La giustizia civile ha i suoi tempi spesso lunghi, ma a volte offre scorci illuminanti sulla finanza nostrana e i suoi protagonisti. La notizia è che a quasi tre mesi dal ricorso d’urgenza del gruppo Gavio, con ordinanza del 4 novembre il tribunale di Milano ha respinto la richiesta del gruppo Gavio di sospendere le delibere dell’assemblea Impregilo del 17 luglio. Delibere che hanno revocato il cda espresso dai Gavio e insediato il consiglio proposto dal gruppo romano Salini. La decisione, che conferma la correttezza dell’operazione di raccolta deleghe promossa dal costruttore romano, non cambia i rapporti di forza emersi dal voto assembleare di Impregilo. Ed è forse questo l’aspetto prospettico più interessante dell’ordinanza del giudice Vincenzo Perozziello: il superamento dell’attuale fase di impasse della società – con due contendenti forti abbastanza da ostacolare i piani dell’altro ma non a sufficienza per realizzare fino in fondo i propri – andrà cercato nella normale dialettica fra soci, e non in un prolungato contenzioso legale. E chissà che non si arrivi all’Opa sperata dai soci di minoranza.
Ma l’ordinanza del tribunale di Milano contiene un’altra notizia interessante: una sonora bacchettata sulle mani di Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit e all’epoca presidente di Impregilo, del quale viene evidenziato il «carattere abusivo delle determinazioni assunte» nell’assemblea del 12 luglio e l’«arbitrarietà dell’intepretazione» delle disposizioni del tribunale milanese. Una censura non da poco, sia pure incidentale rispetto all’oggetto del ricorso.
Qui bisogna fare un passo indietro e ricordare che lo scorso giugno il vicepresidente di Unicredit, che è anche uno storico amico della famiglia Gavio, era stato schierato alla presidenza di Impregilo per contrastare le ambizioni di Salini. Da presidente della società, nell’assemblea del 12 luglio, Palenzona assecondò la proposta di Gavio che puntava al rinvio a settembre prospettandolo «in termini di opportuna ottemperanza ad un espresso “invito” dell’organo giudicante», secondo quanto si legge nella recente ordinanza. In realtà, proprio il giorno prima, l’organo giudicante, cioè il tribunale di Milano, aveva stabilito solamente che sarebbe spettato «esclusivamente ai soci (di) valutare l’esigenza o opportunità di un eventuale rinvio dei lavori assembleari… fermo restando che nessuna determinazione si ritiene qui di dovere o potere assumere al riguardo». Perciò, «l’interpretazione dell’ordinanza in oggetto» avallata da Palenzona, è stata «chiaramente manipolatoria», con intenti «meramenti dilatori».
Alla fine, dopo non poche polemiche, la proposta di Gavio fu messa ai voti ma Palenzona escluse dal voto gli azionisti che avevano dato delega (circa il 2,3% del capitale). Cosa che né la Consob né il Tar né il giudice civile avevano ritenuto di fare, a dispetto dei numerosi ricorsi di Gavio. Il “metodo Palenzona” fu comunque inutile: la proposta non passò, e l’assemblea fu rinviata di solo cinque giorni. Con l’ultima ordinanza del tribunale di Milano è stato messo agli atti che, oltre che inutile, il “metodo Palenzona” era anche «abusivo».
Twitter: @lorenzodilena