Piazza Syntagma brucia di nuovo. Gli ateniesi scendono ancora in piazza per protestare contro il pacchetto di austerity imposto dalla troika, Ue, Bce e Fmi, che continua il suo iter parlamentare, mentre fuori si rivedono i lacrimogeni, le molotov, i pestaggi, le urla dei manifestanti e gli idranti della polizia, dopo una serrata che durava da lunedì. Dalle immagini che scorrono in diretta sui principali network internazionali non si direbbe che soltanto da poche settimane l’Europa ha vinto il premio Nobel per la pace. Il motivo di tanta rabbia sta nei 5,8 miliardi di euro, su 9,4 miliardi complessivi, di tagli agli stipendi e alle pensioni previsti dall’ultimo accordo con le istituzioni di Bruxelles e Washington siglato dal governo di Samaras.
Le cronache che arrivano da Atene raccontano anche di scontri all’interno del Parlamento, dove i dipendenti hanno iniziato intorno alle 18 ora locale uno sciopero contro le riduzioni salariali previste da un emendamento del ministro delle Finanze. Una presa di posizione seguita alle dimissioni presentate in massa dei dipendenti della Banca centrale del Paese, che non hanno accettato il taglio del loro salario lordo a un massimi di 5 mila euro al mese, 2.900 euro al mese netti.
Il voto, originariamente previsto per la mezzanotte di oggi, con ogni probabilità sarà rimandato. Le principali misure prevedono, come detto, il taglio agli stipendi dei dipendenti pubblici – tra il 5 e il 35% – oltre a un aumento delle accise su carburanti e sigarette, l’aumento dell’età pensionabile da 65 a 67 anni e la maggiorazione del ticket sanitario. Oltre ai circa 70 mila dipendenti pubblici che si ritroveranno decurtato un terzo della propria busta paga e all’eliminazione delle tredicesime e quattordicesime, il pacchetto di austerità include la privatizzazione dei due principali porti del Paese e la vendita dell’Opap, i locali Monopoli di Stato. L’approvazione potrebbe avvenire con meno di dieci voti di scarto, dopo l’astensione della sinistra democratica e la minaccia, da parte di una decina di deputati socialisti, di votare con l’opposizione.
Intanto stamani la Commissione europea ha diffuso le stime aggiornate sul Pil dell’Europa per il 2012 e le previsioni 2013, dati che assieme alla contrazione della produzione industriale tedesca registrato a settembre hanno appesantito i listini continentali, che hanno chiuso tutti in territorio negativo. Per Bruxelles la contrazione del Pil sarà quest’anno pari allo 0,25% – più profonda del previsto – mentre la crescita dello 0,5% nel 2013. Per quanto riguarda l’Eurozona, invece, le cifre parlano di un -0,4% nel 2013 e un 2013 sostanzialmente piatto a +0,1 per cento. Per la crescita bisognerà dunque attendere il 2014 (+1,4%), quando le misure di consolidamento fiscale daranno i loro frutti. Gli uomini di José Manuel Barroso hanno stimato per la Grecia una contrazione del 4,2% nel 2013 dopo il -6% di quest’anno – rispettivamente 6,5 e 4,5% le stime del governo ellenico – e un aumento del debito pubblico dal 176,5% del Pil nel 2012 e del 188% nel 2013. Un livello che gli investitori giudicano insostenibile.