutto un lavoro straordinario, riuscendo a supplire alla mancanza di un goleador con un collettivo all’altezza delle grandi per gioco e intensità, senza fronzoli. Basta guardare il gol di Toni ieri contro il Cagliari. Pizarro da vero regista basso gioca subito una palla recuperata nella propria area, azione subito giostrata a tutta velocità sulla destra da Jovetic, sfera in mezzo, gol. E dire che il tutto è partito da un’azione che il Cagliari stava per trasformare in rete. La forza dei viola sta proprio nella gestione collettiva del gioco. Anche i numeri lo dimostrano: Borja Valero è secondo solo a Pirlo nel numero di passaggi effettuati (631 in tutto, 373 in attacco), Pasqual è il re dei cross effettuati (91), 3878 i passaggi utili messi a segno da tutta la squadra. Con il Cagliari il dominio è testimoniato anche dal 55% di possesso palla e dal 61% di vantaggio territoriale. Toni è al terzo gol stagionale, ma bisogna vedere vista l’età quale contributo potrà dare in una stagione fatta di 38 partite.
Assieme ai viola, chi continua a stupire è il Catania di Maran. Un’altra delle squadre che con la Juve poteva fare il colpaccio e che anche contro l’Inter non ha sfigurato. Il segreto degli etnei sta in un 4-3-3 fatto di tecnica, velocità e dinamismo tattico. I piedi di Barrientos che in fase di possesso palla rientra verso il centro – cosa che Cassano ad esempio non fa – e di Lodi (287 passaggi in stagione) o Almiron permettono ai loro lanci lunghi di tagliare fuori il pressing avversario, rendendolo vano. Pressing di cui i centrocampi di Juve, Inter ed anche Lazio (ieri severamente bastonata al Cibali) sono grandi interpreti.
Il Milan è rinato? Prestino per dirlo. E poi i 14 punti di distacco dalla cima sono ancora tanti. Ma è indubbio che dal secondo tempo di Palermo qualcosa è cambiato. Perché se la vittoria contro il Genoa aveva fatto ancora storcere il naso a molti e il primo tempo del Barbera aveva mandato su tutte le furie Galliani, i due gol nella ripresa siciliana hanno dato più fiducia alla squadra e sistemato qualcosa nelle idee tattiche di Allegri. Il tecnico livornese, dopo il tentativo (diciamo fallimentare) di passare alla tanto di moda difesa a 3, è tornato al 4-2-3-1, che contro il Chievo ha mandato in gol tutti giocatori d’attacco del Milan, persino Emanuelson. Questo modulo è un vestito disegnato apposta per Montolivo, che ha bisogno di mettere a frutto i suoi 575 passaggi da inizio anno agendo da regista basso e inserendosi da dietro per sfruttare il suo gran tiro dalla distanza. Ma il modulo serve anche al supporto di El Shaarawy, che con i suoi 8 gol è il capocannoniere del campionato , e a Pazzini, che se servito a dovere è letale. Dietro l’unica punta deve continuare a giocare Bojan, che grazie alla continuità sta trovando la sua dimensione: Pazzini gli viene incontro, i due si scambiano la palla e la servono agli esterni, che puntano l’area o la mettono in mezzo. Semplice, ma efficace con il Chievo. Il match decisivo di Champions League contro il Malaga dirà se la squadra si è ripresa anche sul piano mentale.