«L’avvocato Giulia Bongiorno ha già depositato la legge e spera che possa essere approvata il più presto possibile». Si tratta di una legge «contro il femminicidio» e oltre a sperare che possa essere approvata il più presto possibile è stata anche presentata e annunciata il più velocemente possibile.
Seguiamone il percorso.
Giovedì 15 novembre 2012, Giulia Bongiorno, avvocato, deputato di Futuro e libertà, presenta la Proposta di legge. In Lavori preparatori dei progetti di legge della Camera dei deputati possiamo leggere: Bongiorno: «Modifiche agli articoli 576 e 577 del codice penale, in materia di circostanze aggravanti del reato di omicidio, e introduzione dell’articolo 612-ter, concernente l’induzione al matrimonio mediante coercizione» (5579).
Mercoledì 22 novembre ore 20. L’avvocato Bongiorno e la seconda firmataria della proposta, la deputata Pdl Mara Carfagna, in una intervista al Tg5, presentano una legge sul femminicidio puntando su due parole chiave: l’ergastolo e il matrimonio forzato. Parole chiave, parole a effetto. Parole da verificare. Dalla tv a Internet il passo è breve. Cliccando sul sito della Camera dei deputati, si legge che la proposta di legge in realtà consiste solo in una modifica di due articoli del codice penale, che la fase dell’iter della proposta è ancora «da assegnare» e che i due emendamenti non sono stati neanche protocollati. Basta verificare il progetto di legge, o più precisamente “la bozza non corretta” delle due modifiche al codice penale, un documento di cinque pagine, distribuito ai giornalisti che ne fanno richiesta il giorno successivo al lancio televisivo dell’iniziativa BongiornoCarfagna.
Aspettando il 25 novembre: Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. All’indomani del lancio televisivo, Bongiorno e Carfagna continuano a sottolineare la drammaticità della situazione. Snocciolano dati, «centotredici donne uccise in Italia in meno di un anno, di cui 73 dal proprio partner», e definiscono il fenomeno come «un’emergenza che come tale va combattuta».
Ma da dove sono stati presi questi dati? Com’è emerso un fenomeno così importante e drammatico? Linda Laura Sabbadini, direttrice del dipartimento Statistiche sociali e ambientali dell’Istat, da anni continua a ripetere che «per contrastare la violenza bisogna misurarla e farlo, una volta per tutte, per legge. Abbiamo bisogno di politiche che devono avere alla base un sistema di monitoraggio di tipo statistico dove tutte le fonti siano messe a sistema». Misurare la violenza per legge significa dotare l’Italia di una legge che obblighi il nostro paese ad avere dei dati aggiornati annualmente sulla violenza di genere.
I dati snocciolati dalla Bongiorno e dalla Carfagna sono quelli elaborati grazie al lavoro quotidiano e, nella maggior parte dei casi gratuito, dei centri antiviolenza, delle varie ong e associazioni che da anni si occupano del tema. I dati più aggiornati che abbiamo per analizzare i femminicidi sono di “1522”, numero verde contro la violenza delle donne, pubblicati ogni sei mesi, ma parziali e non inseriti in un contesto di indagine coordinata con i vari ministeri, strutture sanitarie, forze dell’ordine. Gli ultimi dati che il governo, attraverso il ministero delle pari opportunità, ha commissionato all’Istat sono stati pubblicati nel 2006. Mancano tutti i dati tra il 2008 e 2011, anno in cui il ministero delle pari opportunità, di cui la Carfagna era il ministro, non ha finanziato nessuna inchiesta per monitorarli.
Intanto il femminicidio è diventato sempre più un fenomeno strutturale del nostro paese, mai intaccato, perché non ci sono mai state politiche sistematiche e continuate che potessero avere effetti di lungo periodo. Venerdì 23 novembre. Le esperte ribattono: «Partiamo dalla prima proposta della Bongiorno: l’ergastolo. L’Italia ha ratificato la convenzione di Lanzarote, la convenzione già prevede aggravanti di pena per questa tipologia di reati. Inoltre la convenzione di Instabul – in fase di ratifica – afferma la necessità di usare contro la violenza di genere le tre famose P: prevenire, proteggere e, solo in ultima istanza, punire», spiega Simona Lanzoni, del coordinamento No more! Convenzione per chiedere il rispetto da parte delle Istituzioni italiane delle Raccomandazioni Onu contro la violenza sulle donne, «anche perché, mi spiegate a cosa serve l’ergastolo se quella donna è già morta? La vita delle donne non si salva con l’ergastolo dell’assassino».
Per quanto riguarda la seconda proposta della Bongiorno, «matrimoni forzati», la stessa Convenzione di Istanbul già la prevede, ma la inserisce in un contesto globale più efficace. L’avvocato di Futuro e libertà la utilizza in un modo che genera intolleranza e rafforza lo stereotipo, secondo cui la violenza di genere riguarda prevalentemente una fascia della popolazione: donne povere, per lo più migranti. Gli stereotipi e la violenza di genere sono i due punti deboli dell’Italia (non irrelazionati), per cui il nostro paese è stato duramente richiamato nel primo Rapporto tematico sul feminicidio presentato il 15 giugno 2012 all’Onu dalla Special Rapporteur Rashida Manjoo, nell’ambito delle iniziative per l’effettiva applicazione di quanto richiesto dalla Cedaw – Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, ratificata dall’Italia nel 1985. Le raccomandazioni per l’Italia sono chiare, l’unica soluzione ad un problema strutturale della società è adottare un approccio olistico – che riguardi cioè tutti i vari ambiti. «Ergastolo e matrimoni forzati sono solo un efficace spot elettorale», conclude Simona Lanzoni, «non abbiamo bisogno di altre leggi, solo di applicare davvero quelle che già ci sono».
Tra drammaticità e urgenze, Mara Carfagna spiega come «questa proposta di legge sia trasversale e dimostra come la politica non sia solo scontro ma anche incontro». Sia la Carfagna che la Bongiorno fin da questa primavera erano a conoscenza che un gruppo di donne di varie organizzazioni non governative e centri antiviolenza stava lavorando al disegno di legge “Norme per la promozione della soggettività femminile e il contrasto al femminicidio”, un testo di 25 pagine che come afferma la senatrice Anna Serafini: «Seppur prevede modifiche al codice penale, non si limita a proporre soluzioni da “pacchetto sicurezza, ma concretizza una proposta che fa suo quell’approccio olistico auspicato da istituzioni internazionali ed esperti del settore. Un proposta protocollata a luglio», e ribadisce,
«un approccio solo penale, che non considera l’omicidio di una donna da parte di un uomo come atto in continuità, crea il brodo di coltura della discriminazione».