Pizza ConnectionCapaci, otto arresti dopo le dichiarazioni di Spatuzza

Erano già in carcere ma mai toccati dall'inchiesta

Riproponiamo il nostro articolo del 12 novembre 2012 sulle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza riguardo al ruolo di Cosimo D’Amato

«Circa un mese e mezzo prima della strage di Capaci vengo contattato da Fifetto Cannella, mi dice di procurare una macchina più grande che dobbiamo prelevare delle cose. A piazza Sant’Erasmo, ad aspettarci, c’erano Cosimo Lo Nigro e Giuseppe Barranca. Noi aspettavamo anche Renzino Tinnirello. Quindi siamo andati a Porticello, ci siamo avvicinati alla banchina e c’erano tre pescherecci ormeggiati: siamo saliti sopra uno di questi e nei fianchi erano legate delle funi, quindi abbiamo tirato la prima fune e c’erano praticamente semisommersi dei fusti, all’incirca mezzo metro per un metro. Quindi, abbiamo tirato sulla barca il primo fusto, poi il secondo e li abbiamo trasferiti in macchina».

Sono state queste le dichiarazioni messe a verbale dal collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza che hanno portato le procure di Firenze e Caltanissetta, che indagano sulle stragi del ’92-’93, ad approfondire le dinamiche della consegna dell’esplosivo. Da fonti investigative si apprende che lo stesso esplosivo recuperato nella primavera del 1992 sarebbe stato utilizzato anche per la strage di Capaci del 23 maggio 1992, dove persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. A confermarlo è anche il procuratore capo di Firenze Giuseppe Quattrocchi, che nella conferenza stampa di questa mattina è andato oltre, dichiarando che l’esplosivo delle stragi di Roma, Firenze e Milano e quello sia per Capaci, sia per via d’Amelio, dove perse la vita Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta «e’ sempre lo stesso estratto da materiale bellico della seconda guerra mondiale, pescato in profondita’ nelle acque vicino a Palermo»

Per la strage furono condannate all’ergastolo 24 persone, tra cui alcuni importanti capimafia siciliani come Bernardo Provenzano, Totò Riina, Benedetto Santapaola, Giuseppe Madonia, i due fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, Giuseppe Calò, Pietro Aglieri e Leoluca Bagarella.

Avrebbe quindi un nome l’uomo che fornì, almeno nei passaggi finali, l’esplosivo per le stragi avvenute in continente nel 1993, a Firenze, Roma e Milano e che potrebbe essere stato usato anche per la strage di Capaci. Si tratta di Cosimo d’Amato, 57 anni di Santa Flavia, centro alle porte di Palermo. D’Amato non ha mai avuto problemi con la giustizia, ma è cugino di Cosimo Lo Nigro, boss già condannato per le stragi. Nel corso della conferenza stampa in cui gli inquirenti hanno spiegato la misura emessa dal tribunale di Firenze, il procuratore Quattrocchi ha anche specificato che la gestione dell’esplosivo era nelle mani dei fratelli Graviano, boss di Brancaccio, in particolare di Giuseppe.

Sarebbe dunque lui uno dei registi della consegna dell’esplosivo di cui parla Spatuzza a bordo di uno di quei pescherecci attraccati a Porticello. A mettere le accuse nero su bianco nei confronti di D’Amato è il giudice per le indagini preliminari di Firenze Anna Favi, che indaga sulle stragi del 1993, e ha dato mandato di procedere all’arresto agli uomini della Dia.

Su di lui sono ancora in corso indagini anche a Caltanissetta, soprattutto per verificare complicità con altri personaggi. Una delle piste seguite è quella di verificare la presenza di alcuni artificieri esperti che avrebbero seguito le operazione di recupero, che secondo Spatuzza sarebbero avvenute in mare da siluri inesplosi della seconda guerra mondiale. Di questo aspetto se ne occupa la procura di Caltanissetta con le indagini coordinate da Sergio Lari, oggi ancora coperte da segreto.

L’arresto di D’Amato, reso possibile dalla chiusura delle indagini della Procura della Repubblica di Firenze, si è concretizzato quindi con l’accusa di aver procurato l’esplosivo per gli attentati di via Fauro del 14 maggio 1993, di via dei Georgofili a Firenze del 27 maggio 1993, di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro a Roma del 28 luglio 1993 e di via Palestro a Milano il 27 luglio 1993. Inoltre l’uomo, stando all’ordinanza autorizzata dal gip Anna Favi, sarebbe coinvolto anche nella consegna dell’esplosivo per il fallito attentato allo Stadio Olimpico di Roma del 23 gennaio 1994, che segnò la conclusione della strategia stragista di Cosa Nostra.

A fornire ulteriori spunti sull’impiego dell’esplosivo utilizzato è lo stesso Spatuzza nel corso dell’interrogatorio del 3 luglio 2008 davanti alla Procura di Caltanissetta. «Nessuno – mette a verbale il collaboratore di giustizia davanti ai procuratori Lari, Di Natale e Lucani – mi ha mai detto esplicitamente a cosa servisse l’esplosivo che ricavavamo; il giorno stesso in cui avvenne la strage di Capaci venne qualcuno, forse Cannella – prosegue Spatuzza nella sua deposizione – a chiamarmi per dirmi di far sparire l’esplosivo che io ancora custodivo». Quell’esplosivo, secondo le dichiarazioni dello stesso Spatuzza, era proprio quello recuperato a Porticello a bordo dei tre pescherecci con la regia di Cosimo D’Amato. Secondo le indagini della Procura di Firenze e della Direzione Investigativa Antimafia si tratta di ordigni dal peso di 80-100 kg, che venivano recuperati attraverso i pescherecci e portati a largo di Santa Flavia, nel comune di Palermo, dove, al bisogno, venivano prelevati e poi impiegati per le stragi.

«Ancora una volta – chiosa Quattrocchi durante la conferenza – nel corso di queste indagini le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza sono state fortemente riscontrate». Secondo le indagini e’ stato calcolato che complessivamente per le stragi mafiose del ’92-’93 fu utilizzato un quantitativo fra 1.280 e 1.340 kilogrammi di tritolo, di cui D’Amato avrebbe fornito almeno 800 kilogrammi nel corso di tutta la stagione stragista a iniziare dall’aprile del 1992.

Seguire le tracce dell’esplosivo che finì sotto il tratto di autostrada tra Palermo e Capaci potrebbe rispondere una volta per tutte alla domanda che in tanti, anche in ambiente investigativo, si fanno da anni riguardo le stragi di Capaci, via d’Amelio e della stagione ’92-’93: «È solo mafia questa?». Vale anche la pena di ricordare come due giorni prima di quel 23 maggio di venti anni fa, di come una piccola agenzia di stampa da sempre vicina ai servizi segreti (Repubblica), diede l’annuncio del «botto», e di come arrivarono vari input sull’inizio di una stagione stragista che poi puntualmente si verificò. «La Dda di Firenze – ha spiegato ancora Quattrocchi nel corso della conferenza stampa – non si ferma, non si e’ fermata e non si fermera’ mai nella ricerca di concorrenti in connessione alle stragi del ’92-’93».

Twitter: @lucarinaldi

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