ROMA – Sono buttati su un materasso e giocano a carte, mentre poco più in là, sul ponte, le mogli portano i bimbi a vedere la piena, mescolandosi con signori incravattati che approfittano della pausa pranzo per fare qualche foto e telefonare alla fidanzata. Sono una sessantina i rom sgomberati dall’accampamento sotto al ponte Marconi. Passeggiano nella prima parte di via della Vasca Navale, mentre l’attenzione dei passanti è tutta concentrata sul maneggio semisommerso sull’altro argine, o sui campi di calcio ormai buoni per la pallanuoto poco più avanti: «Li hanno realizzati non più di un anno fa, gli auguro di essere assicurati, quando la piena si ritirerà il sintetico sarà da buttare».
Qualcuno continua a scendere e risalire per recuperare qualche oggetto, mentre le loro baracche vengono trascinate via dalla piena insieme a una quantità incredibile di detriti, spazzatura, barchette alla deriva. «Gli adolescenti non li tieni – racconta Cesare, che con la Sala operativa sociale del Comune si sta adoperando per trovare loro una sistemazione di fortuna – anche se dici loro che è pericoloso, si affacciano lo stesso. Stanotte probabilmente la passeranno alla vecchia Fiera di Roma». Intanto, vicino ai materassi buttati a terra sul lungotevere Dante qualcuno inizia a montare una tenda. Entro stasera diventerà un campeggio. «Ieri stavamo sgomberando alcuni che si sono piazzati fuori dal campo di via Candoni, poi ci hanno chiamato qui», prosegue Cesare, che intanto si consulta con Zoran, referente del campo, che ha tutto sotto controllo. Le cose importanti le hanno comunque salvate, la piena è stata annunciata in anticipo, il resto si ricostruirà.
Il signor Stefano sembra piuttosto tranquillo, al borghetto di Santa Passera convivono a due passi dal fiume, dovrebbe essere una zona demaniale, ma le case ci sono dalla notte dei tempi: «E ho fatto fare dei lavori per l’argine con le pietre, mica col cemento». Nel frattempo si accorge però che il livello è ormai salito, e lambisce la baracca col pollaio, ma mi assicura che le loro case sono comunque un metro più su. «Certo, l’ultima volta non era arrivato così in alto».
Meno tranquillo sembra il signore che ha la ditta poco distante. Spiega che dal mattino di ieri ha visto passare i cadaveri di un cavallo e di una pecora, si sono spezzati già due alberi dell’argine, e teme che se cedono anche gli altri la piena gli possa smangiare il piazzale dell’azienda. «Misuro con il laser: la protezione civile ci ha detto in ogni caso di tenerci pronti all’evacuazione, anche se molto improbabile. Il fatto è che mi hanno detto che sarebbe cresciuto di 10 centimetri l’ora, ma qui ormai contiamo a metri».
In via Teodora, di fianco a Santa Passera, hanno piazzato le sedie nel giardinetto di attracco di una signora, e tutti guardano preoccupati i mulinelli fra i tronchi, valutando se sia il caso di allontanarsi. «Il Tevere è come il mare, so’ infami», dice una signora. Vigili, pompieri, protezione civile vengono a controllare come procede la situazione. Un signore anziano dice di essere tranquillo, ma si ricorda ancora quando, intorno ai dieci anni, suo padre lo venne a salvare in barca, perché avevano ormai un metro d’acqua in casa. Ieri sera i vigili hanno detto che la situazione sembra, per il momento, sotto controllo. «Ma la piena non doveva essere alle 18?» «Guardi, ne ha ancora un bel po’ da smaltire, prima che finisca», spiega un pompiere.
Il campo da calcio dell’associazione Pian Due Torri è ormai completamente allagato, come l’asilo nido a fianco: l’acqua procede zampillando, mentre i gestori, a piedi nudi e pantaloni rimboccati, cercano di limitare i danni.
Per la prima volta dalla pista ciclabile della Magliana, che segue l’argine, si vede il fiume. Presenza assente di questo quartiere, per una volta si mostra in tutta la sua potenza là dove può allargarsi senza intralci, mentre sul viadotto l’ingorgo è ormai ingestibile.