Hu Jintao, presidente uscente cinese, ha chiesto al paese di diventare una “potenza marittima”. Parole destinate a suscitare perplessità nei paesi vicini e negli Stati Uniti, preoccupate su come potranno influire su tutta una serie di dispute territoriali.
Ieri, durante la sessione d’apertura del 18° congresso del Partito Comunista, Hu ha detto che «si devono salvaguardare i diritti e gli interessi marittimi della Cina con risolutezza, e far diventare la Cina in una potenza marittima».
È più di dieci anni, dalla sua integrazione nell’economia globale, che Pechino presta sempre più attenzione ai suoi interessi marittimi. Ma collocare nella relazione del congresso la tutela del mare e l’obiettivo di diventare una potenza navale li fa diventare, ora, temi centrali per l’agenda politica. Da più di un decennio, gran parte dei finanziamenti (derivanti dagli aumenti a due cifre per la spesa militare) è stata utilizzata per modernizzare la flotta. Anche settori non militari come il controllo dei mari e l’industria ittica hanno visto modernizzate e ingrandite le loro flotte.
È dal 2009, poi, che i paesi vicini riportano casi di navi cinesi che si esercitano e pattugliano la zona con una frequenza e un raggio d’azione sempre più grande.
Le parole di Hu arrivano insieme ai tentativi, da parte di Pechino, di sfidare il controllo giapponese delle acque intorno alle isole Sensaku, un gruppo di isolotti inabitati del Mar Cinese Orientale rivendicate anche dalla Cina – che le chiama Diaoyu. Tentativi che intensificano i livelli della contesa territoriale.
Il Giappone ha deciso di nazionalizzare alcune di quelle isole, e la Cina ha annunciato una linea di base territoriale – cioè una linea tracciata per mappare le acque territoriali a largo della costa. Si tratta di una mossa volta a dare fondamento giuridico alle sue rivendicazioni, e a renderne più facile l’esecuzione. Le navi cinesi adesso hanno cominciato a pattugliare quelle acque che, prima, erano controllate principalmente dalla guardia costiera giapponese.
Per i diplomatici stranieri la dichiarazione di Hu ha sollevato un’altra questione: Pechino adotterebbe una strategia così aggressiva anche in altre dispute marittime? «Dichiarare a chiare lettere l’obiettivo di diventare una potenza marittima è una conferma che le ambizioni della Cina si scontrano, in una certa misura, con il ruolo militare che gli Stati Uniti svolgono nella regione», ha detto un ufficiale militare straniero a Pechino. La Cina ha controversie anche con il Vietnam, le Filippine, il Brunei e Taiwan per i fondali del Mar Cinese Meridionale che possiede ricche risorse di petrolio e gas ed è attraversato da importanti rotte marittime.
*articolo pubblicato dal Financial Times del 9/11/2012
(Traduzione di Fabrizio Marino)