Mercoledì Hamas aveva avvertito Israele: puntare su Ahmed Jabari, leader dell’ala militare di Hamas, avrebbe significato aprire «le porte dell’inferno».
In realtà, un riluttante governo israeliano – Israele non ha alcun desiderio di essere coinvolto all’interno di un conflitto militare prolungato con Hamas nella striscia di Gaza – ha capito di non avere altra scelta se non lanciare l’operazione Pillar of Defense, un assalto aereo crescente sugli obiettivi strategici di Hamas.
L’incidente che ha provocato quest’ultima drastica crisi sul confine meridionale di Israele è stato il lancio di un missile anti-tank contro una jeep militare israeliana che stava viaggiando lungo il confine, ma non sul lato della Striscia di Gaza, come era stato erroneamente riportato all’inizio in alcune cronache, né sulla linea di confine vera e propria, ma a circa 140 metri all’interno del territorio israeliano. Un giro di routine. Come ha fatto notare il padre di uno dei quattro soldati che erano nella jeep, è stato un miracolo che tutti e quattro i soldati non fossero stati uccisi nell’attacco ingiustificato. I quattro soldati sono rimasti feriti, uno di loro in maniera grave.
La norma in base alla quale le truppe israeliane possono ragionevolmente aspettarsi di non essere attaccate da fuoco nemico ad alta precisione mentre si muovono all’interno dei confini israeliani è stata infranta. Ma c’è un precedente che ha portato a questi sviluppi, un precedente che Israele è ansioso di non rivedere.
Dopo che Israele abbandonò la sua zona di sicurezza nel Sud del Libano nel 2000, ritirandosi dal confine internazionale, l’esercito gradualmente tornò dal confine nel corso degli anni, permettendo a Hezbollah di schierarsi contro le posizioni settentrionali. Da lì, Hezbollah era in grado di lanciare attacchi oltre i confini, così come fece all’inizio di quella che nel 2006 sarebbe diventata la Seconda guerra del Libano. L’esercito israeliano sta chiaramente insistendo perché questo processo non si ripeta anche per Gaza.
Hamas potrebbe sostenere che l’attuale escalation non è iniziata con l’attacco dell’Israel Defence force alla jeep, ma pochi giorni prima, quando Israele ha scoperto e fatto saltare in aria un tunnel molto sofisticato che era stato scavato sotto il confine, e le truppe dell’Idf sono entrate a Gaza per disinnescare la minaccia. L’obiettivo di Hamas, dopo tutto, è di invertire gradualmente l’equilibrio della deterrenza – per creare una situazione in cui Israele deve diffidare di pattugliare troppo vicino al confine, diffidare di entrare anche per breve tempo e non fino in fondo a Gaza, e in ultima analisi diffidare del tutto dall’affrontare Hamas. In questo modo, il gruppo terroristico islamico può sviluppare le sue forze, in stile Hezbollah, fino a quando non costituirà la principale minaccia strategica.
Nel frattempo, in questo modo, si riescono a scavare gallerie a volontà. Si ha mano libera per usare quei tunnel per rapire soldati – come con Gilad Shalit che nel 2006 è stato catturato tramite un tunnel, con due suoi colleghi, uccisi per il rilascio di oltre 1.000 prigionieri di sicurezza palestinesi in uno scambio di prigionieri fortemente sbilanciato. Così si otterrebbe il sopravvento sulla frontiera. E alla fine, in questo modo, a poco a poco Hamas crea una situazione in cui, nonostante il miglioramento dei razzi, delle risorse di missili e di altre abilità terroristiche, e nonostante gli spari volontà sul sud di Israele, l’Idf sarebbe dissuaso dall’intervenire.
Questo è un processo che la cittadinanza meridionale di Israele non può tollerare. Si tratta di un processo che i capi militari di Israele sentivano evidentemente di non poter tollerare. E le parole di mercoledì dell’Idf erano che la politica non aveva imposto nessuna limitazione su attacchi aerei al personale, sulle armi o sulle infrastrutture di Hamas.
Ma c’è un precedente, anche per il tipo di operazione che l’esercito israeliano sta realizzando: l’operazione Piombo Fuso di quattro anni fa. Anche allora, l’Idf aveva intrapreso un assalto su Hamas, presentato pubblicamente come destinato a ripristinare la tranquillità a Sud. Ma anche se la pianificazione militare era stata esemplare, il campo di applicazione dell’operazione non sembrava essere stato pienamente determinato da quelli che lo avevano programmato.
L’esercito israeliano pensava di ferire Hamas o di estromettere Hamas? Lo stesso Idf non lo sapeva, perché i suoi amministratori politici – in particolare il ministro della difesa Ehud Barak – vacillavano. E mentre l’operazione si svolgeva in tre settimane d’inverno, la mancanza di chiarezza diveniva evidente, e dannosa.
Due anni prima, l’incertezza dei capi politici sugli obiettivi militari aveva avuto ripercussioni ancora più gravi nei 34 giorni della seconda guerra del Libano. Con un primo ministro inesperto come Ehud Olmert, e un non adatto ministro della difesa Amir Peretz, così un’operazione limitata si è trasformata in una vera e propria guerra, con conseguenze prevedibilmente tristi.
Barak ha detto mercoledì che gli obiettivi dell’operazione Pillar of Defense servivano a sostenere la capacità deterrente di Israele, ad attaccare le infrastrutture di lancio dei razzi, a danneggiare gravemente le cellule terroristiche di Gaza e a ridurre gli attacchi contro i cittadini di Israele. Obiettivi lodevoli, naturalmente, che la maggior parte degli israeliani avrebbe facilmente condiviso. Ma piuttosto vaghi, troppo.
Israele ha intenzione di invadere la striscia, e demolire Hamas? Quasi certamente no. Questo potrebbe comportare la ripresa di responsabilità da parte di più di un milione di palestinesi ostili – un immenso, protratto, e estenuante capovolgimento, voluto solo dagli israeliani di estrema destra, e visto con orrore dalla maggior parte degli israeliani. Così quanto è lontano l’obiettivo che questa operazione vuole fermare?
Il ricorso alla forza è largamente considerato da Israele come dovuto e inevitabile. La saggezza degli amministratori dell’operazione, tuttavia, sta nel sapere come e quando ridurre l’intensità – nel riconoscere quando tutto ciò che si può ragionevolmente raggiungere, è stato raggiunto.